La cronaca è prodiga di notizie negative. La pubblicità dei dentifrici non è sufficiente a far ritornare il sorriso sui volti delle persone che riflettono e si domandano quale parte di responsabilità e di complicità hanno nel non riuscire a porre un freno al Male che dilaga nelle forme forti della violenza e in quelle più subdole dell’inganno. La violenza ha spesso le donne come bersaglio. Sorge spontanea una domanda: “C’è mai stato qualcuno che ha messo in guardia queste vittime?”. Le persone che hanno più esperienza, le madri, ad esempio, o le nonne, le zie, le vicine di casa, dovrebbero considerare che è più facile apprendere quale maquillage è più efficace per “farsi accettare” piuttosto che arrivare da sole a capire che non si devono frequentare certi ambienti, certe strade, certi quartieri, in certi orari. Senza contare che anche i padri potrebbero fare la loro parte, dando informazioni corrette su certi meccanismi ormonali e psicologici maschili. A Toronto, l’autista dell’autobus effettua fermate supplementari, a richiesta, in certi orari e, comunque, a meno che non si seguano corsi di arti marziali per apprendere l’autodifesa, è sempre possibile evitare professioni più “a rischio”.
In una delle sue pantomime Dario Fo simulava l’atteggiamento della donna cui si è insegnato a difendersi negando la fisicità. Lo ricordo ancora, tutto curvo su se stesso… Oggi, il “corpo liberato” che era lo slogan preferito delle femministe degli anni ’70 sta diventando il “corpo imposto” anche a chi non è interessato. I vestiti/non vestiti servono allo scopo. Non ho mai visto uomini radersi in autobus, ma ho visto donne di tutte le età maneggiare pennelli, piumini, rossetti con una meticolosità tale da sfidare quella di Leonardo da Vinci.
Il rispetto non lo si impone. Lo si incute e lo si merita. Tra la star e il clown ci dovrebbe essere posto per la donna normale.

Antonia Chimenti

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