dodici anni dopo Mani Pulite, la cronaca politica e’ infarcita di malaffare e malversazioni (da ultimo la vicenda degli sprechi e dei favoritismi nelle Amministrazioni locali e quella piu’ complessa, ma non meno preoccupante, riguardante lo scandalo delle bustarelle Eni Power e la miriade di altri casi simili che ogni giorno assurgono qua’ e la’ alla ribalta dell’attenzione pubblica.
Innanzitutto una premessa: il fenomeno degli sperperi del denaro pubblico riguarda sia Amministrazioni di sinistra che di destra e purtroppo anche molte delle tante osannate “civiche” (come il drammatico caso di malcostume scoperto nell’Amministrazione comunale di Roccaraso insegna). Di piu’: lo scandalo coinvolge non solo le Amministrazioni locali ma anche quella del Governo Centrale (basta leggere i resoconti della Corte dei Conti, ad esempio sulla gestione ANAS, per rendersene conto).
In secondo luogo una precisazione, che riguarda proprio la mia persona. Sento dentro di me un imbarazzo – politico e personale – nell’affrontare la questione, giacche’ ora non sono piu’ solo un ex magistrato, testimonial del “glorioso passato che fu”. Sono un leader di un partito l’Italia dei Valori, appunto – che, pur piccolo che sia, ha comunque una presenza territoriale ed una caratura nazionale, ha partecipato alle ultime elezioni politiche ed amministrative, eleggendo e contribuendo a far eleggere parlamentari italiani ed europei, sindaci e consiglieri ed ottenendo (anzi, a volte rivendicando) incarichi in Giunte, Commissioni e posti di sub-governo. Insomma sono il Presidente di un partito che pur con tutti i distinguo del caso – sta anch’esso dentro un sistema con cui deve convivere e di cui deve accettare le regole se vuole fare politica (che vuol dire poter incidere concretamente sulle decisioni da prendere) e non “vacua testimonianza”, tipica dei movimenti di mera opinione o di sola denuncia.
Diciamo allora che parlo come “persona informata sui fatti”, rimettendo questa volta ad altri la giusta valutazione da dare ad essi (potendo io apparire in conflitto di interessi). Ed i fatti “parlano” da soli. Siamo di fronte ad una nuova Tangentopoli: se vogliamo meno appariscente e “strafottente” della prima ma purtroppo piu’ aggressiva ed ancora piu’ invasiva. Viviamo una nuova stagione politica che, rispetto a quella della Prima Repubblica, si e’ – per cosi’ dire – evoluta, modernizzata (un po’ come per taluni lavori socialmente utili, messi su solo per mascherare quello che prima era chiamato assistenzialismo e nepotismo).
Una volta c’erano le “stecche”, ovvero le tangenti vere e proprie con cui si pagavano i favori di questo o quel personaggio e si comprava il consenso di questo o quel gruppo di potere. Insomma si commettevano reati veri e propri per mantenere il proprio apparato ed il proprio potere (soprattutto reati di corruzione e di illecito finanziamento ai partiti, con annessi reati finanziari, fiscali e societari per reperire le risorse necessarie a pagare le bustarelle). Ora non c’e’ piu’ bisogno di commettere tali reati (almeno non dal punto di vista della specifica rilevanza giuridica) per raggiungere gli stessi obiettivi. Inoltre – se pure questi vengono commessi – non e’ piu’ possibile accertarli, giacche’ nel frattempo sono state pure spuntate le armi investigative alla magistratura (specie a quella inquirente). Da qui il termine di “ingegnerizzazione del sistema”, che vuol dire appunto avere trovato il modo per raggiungere “fini illeciti” con “mezzi apparentemente leciti”.
In cosa consiste quest’opera di modernizzazione o “ingegnerizzazione della tangente” e’ presto detto:
– Per i partiti ci pensa direttamente lo Stato. Attraverso i cosiddetti rimborsi elettorali e’ stato individuato un “metodo legale” (vale a dire una legge votata dai parlamentari di tutti diconsi tutti – i partiti di entrambi gli schieramenti) per aggirare la volonta’ dei cittadini che nel 1991 avevano scelto con un apposito referendum di abrogare il finanziamento pubblico ai partiti. L’escamotage e’ consistito nel far passare per “rimborsi forfettari” le somme che prima venivano date per finanziamento pubblico (con l’aggiunta di aver moltiplicato il versamento del denaro a favore di ciascun partito). I soldi ora vengono concessi in occasione di ogni tornata elettorale in ragione di circa un euro per ogni voto che il partito prende e per ogni anno di legislatura.
In pratica ogni elettore che vota consegna al partito che ha votato non solo il proprio consenso ma anche il diritto ad ottenere dall’Erario la somma di 5 euro (che corrisponde a 5 milioni di euro per un milione di voti, corrispondente grosso modo al 2 – 2,5% dell’elettorato). Una somma che poi viene presso a poco triplicato in considerazione del fatto che nell’arco della stessa legislatura ci sono almeno tre elezioni con diritto al rimborso elettorale (appunto le elezioni al parlamento italiano, quelle al parlamento europeo e alle elezioni regionali). Insomma ogni anno arriva una vera e propria manna di milioni di euro (ovvero miliardi di vecchie lire) ad ogni partito, pur piccolo che sia, di maggioranza o di opposizione, nonostante i cittadini si fossero espressi in modo totalmente opposto sin dal ‘91 con apposito referendum. Se poi ci fosse qualche partito che non ritira la somma, nessun problema: essa non torna alle casse dello Stato ma viene equamente suddivisa fra gli altri partiti, sicche’ se un partito vorrebbe fare “il bel gesto” di rifiutare l’obolo, finirebbe per fare doppiamente il “fesso”: non solo perche’ gli altri comunque prenderebbero il loro e quindi sarebbero avvantaggiati rispetto a chi vi rinuncia, ma anche dal fatto di dare ad essi ancora piu’ disponibilita’ economica di quel che gia’ avrebbero. Insomma, un “girone infernale” da cui non si puo’ piu’ uscire (ed invero, nessuno mi risulta che finora abbia chiesto di uscirne).
– Per i portaborse, per gli “assistenti intermediari” (quelli cioe’ deputati a fare da “cuscinetto” anche in caso di guai giudiziari fra il politico ed i suoi sostenitori economici) e, piu’ in generale per i “portatori di voti e di consenso” ci sono le “consulenze e gli incarichi” da parte delle Amministrazioni (centrali o periferiche) in cui il politico di riferimento ha istituzionalmente “influenza” (perche’ li’ e’ stato eletto o ivi il proprio partito e’ ben radicato e presente e quindi puo’ influire sulle decisioni pubbliche da prendere). All’epoca della Prima Tangentopoli (cioe’ fino alla fine del ’92), costoro venivano “remunerati” soprattutto con la spartizione – “proporzionale” al loro ruolo ed al loro intervento specifico della “tangente” per ciascun affare che il politico corrotto (e quindi per definizione non tutti e senza voler generalizzare) riusciva a procacciare all’imprenditore: sia a quello “amico di partito” (ad esempio della D.C. o del PSI) che all’”imprenditore di sistema” (ad esempio alcune Cooperative rosse con riferimento ad esponenti del PCI). Ora, dopo un temporaneo “vuoto corruttivo”, conseguente alla stagione di Mani Pulite, anche con riferimento ai “portatori di voti” ed agli assistenti-intermediari e portaborse (non tutti e quindi anche in questo caso assolutamente senza voler generalizzare) si e’ trovato un “rimedio legale” per superare il “pericolo” di un coinvolgimento giudiziario (loro e soprattutto dei loro “dante causa”). Si e’ trovato cioe’ uno strumento formalmente legittimo per far arrivare loro soldi, nominandoli di volta in volta consulenti di questo o quel settore, dando loro incarichi pubblici retribuiti, mettendoli a capo di questa o quell’azienda pubblica, inserendoli nei Consigli di Amministrazione o negli altri organismi facenti parte della miriade di Enti e Confraternite che dipendono direttamente dai Comuni, Province, Regioni e perfino dallo Stato (per saperne di piu’ basterebbe leggersi i tanti enti e organismi inutili sovvenzionati con le varie leggi finanziarie di fine anno). Anche in questo caso il danno per l’Erario e’ doppio: si pagano fior di quattrini a persone del cui operato la Pubblica Amministrazione non sempre ha realmente bisogno (anzi a volte la loro opera e’ inesistente, se non inutile o addirittura dannosa) e soprattutto si mortificano le professionalita’ dei Pubblici Dipendenti che pure sono presenti dentro le singole Amministrazioni e che pure devono essere pagati, con dispendio di ulteriore denaro, per fare quel lavoro che invece poi viene assegnato (con risultati, come detto, non sempre appropriati) ai cosiddetti “consulenti esterni”.
