Recensione
Il primo romanzo di Francesca Giannone è uscito per la Casa Editrice Nord nel gennaio del 2023 ed è subito esploso come caso editoriale, guadagnando traduzioni e apprezzamenti anche all’estero. Racconta la storia di Anna, ligure trapiantata a Lizzanello, in Puglia, in un afosissimo giugno del 1934, insieme al marito Carlo Greco, originario di lì, e al figlioletto Roberto. Lei si rivela subito un’anticonformista insofferente alle regole e ai costumi imposti dalla cultura patriarcale che vige allora in quel lembo periferico dell’Italia, dove Anna getta i primi semi del femminismo insieme a quelli del suo adorato basilico da pesto, unica profumata consolazione nei momenti di difficoltà e sconforto. Incontrando continuamente l’ostilità degli estranei e talvolta anche l’incomprensione di chi le è vicino, lei promuove per se stessa e per tutte le donne aspirazioni e modelli di vita considerati a quel tempo assurdi e inaccettabili. Benché la famiglia Greco sia economicamente benestante, Anna sceglie di lavorare e diventa la prima portalettere donna in una realtà che neppure concepisce il lavoro femminile fuori di casa, invita le compaesane a emanciparsi economicamente dai mariti e dai padri, ad andare all’università, a viaggiare da sole. In un contesto bigotto e perbenista, lei non si cura dei pettegolezzi, si fa confezionare pantaloni che indossa con disinvoltura, si taglia da sola i lunghi capelli, rigetta le pratiche di fede e le pressioni di un prete ipocrita e moralmente corrotto. Insegna a un’amica che il suo corpo appartiene solo a se stessa e nessuno può disporne a piacimento, neppure in nome dell’amore. Per la nipote che si affaccia alla pubertà, smantella con allegri espedienti la nota superstizione sulla presunta impurità femminile nei “giorni del sangue”. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, allestisce un banchetto per la raccolta di firme a favore del suffragio femminile e istituisce una Casa per le Donne, che è insieme scuola, bottega artigiana e centro antiviolenza ante litteram. Su di Anna, fin dall’inizio della storia, incombe l’agguato della passione, nonostante la solidità dei vincoli affettivi e morali. Perché il giorno stesso in cui è giunta a Lizzanello qualcosa d’imprevisto e micidiale è accaduto nel primo incontro tra i suoi occhi e quelli del cognato Antonio, fratello di suo marito. Per loro quello è stato uno dei momenti della vita da cui non è più possibile tornare indietro. Ma c’è Carlo, a cui entrambi vogliono un gran bene. E, per la verità, c’è pure Agata, la grezza e limitata moglie di Antonio. Su di lei la scrittrice si scatena con alcune perfide descrizioni: «Indossava un rossetto in tinta che metteva in risalto ogni singola grinza delle labbra. I lobi delle orecchie parevano essersi allungati, forse per via dei pesanti orecchini»… Le sue mani sono «perennemente malridotte, con le nocchie scorticate e le unghie sfaldate, a furia di rosicchiarsele», tanto che il marito non ne tollera la vista. La sgradevolezza complessiva dell’aspetto di Agata è lo specchio della meschinità dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti. Ma oltre a Carlo e ad Agata, ci sono pure i figli di entrambe le coppie; insomma, le resistenze morali di due persone vere e integre come Anna e Antonio sono inevitabili. Tuttavia subito si stabilisce tra loro un’intesa elettiva, che si esprime anche in una forte convergenza culturale. Sono grandi lettori – lettori forti, si direbbe oggi – e spesso si confrontano su romanzi che hanno appassionato entrambi. Lui ama gli autori russi – Dostoevskij, Turgenev, Gogol’, Cĕchov–, ma anche gli italiani – Pirandello, Flaiano, Moravia. Tutti maschi, nota la cognata, sollevando il dubbio di un possibile pregiudizio, «come se i romanzi scritti da donne fossero romanzi da meno». Lui si difende sostenendo di aver letto anche Orgoglio e pregiudizio, di Jane Austen, uno dei preferiti di Anna. Lei apprezza anche le sorelle Brontë, ma pure Flaubert, Tolstoj, Goethe. Antonio appoggia sempre le iniziative della cognata, l’aiuta, le fa regali, ed entrambi sono subito pronti a soccorrere nelle difficoltà il nucleo familiare dell’altro, anche perché, come accade in ogni meridione del mondo, a Lizzanello la famiglia si percepisce allargata al clan, e i Greco pasteggiano, festeggiano il Natale e i compleanni, vanno in villeggiatura sempre tutti insieme. L’imbarazzante consonanza di Anna e Antonio, però, non è la sola insidia per i personaggi di questa storia: altre linee narrative riguardano vicende sentimentali che sfidano la disapprovazione sociale, lo stigma, il tabù.
La scrittura di Giannone attinge e replica modelli visivi che rendono icasticamente i tratti essenziali della realtà sociale in cui la vicenda si dipana. Sembra di osservare un dipinto verista: uomini con le mani in tasca, donne con i capelli raccolti in code basse, fianchi abbondanti, mani intrecciate, mani che stringono il braccio di qualcuno, altre mani che afferrano visi e li trattengono per tenerezza o per passione, bocche in procinto di parlare che poi tacciono, labbra piegate nel sorriso o nel dubbio, baci sempre umidi. Quasi idealtipi descrittivi e situazionali con cui la scrittrice schizza l’affresco di un’umanità rustica che ci sembra familiare e che comunque si annida nel nostro immaginario.
La portalettere è un romanzo ben costruito, in cui tutti i fili si riannodano. In un paio di occasioni mi ha strappato lacrime imbarazzate e restie, perché detesto commuovermi. Ripenso al Grande Leccio, il luogo segreto dove i fratelli si ritrovano da ragazzi, poi luogo dell’anima di chi resta. Credo che ciascuno di noi dovrebbe avere un Grande Leccio da condividere con le persone che ama.
Antonio dice ad Anna che il vuoto lasciato da chi manca si riempie con i ricordi più felici. Il vuoto lasciato da questa storia si riempie con un’altra storia. Vado a cominciarla.
Cristiana Bullita
La recensione mi è piaciuta, quindi ho comprato il libro. Bello, merita il premio e il successo che ha avuto. Grazie per la recensione che mi ha fatto scoprire un testo da leggere con vero interesse, e non poteva mancare in questo sito la significativa testimonianza di un femminismo agli albori. Vi seguo, a partire dalla vostra pagina facebook perché certe volte in libreria non so cosa comprare, o compro libri reclamizzati, ma poi vuoti di contenuti, invece, già mi è capitato, con le vostre recensioni vado sul sicuro, o almeno so di che tipo di lettura si tratta e posso scegliere.
Trovo il libro una vera perla. Chi lo sa, immagino che se ne possa ricavare un bel film. Lo spero.