Il parlamento ha approvato una legge che affronta nel complesso i reati di violenza fisica e psicologica
L’Assemblea dei rappresentanti del popolo (il parlamento tunisino) ha approvato all’unanimità la legge contro la violenza sulle donne. Si tratta di un voto storico, che arriva al termine di un iter lungo e complesso (il progetto era stato approvato dal consiglio dei Ministri già il 13 luglio del 2016), fatto di numerosi rinvii e riesami che avevano più volte fatto temere un fallimento.
Mercoledì in tarda serata però, finalmente, i 146 deputati presenti in aula (su 217 totali) hanno detto sì alla norma che, comprendente quarantatré articoli divisi in cinque capitoli, riordina organicamente fattispecie di reato e pene previste.
Da ieri dunque le tunisine sanno che avranno presto a disposizione (la legge entrerà in vigore sei mesi dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale) uno strumento efficace per difendersi da maltrattamenti e soprusi, sia fisici sia psicologici. Uno strumento più che mai necessario se si tiene conto che, come ha rivelato un’inchiesta del Centro di studi, ricerca, documentazione e informazione sulla donna (Cedif) – così Giulia Bertoluzzi su Nigrizia – il 53,5% delle donne intervistate ha rivelato di aver subito violenze tra il 2011 e il 2015.
Il testo, redatto dopo aver consultato associazioni ed esperti del settore con l’obiettivo di garantire alla donna il rispetto della sua dignità e assicurare l’uguaglianza tra i sessi sancita anche dalla Costituzione della Tunisia, definisce la violenza contro le donne come “qualsiasi aggressione fisica, morale, sessuale o economica basata sulla discriminazione tra i due sessi”. Ed è stato stilato sulla base di un approccio globale che considera vari aspetti, tra i quali la prevenzione, la punizione dei colpevoli e la protezione delle vittime. Ed anche l’interdizione ai mezzi stampa di veicolare stereotipi di genere che possano incoraggiare violenze e discriminazione. Il progetto di legge prevede inoltre cicli di formazione per il personale medico e sociale, per gli agenti delle forze dell’ordine e per i giudici.
Tra gli elementi più rilevanti della nuova normativa, l’abrogazione dell’articolo 227 bis del codice penale tunisino, che prevedeva una sorta di “perdono” per chi violentava una minorenne in caso di matrimonio con la vittima. Ora gli stupratori saranno puniti con pene molto severe, senza che per loro ci sia più alcuna possibilità di sfuggire alla legge. Viene inoltre innalzata a 16 anni l’età del consenso (prima era fissata a 13 anni).
Rilevanti anche le disposizioni riguardanti il lavoro, tra cui quella che punisce con una pena da 3 a 6 mesi di reclusione chi viene riconosciuto responsabile di aver impiegato minori per lavori domestici. Ed ancora l’articolo che sanziona con una multa da 500 a mille dinari (circa 350 euro) e/o con tre mesi di carcere chi si rende colpevole di molestie (fisiche e verbali) alle donne per strada o in spazi pubblici. Non manca, infine, la previsione di punizioni anche per la sola minaccia di aggressione o della privazione dei diritti e delle libertà previsti dalla Costituzione tunisina.
“La versione del testo votato in parlamento risponde alle attese delle donne e di tutti coloro che, nella società civile, si sono mobilitati per l’ottenimento di questo risultato” ha dichiarato la deputata indipendente Bochra BelHaj Hmida, a votazione avvenuta.
Certo, manca – fanno notare alcuni – una previsione normativa sull’ineguaglianza del trattamento della donna nell’asse ereditario (una proposta di riforma complessiva del settore – ricorda Ansa – era stata bocciata in commissione lo scorso anno, con motivazioni basate sulla sua non conformità al diritto islamico). E c’è grande attesa per vedere se e come la legge verrà concretamente ed effettivamente applicata. Ma il risultato raggiunto è comunque enorme e conferma la Tunisia come il Paese più avanzato del mondo arabo in materia di diritti delle donne.
Cristina Di Giorgi
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