La donna aveva lunghi capelli ondulati ed apparivano, in ogni ora del giorno, come illuminati dagli stessi raggi di sole che, nel tramonto, sembrano incendiarsi per poi andare a morire.
Il volto, dai tratti minuti e regolari, era impreziosito da grandi occhi di giada; lo sguardo sembrava perdersi in antiche, mai sopite, reminescenze.
Abitava soltanto per pochi giorni, ogni anno, una casa arrampicata sullo scoglio più impervio della collina che, dolcemente, degradava al mare.
Nessuno seppe mai chi fosse; ad alcuno aveva mai detto di dove venisse: era lì, come se un destino inevitabile avesse deciso che lei dovesse esserci.
Si sedeva per intere ore sul picco alto della scogliera, lo sguardo di giada perduto e sognante, e sembrava costantemente essere in attesa.
Indossava abiti evanescenti come spuma di mare che sembravano mutare il loro colore via, via che le ore del giorno, dopo essersi consegnate alla luce del sole, nostalgicamente si arrendevano al biancore argentato della luna.
Il vento accarezzava il suo corpo alto e slanciato, faceva fluttuare la fulva, fluente chioma; lei sembrava indifferente e lontana, come perduta in un sogno che sapeva di dolcezza, d’attesa e di mistero.
La piccola casa era adornata da tendine civettuole alle finestre che appena si intravedevano tra i tralci di buganvillea rossa, che ricopriva l’intera facciata della costruzione in mattoncini e pietra lavica sul tetto.
Quella piccola, particolare dimora, sembrava rendere pienamente l’idea d’essere stata consegnata alla natura, dopo tanto lavoro di folletti, di fate e di gnomi.
Tutto sembrava perfetto ed estremamente sereno in quel piccolo angolo di paradiso che apparteneva, da sempre, alla ”Signora della baia d’argento”
Era, per i pescatori locali, divenuto un rito passare di là e salutare con ampi cenni di braccia la donna che sovrastava l’altura lì sulla collina; lei rispondeva agitando la diafana mano ma nel suo sguardo, resisteva dominante, una immensa nostalgica malinconia.
A volte dipingeva e la sua piccola mano tracciava tratti sicuri, colorati e sapienti sulla tela che sembrava non dover esser, mai, ultimata.
Attraccata al piccolo molo sotto la casa, una barca di legno a remi che lei non usava mai, o lo faceva, forse, soltanto per gite notturne e solitarie; tutti al villaggio pensavano che, quei remi, non avessero mai preso mare.
La signora della baia, era sempre lì; dipingeva ricamava, ed attendeva…
Lo sguardo acceso di speranza, scrutava la distesa di liquido azzurro ed attendeva…
La sua figura si confondeva, a volte, col prato verde che circondava la piccola casa, con i lillà, i papaveri e le margherite che, spontaneamente, nascevano tra l’erba di smeraldo.
Se lei avesse vent’anni o cento, non si seppe mai: tutti ricordavano di averla sempre veduta lì, nessuno mai, le aveva parlato.
Arrivava nella sua casa all’improvviso; se ne andava allo stesso modo.
L’aria tenera di maggio l’accoglieva nell’abbraccio fluttuante della primavera e la lasciava andare soltanto, quando il cielo s’inondava di lacrime, all’inizio d’ogni autunno.
Allora quella solare dimora diveniva triste e sinistra; il prato s’ingialliva le buganvillee sfiorivano e la barchetta non era più nel molo.
Tutto si spegneva intorno alla baia d’argento come per sortilegio; come per incanto, con la nuova stagione, tutto si ripeteva immutato nel tempo.
Quel giorno; era una splendida mattinata di fine agosto, il sole sembrava accendere falò di fuoco tutto intorno, il cielo era terso e luminoso e soltanto qua e là, qualche piccola nube faceva capolino tra tutta quella luce.
La signora della scogliera indossava un cappello a falde larghe i cui bordi erano orlati di un merletto di fine paglia intrecciata che, evitandole il sole negli occhi, donavano alla penombra degli stessi uno scintillio frenetico ed impaziente: la giada delle pupille sembrava meno splendente mentre, guardando verso il mare, sembrava assorta ed in attesa spasmodica di chissà quale avvenimento.
Come sempre i pescatori, passando sotto la baia, la salutarono; lei, però, troppo immersa nei suoi pensieri, quel giorno, non se ne avvide.
“Guarda lassù – diceva l’uomo, rivolto alla donna che l’accompagnava -proprio sulla cima dell’altipiano che è sopra di noi, racconta una leggenda che vivesse una donna. Era di una bellezza incredibile– continuò -e dimorava in una piccola casa che sembrava avvolta in un sortilegio tanto era particolare e fuori dal tempo. Ora la casa non c’è più, ormai da qualche secolo; dicono che allora sia andata distrutta durante un temporale estivo: chissà forse per colpa di un fulmine… Della donna, nessuno, seppe mai più nulla né, tantomeno, alcuno chiese di lei… Chissà… Tutto rimase come avvolto nel mistero.”– concluse.
Poi… dimentichi di ciò, continuarono la loro passeggiata.
Era una splendida mattinata di fine estate, il cielo era sorprendentemente sereno, soltanto qualche piccola nube faceva capolino qua e là; la caletta, sottostante la collina, della baia d’argento ospitava una piccola barca di legno che stava prendendo il largo: a bordo un uomo ed una donna.
Il cappello di paglia a falde larghe, intrecciato come un merletto, non riusciva però a nascondere i fulvi capelli di lei che risplendevano come un raggio di sole, che cade nel mare al tramonto.
L’uomo alto e bello ricordava, nel suo abbigliamento, la foggia del periodo risorgimentale; l’abito tutto trine di lei, non stonava affatto con quello del suo cavaliere che… la stringeva, cullandola fra le braccia, sorridendo trasognato.
Gli occhi di giada della donna, risplendevano d’intensa felicità.
Nessuno s’avvide di quella piccola barca che solcava i flutti d’un mare d’agosto, né in quel giorno, né… mai più.

Nadia Angelini
angelini.nadia@fastwebnet.it

Categorizzato in: