“Funambolika” di Serena Ballista: un monologo che “offre insospettabili ragioni per prendere posizione contro la cultura sessista che legittima la violenza maschile sulle donne”

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 PROSPETTIVA FEMMINISTA CHE (ANCHE) GLI UOMINI POSSONO CONDIVIDERE

“Funambolika” è l’ultima pubblicazione di Serena Ballista. E’ un monologo che “offre insospettabili ragioni per prendere posizione contro la cultura sessista che legittima la violenza maschile sulle donne in tutte le sue espressioni possibili, a partire da quelle simboliche e, per questo, più difficilmente sondabili. Per farlo, è necessario assumere – secondo l’autrice – una prospettiva femminista che, contrariamente ad ogni aspettativa, anche gli uomini possono fare propria”. (Pubblicato in ilmiolibro.it il 25/10/2014, pagg 64, Euro 9,00, EAN:9788891082329, Parole chiave laFeltrinelli: società e cultura). NOIDONNE Ha rivolto a Serena Ballista alcune domande.

Nella dimensione dell’associazionismo, soprattutto attraverso l’Udi, ha compiuto un cammino e ricerca nel femminile mettendo al centro le relazioni e le pratiche politiche tra donne. Perchè per ‘Funambolika’, libro in cui affronti il tema della cultura sessista, ha scelto il ‘monologo’?
L’UDI mi ha dato la dimensione del “noi” dove ognuna ha imparato a dire “io” che vuol dire che la relazione politica tra donne mi ha consentito di aprire uno spazio tutto per me, una sorta di margine, dove io, da sola, come singola donna, potessi pensarmi alla luce di una aspirazione, quella di vivere da femminista, cioè da donna partigiana della mia libertà e, allo stesso tempo, consapevole del fatto che non esiste libertà di una che non sia anche la libertà di tutte. Da qui l’idea di mettere nero su bianco un’aspirazione personale che ha senso di essere condivisa con le altre perché collettiva. Questa circolarità di senso spiega bene perché il mio “Funambolika” sia certamente un monologo, ma con indosso i panni di un pamphlet che, con un tono irriverente, attacca così: “Sono consapevole del fatto che anche chi avrà avuto la temerarietà, non dico di arrivare a leggere per intero questo libretto, ma di essersi quanto meno soffermato sul suo titolo, sarà stato colto almeno per un attimo da un improvviso corrugamento della fronte, seguito da un’involontaria contrazione delle labbra, culminata con un impercettibile tic nervoso ad un occhio, scandendo mentalmente l’ultima parola: FEM-MI-NI-STA.[…] “.
La libertà che voglio per me e per le altre donne ha come presupposto fondamentale la decostruzione del simbolico che sta all’origine di problemi non più rinviabili, come la violenza sulle donne o come la non parità di accesso al mondo del lavoro, ma che non possono essere risolti singolarmente tamponando qua e là le falle del nostro sistema patriarcale. La messa in discussione del simbolico, cioè della cultura sessista a 360 gradi, partendo dal nostro quotidiano, è l’unica occasione che abbiamo per avviare un cambiamento strutturale del nostro ordinario e che, proprio perché ordinario, non siamo abituate a guardare in modo critico, con spirito di conoscenza. E, allora, “vivere da femminista significa aprire in prima persona un conflitto con le altre donne e con gli uomini, auspicando la pace, su un terreno che rimane su un piano strettamente culturale con tutte le sue conseguenti ricadute nella quotidianità. È precisamente per questa ragione che ho optato per un monologo: il principio che sta alla base del femminismo, e di tutto quello che questo ha generato, compreso il concetto di pari opportunità, è che il personale è politico. Il femminismo non lo teorizzi, lo vivi sulla pelle. E questa temerarietà nel voler essere trattata da persona, la senti bruciare dentro di te quando incappi nel collega che mentre parli, ti guarda le tette, o nel passante che si sente autorizzato a molestarti verbalmente; quando i tuoi genitori, i tuoi amici, il tuo partner e le altre donne ti dicono che devi comportarti in un certo modo solo perché hai una vagina tra le gambe; quando ti senti in imbarazzo a parlare di mestruazioni o di masturbazione femminile; quando vieni pagata di meno sempre perché hai una vagina; quando per partorire devi stare alle regole di un ospedale; quando il tuo corpo diventa luogo pubblico abitato da tutti e a proposito del quale tutti vantano un’opinione su ciò che deve o non deve fare; quando gli asili nido non ci sono o sono carissimi; quando sempre il tuo corpo viene ferocemente costretto in canoni estetici inarrivabili, come quello della sempiterna giovinezza; quando il tuo contributo al contesto socio-culturale in cui vivi viene occultato da un insistere nel declinare al maschile le professioni”.