– Per i politici tout-court, c’e’ la spartizione (territoriale o settoriale) dei posti di potere e di influenza. Prima cioe’ sempre ai tempi della Prima Repubblica per arrivare a posti di rilievo, bisognava comunque sudare le classiche sette camice. Allora c’erano le strutture di partito che funzionavano come Soviet ed ognuno doveva fare la “gavetta” prima di arrivare a ricoprire posti di elevato prestigio. C’erano insomma le burocrazie interne ed una sorte di gerarchia per anzianita’ di carriera o per meriti acquisiti sul campo, peraltro non sempre leciti, giacche’ la migliore carriera spesso era riservata non al politico qualitativamente e culturalmente migliore ma a quello che assicurava maggiori “rendite economiche al partito” (ricordo il caso di un Bitetto, membro del Consiglio di Amministrazione di una societa’ Eni, buttato fuori da Craxi perche’ non portava sufficienti soldi al partito). Ora a farla da padrone e’ una ristretta nomenclatura centralizzata dei partiti (c’e’ chi la chiama “cabina di regia” per indorare la pillola) che alla fine degli anni ’90 – a seguito del “vuoto di rappresentanza” verificatosi nei partiti tradizionali dopo l’opera di Mani Pulite e’ arrivata al potere piu’ o meno avventurosamente (ed a volte anche grazie alla buona sorte giudiziaria che ha permesso a molti politici della Prima Repubblica o loro “figli politici” di farla franca). Costoro, chiusi nelle loro stanze ed al di fuori di ogni controllo democratico, si sono ora arrogati il diritto di decidere di volta in volta a ridosso delle varie competizioni elettorali chi deve essere candidato in questo o quel Collegio (e quindi di fatto chi deve fare e chi no il parlamentare, giacche’ all’elettore, con l’attuale legge elettorale non resta altro che mettere una croce sulla coalizione che intende appoggiare senza alcuna possibilita’ di influire sulla scelta del candidato stesso). Allo stesso modo essi cioe’ sempre gli stessi si riuniscono per decidere chi deve fare il Sindaco di questa o quella citta’ o il Presidente di questa o quella Provincia o Regione, senza alcuna possibilita’ per i cittadini di scegliersi il proprio candidato. All’elettore non resta altro che scegliere se stare di qua’ o di la’ della barricata, se cioe’ votare a destra o a sinistra, in modo del tutto avulso da ogni valutazione sulla capacita’ e credibilta’ dei candidati o sulla bonta’ dei programmi. Il cittadino elettore e’ cosi’ diventato solo un’entita’ numerica che serve per vincere le elezioni, non un soggetto politico a cui dover rendere conto. Il risultato finale e’ sotto gli occhi di tutti: molti personaggi che nell’era della Prima Repubblica avevano “gia’ dato” – e soprattutto “gia’ preso” – ce li ritroviamo ora a governare la Seconda. Uno sguardo a taluni eletti nelle recenti elezioni politiche nazionali ed europee puo’ essere davvero utile per farsi un’idea di quanti “condannati con sentenza passata in giudicato” per corruzione o illeciti finanziamenti ci ritroviamo ancora dentro le massime istituzioni pubbliche (senza considerare i tanti “graziati” da provvidenziali leggi ad hoc, da modifiche legislative opportunamente eterodirette, dalle tante depenalizzazioni, condoni, amnistie, indulti e prescrizioni nel frattempo sopraggiunte). Insomma, ancora una volta si e’ trovato “l’escamotage legale” per mantenere lo status quo. Prima, per “diventare qualcuno” in politica ci si doveva sporcare le mani (al riguardo sarebbe istruttivo rileggersi la drammatica lettera d’addio dell’on.le Moroni prima di suicidarsi in cui denunciava – fra l’altro – questo malcostume a cui i politici dovevano assoggettarsi per poter andare avanti). Adesso basta far parte della “cordata giusta” e la carriera e’ spianata. Quel che si richiede ora al politico non e’ piu’ la “bustarella” da portare al partito (tanto a questa ci pensa lo Stato direttamente con i “rimborsi elettorali” ed in modo formalmente lecito, come abbiamo visto), quanto l’”asservimento