vz1617 - LA 
 MISURA DEL SOPRUSO
 PIU' ATTENZIONE AI CRIMINI CONTRO LE DONNE MA LO SGUARDO E' 
 LIMITATO AI CASI ECLATANTI

Malika «La Slameuse» Ouattara, tra le protagoniste della mostra «Sheroes», fotografie di Leila Alaoui. In collaborazione con Amnesty International Italia, il Festival dei Diritti Umani ospiterà la prima tappa della mostra fotografica itinerante sui diritti delle donne e i matrimoni precoci e forzati in Burkina Faso. La mostra comprende gli ultimi scatti di Leila Alaoui, la fotografa marocchina rimasta uccisa nell’attentato di gennaio 2016 a Ouagadougou, dove si trovava proprio per il lavoro commissionato da Amnesty International.

Dalle ragazze yazide ridotte in schiavitù dall’Isis alle nigeriane trasformate in kamikaze da Boko Haram, dalle spose bambine del Burkina Faso alle «resistenze» italiane. Le protagoniste del Festival dei Diritti Umani di Milano sono le donne. È lo specchio di un’attenzione internazionale crescente sulle violazioni dei loro diritti, ottenuta anche grazie all’attività instancabile di attiviste e attivisti. La strada da percorrere è però lunga, spiegano al «Corriere» i difensori dei diritti umani.
«La sensibilità sulla violazione dei diritti delle donne è in aumento — dice Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia — ma a questo non corrisponde l’efficacia delle misure dei governi. Il fatto recente forse più importante è stata la Convenzione di Istanbul, il primo testo vincolante sui diritti delle donne contro la violenza in Consiglio d’Europa, ma l’applicazione è solo parziale. Delle tre p che sono i cardini del testo, quindi protezione, prevenzione e punizione, vediamo attuata solo l’ultima. La sensazione è che si provveda a sanzionare cose già accadute».
Amnesty è presente al festival con una mostra sulle spose bambine in Burkina Faso realizzata dalla fotografa Leila Alaoui prima di morire pochi mesi fa in un attentato. Un modo per ricordare il coraggio di chi dà voce alle altre donne anche a rischio della vita. «Sui matrimoni forzati e precoci c’è più sensibilità — continua Noury — e il fenomeno delle mutilazioni genitali è in regresso grazie anche allo straordinario lavoro di Emma Bonino. Ma in generale, se il mondo va male, le prime a subirne le conseguenze sono le donne, anche per mano di gruppi armati non statali come nei casi delle studentesse di Chibok, della pulizia etnica delle yazide o di Malala». «L’attenzione ottenuta finora non è sufficiente», ci dice Ameena Saeed Hasan, attivista yazida. La sua comunità, nel nord dell’Iraq, fu attaccata dall’Isis nel 2014. «All’inizio le donne rapite erano 5mila, ma tuttora ci sono 3mila persone nelle loro mani e alcuni sono bambini: ora li addestrano a compiere violenze». (di Viviana Mazza)

(continua a leggere) La misura del sopruso Più attenzione ai crimini contro le donne ma lo sguardo è limitato ai casi eclatanti

Categorizzato in: