Da dicembre con 60 servitori nell’hotel di lusso Shangri occupava 41 suite e camere al settimo e ultimo piano
di Stefano Montefiori
PARIGI – La principessa saudita Maha Al-Sudaïri ha tentato di lasciare l’albergo senza pagare il conto, nella notte tra giovedì e venerdì, intorno alle 3. Il progetto era di abbandonare lo Shangri-La, nel quale risiedeva dal 23 dicembre, per il poco lontano Royal Monceau ma – che strano – il personale dell’hotel si è lasciato insospettire dai movimenti della donna e del suo seguito, circa 60 persone alloggiate nelle 41 suite e camere del settimo e ultimo piano. È arrivata la polizia, che ha fermato tutti con il loro carico di valigie, bauli e cappelliere: restano ancora sei milioni di euro da pagare, su un conto totale di 16.
Il negozio parigino di lingerie dove la principessa ha lasciato un conto non pagato di 89 mila euro nel 2009
Il trasloco al Royal Monceau, di proprietà del forse più comprensivo emiro del Qatar, è per adesso rimandato, mentre l’ambasciata dell’Arabia Saudita si sta dando da fare per risolvere la questione. Non è facile, perché Maha Al-Sudaïri è sì moglie del potentissimo principe ereditario e ministro dell’Interno Nayef bin Abdul Aziz, 79 anni, primo nella linea di successione al trono, ma è stata ripudiata dopo che nel 2009 sempre a Parigi si dedicò allo shopping. In quell’occasione, la principessa oggi cinquantenne accumulò debiti per 15 milioni di euro: oltre ai 30 mila di lavanderia alla settimana (per lei e il seguito, come sempre), si registrarono circa 89 mila euro di biancheria intima acquistata nella boutique «O Caprices de Lili» proprio davanti all’albergo di allora, il Georges V di proprietà di suo nipote, il principe Al Waleed. «È mia cliente da otto anni e finora aveva sempre pagato», disse allora una costernata Jamila Boushaba, proprietaria del negozio, che si rivolse all’ambasciata e poi al consolato. Lo stesso fece Jacky Giami, titolare del negozio di abiti casual Key Largo dove Maha Al-Sudaïri e i suoi amici presero in pochi giorni – senza pagare – merce per 140 mila euro, «pari al 7 per cento del mio giro d’affari di un anno», disse Giami.
E poi debiti da Dior, nelle gioiellerie Chaumet e Victoria Casal e, già allora, in albergo, il Crillon in place de la Concorde. Dopo quell’episodio, riportato dai giornali di tutto il mondo, la principessa venne allontanata dal marito e il re saudita Abdullah la confinò per qualche tempo in uno dei palazzi del regno.
L’anno successivo, riguadagnata la libertà di movimento, la donna spese in mezz’ora 20 mila dollari di piatti e bicchieri da D. King Irwin sulla 34th Street a New York. Il Post assicura che provò – senza successo – a mercanteggiare sul prezzo, ma comunque uscì non prima di avere pagato. Il soggiorno parigino segna invece la ricaduta di Maha Al-Sudaïri nel sovrano distacco dal denaro, sebbene la donna fosse riuscita a strappare una tariffa di favore (20 mila euro a notte) allo Shangri-La, l’albergo di lusso aperto due anni fa dalla catena di Hong-Kong nell’antica residenza del principe Roland Bonaparte, davanti alla Senna e con incomparabile vista sulla Tour Eiffel.
Le spese della principessa sono destinate a essere saldate dalla casa regnante, e lei non incorre in conseguenze penali perché gode tuttora dell’immunità diplomatica. La direzione dell’albergo assicura che «non esiste alcun problema», e la reputazione di Parigi come nuova Mecca – dopo Londra – dei miliardari del Golfo viene rafforzata. Se fino a poco tempo fa i favori dei principi arabi andavano al quartiere londinese di Knightsbridge, negli ultimi anni molti preferiscono la Parigi del XVI arrondissement (dove sorge lo Shangri-La) e soprattutto del Triangle d’Or , la zona compresa tra avenue Montaigne, avenue Georges V e gli Champs Elysées.
Accanto alle follie della principessa, e ai crescenti investimenti del Qatar, che negli ultimi anni si è comprato la squadra di calcio del Paris St-Germain, una quota di Total, del gruppo Lagardère e gli storici alberghi Royal Monceau a Parigi e Carlton a Cannes, ci sono i circa 500 mila facoltosi turisti arabi che ogni anno visitano la capitale per spendere soldi, più di giapponesi, americani e chiunque altro, nei negozi di lusso degli Champs Elysées.
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