Le parole ci vivono con gli altri

biagio - LA 
 POESIA DI BIAGIO CIPOLLETTA: IL REGNO DELLA LUCE

La parola “destinazione”, presente nel titolo di questa silloge, è il lasciapassare per la poesia di Biagio. Essa designa un luogo di partenza, un luogo di arrivo, una meta.
Ma quale è la vera destinazione di Biagio? Norway? La Norvegia? Capo Nord? L’Islanda? Le isole Lofoten? A ben vedere la destinazione di Biagio è il dialogo, lo straordinario desiderio e capacità di dialogare e di comunicare. Ne sono un’ulteriore testimonianza i quattro testi in prosa che chiudono il libro. Ma non solo.
Cominciamo dalla Natura. Il dialogo con la Natura è per Biagio quello con il mito. Gli Antichi scrutavano il mondo con tutti i sensi, lo meditavano per intero e abitavano la natura: Possedevano in loro tutti i punti del sapere di allora, conoscevano le stelle come le facce dei loro cari, predicevano eclissi e comete. Affacciati sull’universo, nell’impresa di prevederlo (Erri De Luca, Alzaia). Allora ecco che nel Dialogo tra un troll e un Lappone si scopre che i troll esistono: Perciò d’ora in poi chiamami spesso, cercami dappertutto, nei prati, nelle rocce, negli alberi, in mezzo alle renne, tra i gabbiani in volo, nelle onde del mare, nella neve,

nel vento, nella voce e negli occhi degli uomini. E infatti il Troll dice: Dovreste essere voi uomini a cercarci, a vederci ovunque, a chiamarci, ad aspettare ogni giorno il nostro arrivo. Ed è quello che fa Biagio perché per lui vale quello che dice Conte: Non conosce il mare, chi non ha visto Nettuno” (Il passaggio di Ermès).
Dialogo con la luce, con il sole. Quale è il sole di Biagio Cipolletta? E’ il sole che abbronza, quello che arrostisce la pelle sulle spiagge? No. E’ un sole che ci rappresenta e al quale noi tutti tendiamo. Il sole di mezzanotte è uno stato mentale: in questo mondo il tempo perde significato. L’orologio non serve. Il giorno non finisce mai. I bambini corrono sui pattini a mezzanotte, in pieno sole, e i piccoli battelli a motore escono dal porto. Capannelli di persone sedute qua e là sulle rocce si godono una luce che non finisce mai.
La luce, il sole non sono altro che anche la metafora della poesia, luce che non tramonta, della poesia che riscalda, che riempie la vita. La luce, il sole non sono altro che la parola che aiuta a ritrovarsi simile nelle voci e nelle emozioni con gli altri, a unire la vita insieme agli altri, a sentirsi in comunità con tutti. Biagio canta e la sua poesia crea un filo sottile tra due sconosciuti, nell’istante d’un attimo scambia un’emozione, parla con gli altri per farli fremere, sognare o pensare.
Nei racconti, ma anche nelle poesie, la presenza costante della betulla (vasto bosco di betulle, la voce delle betulle) diventa la metafora dell’asse del mondo. Albero sacro, è associato al sole e alla luna: è doppio, padre e madre, maschio e femmina. Gioca un ruolo di protezione o piuttosto di discesa dell’influenza celestiale: da cui la nozione di dualità che è per eccellenza quella della manifestazione. La betulla simboleggia la via attraverso la quale scende l’energia dall’universo e da dove risale l’aspirazione umana verso l’alto. Ma anche la renna ha una simbologia forte (il nonno guarda lontano, lontano nella tundra e vede passare le sue renne…). L’incontro con la renna per Bia-gio è fondamentale. Nella poesia intitolata La Renna dice: Ho saputo che tutto è nato dalla renna: / la tundra la neve il prato il vento… Per i popoli del grande nord asiatico, che si nutrono principalmente delle sue carni e del suo latte e che l’usano come cavalcatura, la renna diventa l’equivalente simbolico di ciò che è il cavallo per i po-poli dei cavalieri. La cultura di questi popoli nordici si rifa ad un simbolismo lunare e la renna, come l’insieme dei cervidi, entra nel simbolismo generale della luna. All’interno di questa sezione del dialogo con la Natura merita un posto a parte quello con il deserto che per Biagio è la ricerca dell’Essenza. Dapprima il deserto è concepito come indifferenziato, uniforme, al di fuori del quale nulla esiste se non in modo il-lusorio, come un miraggio, e, in un primo momento Biagio non lo ama (Non ti ho mai amato). Poi, sotto la distesa superficiale, sterile, arida, inutile, il Poeta impara a ricercare la Realtà. Il deserto parla, racconta storie, è un caro vecchio amico. Il deserto diventa il cuore stesso, il luogo della vita eremitica interiorizzata. Con lui Cipolletta dialoga (ti parlavo sincero e ti ascoltavo, sicuro di parlare a chi conosce): Ho capito che ogni deserto sparisce/quando l’uomo parla e racconta di sé/mentre qualcuno in silenzio lo ascolta (Deserto 2).
Dialogo con la nostalgia – il groppo in gola: il nonno Lappone pur tra mille comodità sente il richiamo della sua terra, della neve e delle renne. Il dialogo con i baccalà (Il mercato di Val Melaina) è surreale: noi abbiamo bisogno di qualcuno che ci ricordi la nostra Norvegia, noi sentiamo la mancanza dei fiordi, dei gabbiani, delle renne, del vento. E di surrealtà, di mistero, di suspense è pieno il libro ne I tre vecchietti, L’onda, Omaggio a Ilaria del Carretto, Poesia per una foto.
“Nostalghia” è il titolo d’un celebre film di Tarkovskii: “Nostalghia” è il nome come lo pronunciano i russi nel loro italiano, la medesima nostalgia che secondo un episodio di cronaca, si dice sempre nel film, avrebbe spinto una domestica calabrese ad appiccare il fuoco alla casa dei suoi padroni, a Milano.
Probabilmente, come nel film di Tarkovskii, la nostalgia accompagnerà Biagio fino all’ultimo respiro e, come un film, la vita si chiuderà con le immagini della tundra che sfuma tra le strade di Roma o di Val Melaina.

Fausta Genziana Le Piane

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