politico e morale” alle decisioni della “Lobby di potere” che si e’ impadronita della politica all’indomani della caduta e del disfacimento dei partiti tradizionali. Ecco allora che a fare strada nella seconda Repubblica non sono neanche questa volta i “politici migliori” ma quelli che piu’ sono disponibili a seguire – e perseguire – non l’interesse collettivo ma piuttosto le indicazioni “di scuderia” (ancora una volta, per una riprova basterebbe riflettere non solo alle tante “leggi ad personam” che sono state fatte in questa legislatura dalla maggioranza berlusconiana ma anche alle tante “delibere ugualmente ad personam” che sono state fatte da talune istituzioni locali in mano sia al centrosinistra che al centrodestra). – Anche il vasto mondo dell’associazionismo, del volontariato e quello sindacale nel suo complesso non e’ immune dalla commistione con la “spartizione politica”. Anche in questo caso non si vuole fare di tutt’erba un fascio ma certamente il dato piu’ ricorrente di certe azioni e attivita’ di categoria (compresa quella di alcune associazioni cosiddette “non-profit”,) e’ la loro “ideologia politica di riferimento”, sicche’ alcune cose vanno bene se dette o fatte dai loro partiti di riferimento, vanno male se le stesse decisioni sono prese da altri. Insomma, ancora una volta, vale la regola delle “decisioni per partito preso”. Lo “scambio” in questo caso e’ davvero notevole: tu, associazione assicuri a me politico il voto dei tuoi associati ed io a garantisco a te le “prebende pubbliche” (spesso mascherate da “studi di settore” o “interventi su misura”) che ti sono necessarie per vivere e prosperare (a volte anche talune bocciofile e circoli ricreativi risentono di questo deplorevole influsso).
– C’e’ poi il sistema delle imprese e del capitale. Il capitalismo moderno doveva essere il fiore all’occhiello per lo sviluppo del paese ed invece e’ rimasto un “carrozzone” fatto di “aiuti a pioggia” (oltre 40 milioni di euro, ovvero 80 miliardi di vecchie lire, l’anno) senza una circostanziata analisi ed un controllo capillare circa la destinazione e l’uso specifico del denaro, che viene spesso elargito grazie alle amicizie politiche che si riescono a conquistare piuttosto che per l’effettiva utilita’ sociale dei finanziamenti accordati. All’epoca della Prima Repubblica i favoritismi consistevano soprattutto in specifici “appalti e commesse di favore” concessi a questo o quell’imprenditore in cambio della classica bustarella. Oggi lo “scambio” e piu’ sofisticato ed ancora una volta e’ stato reso immune dalle conseguenze penali: si sono formati dappertutto e per ogni settore “cartelli di imprese” che fanno finta di sottostare formalmente alle regole di mercato e della concorrenza ma in pratica si risolvono in un “circuito chiuso”, a cui hanno diritto di accedere solo coloro che fanno parte del “sistema” (un occhio ai “bandi di gara” con “clausole capestro” potrebbe essere istruttivo per comprendere il fenomeno). Il sistema politico, a sua volta, garantisce questo metodo spregiudicato (sia per partecipare alle gare pubbliche che per accedere a “incentivi e finanziamenti privilegiati”) con leggi e delibere ad hoc ed in cambio chiede al sistema imprenditoriale di riservare posti di lavoro e subappalti a persone o altre imprese amiche. Queste ultime – nel loro insieme – andranno a costituire il “corpo elettorale” del politico per farsi rieleggere (ed infatti i vari politici “pretendono” poi dai rispettivi partiti l’inserimento nelle liste non tanto per le proprie capacita’ politiche quanto per il “pacchetto di voti” che riescono a garantire al partito). Insomma ancora una volta assistiamo alla “lottizzazione” della politica e dell’economia ed ancora una volta e’ stato trovato il “marchingegno” per ottenere gli stessi risultati che si ottenevano nella Prima Repubblica, ma questa volta senza i pericoli giudiziari che quel sistema – fatto di “banali bustarelle” – comportava.