Come e perché, secondo il tuo ragionamento, anche gli uomini possono fare propria la prospettiva femminista?
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’immagine mentale che si ha dell’uomo come essere monolitico, senza tempo e sempre uguale a sé stesso, che rispecchia la norma rispetto alla quale le donne sarebbero portatrici – invece – di genere e quindi di differenza, facendo coincidere l’essere maschile con l’essere umano coerentemente con la tradizione maschilista, la parzialità di genere non soltanto femminile, ma anche maschile con il risultato che, paradossalmente, l’onnipresenza del maschile nella narrazione storica lo rende invisibile. In altre parole, è come se aver assunto ad universale il maschile, l’avesse reso inenarrato ed inenarrabile, dappertutto ma in nessun luogo: da qui, la teorizzazione del concetto di onnipresenza invisibile e della conseguente necessità di avviare, a partire dagli anni Settanta, anche dei men’s studies negli USA e nel Regno Unito, paralleli ai women’s studies. Quindi gli uomini che pretendono di mettere in discussione l’ideologia patriarcale, il maschilismo, l’androcentrismo, il fallologocentrismo o come lo vogliamo chiamare – abbiamo davvero l’imbarazzo della scelta – fanno un’operazione non soltanto “utile” alle donne e alla società, ma a loro stessi, prima di tutto. Ma come accade per le donne, anche per gli uomini avventurarsi in questa pratica di decostruzione culturale, significa anzitutto fare i conti con se stessi, con le proprie abitudini mentali, potendo ripensarsi criticamente come essere umano. E, a questo punto, c’è un partire da sé anche maschile che soltanto il maschile potrà mettere sul tavolo della discussione e far dialogare con quello femminile, evitando così che né le donne né gli uomini siano oggetti di studio ma parte attiva di questo nuovo umanesimo. In questo senso, dico che la prospettiva femminista può fare da guida anche agli uomini.

Serena Ballista nasce il 5 ottobre del 1985 a Modena, dove vive oggi con il marito e la figlia. Dopo avere conseguito la maturità classica ed aver studiato Lettere e Filosofia presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e l’Universität des Saarlandes di Saarbrücken in Germania, si laurea con lode nel 2010 con una tesi di ricerca intitolata La medicalizzazione dell’evento nascita. L’esproprio tecnologico del parto e la sua legittimazione da parte delle donne, che verrà insignita qualche mese più tardi del Premio “Renata Bergonzoni”, rinomata avvocata modenese attiva nell’associazionismo femminile. Da giugno del 2009 a maggio del 2014 è consigliera comunale con delega alle pari opportunità presso il Comune di Bastiglia (Mo) ed è componente del Comitato esecutivo della Conferenza provinciale delle elette. Collaborando con l’Unione donne in Italia di Modena, della quale diventa presidente nel 2014, e con il Centro documentazione donna di Modena, del quale è socia attiva, lavora con passione come ricercatrice e formatrice esperta in studi di genere anche nell’ambito di progetti europei. Viene nominata all’interno del Comitato d’onore, prima, e della Giuria, dopo, del Premio “Immagini amiche” indetto dall’UDI Nazionale e dall’Ufficio italiano del Parlamento europeo, presieduto da Daniela Brancati sotto l’alto patronato della Presidenza della Repubblica. Insieme a Judith Pinnock, psicologa e tra le più rinomate formatrici italiane, è autrice di Bellezza femminile e verità. Modelli e ruoli nella comunicazione sessista (Lupetti, 2012) e A tavola con Platone. Esercitazioni e giochi d’aula sulle differenze culturali, sessuali e di genere (Ferrari Sinibaldi, 2012). Funambolika. Monlogo di un’aspirante femminista è la sua ultima pubblicazione. (12 Maggio 2015).

http://www.noidonne.org

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