Manuela Faella
Doveroso, pensando a qualunque forma di espressione artistica “al femminile” e più che mai alla poesia, dire due parole su Patty Smith, che è tornata in mente a tutti ultimamente grazie al suo lungo soggiorno estivo in Italia. Girovaga tra teatri, arene e palchi, ha mescolato le sue doti artistiche, come del resto ha sempre fatto, rinnovando emozioni a dispetto di quanti la considerano “ormai datata”. Mi riferisco a quelli che continuano a pensare a lei come alla ribelle ed indomabile amica sessantottina di Allen Ginsberg, William Borroughs, Bob Dylan etc. e a considerarla l’incarnazione di una beat generation che avrebbe ormai fatto il suo tempo, l’espressione di un’epoca finita, la portavoce di tematiche superate. Invece, a dispetto di questo luogo comune, Patty ha incantato e stupito di nuovo centinaia di cuori, leggendo in giro per l’Italia testi di Allen Ginsberg, Herman Hesse, Pierpaolo Pasolini, nonché i suoi versi. È vero, con la sua voce irosa, tormentata, irrequieta ed esaltata, Patty ha segnato la storia di un arrabbiato rock che non si ripropone oggi con le stesse modalità di allora e che potrebbe risultare per certi aspetti appartenente ad un’epoca trascorsa, ma ci sono concetti e sentimenti che vanno oltre il tempo, a prescindere, a volte, dalla forma con cui vengono espressi.
E tra questi ci sono i suoi.
A 57 anni, con un viso addolcito piuttosto che indurito dall’esperienza, orgogliosa dei fili grigi che ornano i suoi capelli, amorevole e vicina al suo pubblico, questa donna, che ora cura il benessere del suo corpo mangiando cibi sani al posto di ingerire massicce quantità di droga come in passato, che si commuove per la morte di un papa al di sopra di ogni acritico principio o giudizio rivoluzionario, che prega il dalai lama come guida spirituale al di là di ogni dogma religioso o a-religioso, che adora il calore degli italiani e che stringe il suo libro di poesie sotto il braccio, regge ancora il palco meglio di molti artisti “contemporanei” che, benché calati nei tempi giusti, risultano opachi.
La sua arte poetica, che le è appartenuta per tutta la vita finora, sembra non solo aver superato benissimo il trascorrere del tempo senza abbandonarla mai, forse più della sua musica, ma anche essere la protagonista del suo futuro. Già in passato, precisamente nel 1979 a Firenze, davanti a 70.000 persone, annunciò il suo ritiro dalla musica per dedicarsi alla poesia, ritiro che sarebbe durato circa dieci anni, con un matrimonio e due figli. La poesia c’è stata anche allora, quando è scomparsa la musica. Oggi l’autrice considera il suo rapporto con la poesia “eccellente” e le sue parole, pronunciate mentre sta preparando un nuovo libro di versi, fanno pensare all’intenzione di una assidua continuazione dell’esercizio poetico: «La poesia è un modo di esprimere molte idee ed emozioni che altrimenti non riuscirei ad esprimere (…) Le mie poesie parlano dei miei figli, di mio marito, degli effetti della guerra, dei poeti che ho amato nella mia gioventù, è un modo di raccontare me stessa che va molto al di là di quello che mi consente la musica (…) La poesia è semplice, parla di noi, delle cose che amiamo e ci fanno soffrire, e non chiede di essere capita. Io non ho sempre capito quello che leggevo, ma mi sono fatta affascinare dalla bellezza della parola».
È impossibile definire un’espressione poetica “fuori dal tempo e datata”. La poesia è una delle possibilità di esprimere l’immediatezza e l’immediatezza è di per sé fuori da contorni temporali.
Un invito, dunque, a leggere le poesie di chi è passato alla storia come una cantante.
MORTE PER ACQUA
Quanto tempo fa fu promesso all’uomo?
Mai più. No non più.
Niente morte per acqua.
Eppure quante domande sorgono come lievito.
Come il morto perfetto;
ci fu veramente il mar rosso?
Governa l’uomo il fiume?
Lei/lui affogò?
Fu per cause naturali?
Ci fu dolore?
Quante lacrime sul tuo cuscino.
Di coccodrillo o sincere. Punto cruciale.
Brian Jones affogato. Con la faccia in giù.
In una vasca da bagno per bambini. Fonte di gioventù
Jim Morrison, il nostro agnello vestito di pelle.
Aveva paura del bagno. Ci avvisò. Casa dei giacinti.
Come lo sapeva. come Cristo lo sapeva.
Nessun dubbio su questo. Un uomo segnato è sempre
Il primo a sapere. Morì in una vasca da bagno.
Piegato in avanti come Marat. Unico indizio un segno rosso
sul suo cuore.
Qualcuno disse che c’erano le ultime parole. Acqua
versata dai suoi occhi. Egli era veramente immacolato
eppure sorpreso. Fuori pioveva. Nuvole da temporale.
Acque pericolose. L’acqua traboccava dalla vasca.
Egli guardò. Poi gridò:
“ma tu avevi promesso”.
*** *** *** *** *** ***
RADIO BAGDAD
Non soffrire no
dell’afflizione del tuo vicino
non patire
la paralisi del tuo vicino
ma tendi la mano
tendi la mano
altrimenti svanirai nella città
e sarai solo una traccia
solo uno spettro dissolto
e la tua eredità
tutte le cose che conoscevi
scienza, matematica, pensiero
duramente indebolite
come sistemi di irrigazione
nelle vene stanche che si formano
dal Tigri e dall’Eufrate
nel regno della pace
tutto il mondo ruotava
tutto il mondo ruotava
in un cerchio perfetto
città di Baghdad
città di studiosi
umiltà empirica
centro del mondo
città in cenere
città di Baghdad
città di Baghdad
ruvida, altera
Oh, in Mesopotamia
la nobiltà scorreva profonda
profonda nelle vene
dei grandi fiumi
che formano la base
dell’Eden
e l’albero
l’albero della conoscenza
tendeva le braccia
verso il cielo
tutti i rami della conoscenza
tutti i rami della conoscenza
che cullano
cullano
la civiltà
nel regno della pace
tutto il mondo ruotava
in un cerchio perfetto
oh Baghdad
centro del mondo
città di ceneri
con le grandi moschee
che eruttano dalla bocca di dio
che sorgono dalle ceneri
come un uccello maculato
contro il cielo di mosaico
Oh, nuvole intorno
noi abbiamo creato lo zero
ma non significhiamo niente per voi
si direbbe che per voi
siamo solo una favola mistica
soltanto un ventre gonfio
che ha dato alla luce Sindbad, Sherazade
noi abbiamo dato alla luce
oh, oh, lo zero
il numero perfetto
abbiamo inventato lo zero
e per voi non significhiamo niente
I nostri figli corrono
per le strade
e voi avete mandato le vostre fiamme
le vostre stelle cadenti
sciocca e terrorizza
sciocca e terrorizza
come, come una specie di
colossal di guerrieri immaginari
del ventunesimo secolo
senza nessuna cavalleria, però
senza Bushido
Oh, il codice dell’Ovest
perduto da tempo
mai esistito
dov’è?
siete venuti, siete venuti
attraverso l’Occidente
annichilito un popolo
e siete venuti da noi
ma noi siamo più vecchi di voi
voi venite, voi volete
volete venire e
depredare la culla
della civiltà
eppure leggete
leggete la Genesi
leggete dell’albero
leggete dell’albero
creato da dio
che levava i rami al cielo
ogni ramo della conoscenza
della culla della civiltà
Sulle rive del Tigri
e dell’Eufrate
oh, in Mesopotamia
la nobiltà scorreva profonda
il volto di Eva che si voltava
che cielo vide?
quale giardino sotto i suoi piedi?
quello che voi perforate
perforate
estraendo il sangue della terra
goccioline di petrolio per bracciali
piccoli gioielli
zaffiri
ne fate bracciali
intorno al vostro mondo
noi stiamo versando lacrime
rubini
li offriamo a voi
noi siamo solo
il vostro incubo da Mille e una Notte
abbiamo inventato lo zero
ma per voi non significhiamo niente
il vostro incubo arabo
città di stelle
città di studio
scienza
città di idee
città di luce
città
città di cenere
che il grande Califfo
attraversò a piedi
e i suoi piedi formarono un cerchio
e da quello venne costruita una città
una perfetta città di Baghdad
nel regno della pace
e tutto il mondo ruotava
e loro inventavano
e non significano niente per voi
niente per voi
niente
dormi
dormi figlio mio
dormi
e ti canterò una ninnananna
una ninnananna per la nostra città
una ninnananna per Baghdad
dormi
dormi figlio mio
dormi
dormi
dormi
corri
corri
corri!
corri!!!
avete mandato le vostre luci
le vostre bombe
le avete mandate sulla nostra città
sciocca e terrorizza
come un folle spettacolo tv
stanno depredando la culla
della civiltà
stanno depredando la culla
della civiltà
stanno depredando la culla
della civiltà
non soffrire
della paralisi del tuo vicino
non soffrire
ma tendi la mano
Ha pubblicato, tra gli altri, i seguenti libri di poesie:
Seventh Heaven (1971)
Kodak (1972)
Witt (1973)
Complete. Canzoni, riflessioni, diari (2000).
Manuela Faella
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