di Cristiana Bullita

mw - LA 
 SEGMENTAZIONE DEL CONTINUUM STORICO-SOCIALE IN MAX WEBER
Max Weber

All’inizio, noi muoviamo i primi passi in un essere ancora senza significato. Da un continuum brumoso e indistinto ritagliamo a poco a poco gli enti, che sono i modi dell’essere e che, con la percezione e nella percezione, vengono a costituirsi come oggetti. È come quando ascoltiamo un brano in una lingua straniera che conosciamo appena e ci sforziamo di individuare qualche parola nota all’interno di un flusso fonetico alieno ed equivoco, e cerchiamo di frazionare il continuum linguistico in modo da cogliere almeno un segmento di senso che suggerisca il resto.
Gli oggetti che emergono dal continuum in cui siamo immersi si organizzano e si ordinano anche in base ai nomi che prendono, e con essi confluiscono nelle nostre categorie mentali.
Forse la costituzione del sapere storico, inteso come storiografia, ossia narrazione della storia effettuale, scaturisce da un movimento analogo a quel sobbollire placido e ininterrotto di enti che porta alla loro selezione e definizione. Lo storico, infatti, non s’interessa a tutto ciò che è accaduto da quando il mondo esiste. Nella moltitudine chiassosa ed intricata degli avvenimenti, egli isola di volta in volta quello che costituirà l’oggetto della sua indagine, ritenendolo significativo. Lo storico adotta, cioè, un metodo individualizzante, con il quale evidenzia, all’interno di una serie infinita di oggetti apparentemente privi di valore culturale, quello che merita attenzione e studio.

“Ogni conoscenza concettuale della realtà infinita da parte dello spirito umano finito poggia infatti sul presupposto tacito che soltanto una parte finita di essa debba formare l’oggetto della considerazione scientifica, e perciò risultare “essenziale” nel senso di essere “degna di venir conosciuta […] E – questa è la cosa decisiva- soltanto in base al presupposto che esclusivamente una parte finita dell’infinito numero dei fenomeni risulta fornita di significato, acquista un senso logico il principio della conoscenza dei fenomeni individuali in genere”.
(Weber M., Il metodo delle scienze storico-sociali).

Nel continuum ininterrotto della storia è possibile individuare aspetti caratteristici riferibili a un certo fenomeno che si presentano regolarmente al riproporsi di un fenomeno analogo. Quando tali regolarità vengono estrapolate dal contesto storico-sociale nel quale si manifestano assurgono al ruolo di idealtipo, che comprende gli aspetti essenziali di una specifica situazione e funge da modello per i casi storici concreti. Sono esempi di tipi ideali l’autorità, l’azione, la burocrazia, il feudalesimo, l’etica protestante, ecc.

“(il tipo ideale) rappresenta un quadro concettuale, il quale non è la realtà storica, e neppure la realtà sociale vera e propria (…): ha il significato di un puro concetto-limite ideale, a cui la realtà deve essere commisurata e comparata, al fine di illustrare determinati elementi significativi del suo contenuto empirico.”
(Weber M., Il metodo delle scienze storico-sociali)

La domanda che ci poniamo, su un piano non più semiotico ma della narrazione storiografica, è se la relazione ai valori e i tipi ideali weberiani possano rappresentare una forma di segmentazione del continuum storico-sociale. Se il quesito non è azzardato e se la risposta è affermativa, riconosciamo in tale segmentazione, sia nell’individuazione degli oggetti di studio che dei tipi ideali, un evidente carattere di arbitrarietà, in quanto essa è frutto di una precisa scelta da parte del ricercatore, che isola alcuni fenomeni dagli altri sulla base di uno “specifico ‘interesse’ scientifico che dirige la selezione e la formulazione dell’oggetto di un’indagine empirica”. Tuttavia, le scienze storico- sociali hanno una legittima pretesa di oggettività; pur essendo le idee di valore dello storico indubbiamente soggettive, i prodotti della sua ricerca hanno una validità universale, perché si basano sulla verità delle date, delle cifre, dei resoconti e sulle regole di un metodo universalmente riconosciuto.

“Da ciò non discende ovviamente che la ricerca delle scienze della cultura possa dar luogo soltanto a prodotti i quali siano ‘soggettivi’ nel senso che valgono per l’uno e non per l’altro”.
(Weber M., Il metodo delle scienze storico-sociali)

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