in provincia di Trento
intervista di Fausta Genziana Le Piane
A Cogolo di Pejo, in provincia di Trento, Giusy Mariotti – magliaia – e Antonella Battistini, entrambi casalinghe, entrambe innamorate del loro passatempo, spiegano ai turisti la lavorazione della lana in un vecchio maso di proprietà di Giusy dove sono esposti anche i loro prodotti: sapone artigianale fatto con grasso di maiale, folletti del bosco in lana e legno, maglioni, calzettoni ecc. D’inverno, quando fa freddo, le due amiche si incontrano in casa.
– Come inizia la lavorazione della lana?
– Con la tosatura delle pecore di una malga che si trova su a Pejo. A settembre, raccogliamo la lana, pulita o sporca, la pettiniamo e la ammorbidiamo con un attrezzo apposito, lo scartaccio. In realtà, dopo la tosatura, la lana è buttata ma, essendo un materiale speciale, non si può né bruciarla né sotterrarla, normalmente viene lasciata sui masi. Abbiamo trovato una grossa ditta di Biella che ci fila la lana: da due quintali di lana ricavano un quintale di gomitoli. Una volta che è pulita e senza nodi, la lana può essere filata con la macchina: per renderla più forte, si possono raddoppiare i fili. Infine la coloriamo.
– Che tipo di colori usate?
– Solo naturali, ottenuti con l’utilizzo di piante quali betulla, zafferano, iperico, sambuco e il lichene. Il colore cambia con la quantità di lana utilizzata.
– Ancora oggi vi servite di questi sistemi?
– Sì, per quanto riguarda la lana che trattiamo noi.
– Cosa si usava prima dell’arcolaio?
– La rocca, un attrezzo che si adoperava sempre rimanendo in piedi. La lana si tratta meglio col grasso, non è mai dello stesso spessore e quando il filo si spezza si riprende facilmente.
– C’è anche la produzione del lino?
– Lo seminiamo – c’è un campo apposta, proprio per le nostre necessità, per il bisogno della nostra lavorazione del lino. In questo momento stiamo facendo un corso di telaio in cui ci viene insegnato come si fabbrica un telaio, la storia dei telai, come si arriva dal lino alla tela con un progetto della Provincia (trenta donne della Valle in tutto). Ecco lì il primo telaio realizzato dagli uomini preistorici.
Una volta esisteva una tela che si chiamava “mezzalana”, un tessuto di lino e lana che restava in piedi anche se si bagnava.
– La lana di pecora forse è un po’ fastidiosa da indossare in quanto ruvida?
– Sì, ma in realtà questa lana fa respirare la pelle d’estate e aiuta nella cura dei reumatismi. Cacciatori, contadini, signori che vanno a cavallo, tutti coloro insomma che lavorano a contatto con l’umidità o che hanno freddo, usano questo tipo di lana, soprattutto di notte.
– Quali altre attività svolgete?
– Un laboratorio per bambini durante il quale imparano a fabbricare dei pupazzi, dei folletti grazie al materiale che noi diamo loro, lana e legno. Alla fine del pomeriggio, sono felici quando tornano a casa orgogliosi di aver realizzato un oggetto con le proprie mani!
Fausta Genziana Le Piane
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