– Infine, a completare l’opera di disfacimento della democrazia e dell’economia reale del paese, c’e’ il sistema dell’informazione. Malato era e malato e’ rimasto, come sempre e da sempre asservito ai poteri forti (anche in questo caso, con le dovute eccezioni e senza voler generalizzare). E’ questo l’unico “potere” che e’ rimasto quello che era, non avendo avuto nemmeno bisogno di “ingegnerizzarsi” per superare gli ostacoli (giudiziari e di deontologia professionale). Per le proprie “azioni di disinformazione e di “asservimento” non rispondeva prima all’opinione pubblica e non risponde ora (uno sguardo retrospettivo ad alcune indagini giudiziarie dei tempi di Mani Pulite, finite in una bolla di sapone per mancanza della “norma incriminatrice”, potrebbe essere istruttivo al riguardo, specie con riferimento alla “carriera” che nel frattempo alcuni giornalisti all’epoca a libro paga hanno nel frattempo fatto). Allora come ora, il modo per “comprare” il favore del giornalista era ed e’ sempre lo stesso: assegnargli un incarico, inserirlo in una “testata amica”, offrirgli una consulenza, indicarlo come esperto del settore. In cambio, il giornalista riuscira’ sempre a trovare il modo nei suoi “dotti” interventi editoriali di magnificare l’opera e l’immagine pubblica del suo “dominus” di riferimento (politico o magnate dell’industria che sia).
A questo punto, il quadro potrebbe dirsi completo. Ma cosi’ non e’. Manca un’altra categoria di persone per “completare l’opera”: quella dei magistrati. Anche tra loro purtroppo ci sono state e ci sono le cosiddette “mele marce” (nella Prima Repubblica e forse anche adesso). Anche in questo caso ovviamente e come per i precedenti – non bisogna generalizzare e bisogna ben distinguere. Ci sono e ci sono stati magistrati che (come pure tanti politici) fanno e hanno fatto il loro dovere (alcuni fino all’estremo sacrificio come Borsellino e Falcone). Ci sono stati e ci sono magistrati che a volte sbagliano (anch’io sono stato fra questi). Ci sono stati e ci sono infine magistrati che hanno venduto e vendono “la pelle al diavolo”: magistrati, cioe’ che volutamente e scientemente e cioe’ non per mero errore di valutazione, come puo’ essere successo in qualche caso per Mani Pulite – scelgono di operare in modo opposto alla verita’ o piu’ semplicemente scelgono di “non operare” (omettendo di intervenire, facendo finta di non vedere, allineandosi con il potere, affiliandosi ad esso, lasciando correre, aspettando che il tempo e la prescrizione cancellino le colpe dei singoli. Anche questa e’ una forma di “ingegnerizzazione del sistema” giacche’ “il comportamento omissivo” non e’ tecnicamente rilevabile e quindi, di fatto, non e’ punibile. Ecco perche’, per quanto mi riguarda e per quanto riguarda Mani Pulite, rivendico la correttezza deontologica con cui noi del il Pool di Milano (ma non solo noi) abbiamo svolto quelle indagini: avremo pure sbagliato qualche volta (sbagliare e’ umano) ma, vivaddio, mai e poi abbiamo operato con la “volonta’” di favorire o danneggiare qualcuno per “scopi politici”. A questo punto non resta che tirare le somme. La situazione e’ drammatica e non resta altro che sperare in un nuovo “ciclone” che investa la nuova Tangentopoli e la scardini definitivamente dalle fondamenta. Questa volta, pero’, non basta un ciclone giudiziario. Ci vuole la forza e la reazione democratica della societa’ civile.
On. ANTONIO DI PIETRO – Presidente Italia dei Valori
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