intervista ad Anna Manna

“La scrittrice che fotografa i paesaggi dell’anima”

Dove va oggi il romanzo? Ce lo dice Anna Manna, poetessa, scrittrice, operatrice culturale, organizzatrice del premio “Fiore di roccia”, con “A largo della polveriera”, Sovera editore, 2002, usando eccentriche e suggestive metafore: “Il romanzo deve essere sbucciato, come una noce, un melograno. L’autore nel romanzo deve essere indagato, scoperto, per vie difficili, tortuose. Un romanzo somiglia ad un lungo inverno da vivere affidandosi a tiepidi sguardi”. Insomma, il romanzo è scoperta, lirismo ed allegoria. Continuiamo l’intervista

-All’inizio del tuo romanzo la parola compassione ricorre due volte: cosa significa per te?-
-Compassione è per me con – passione. E’ amore in senso greco come partecipazione, comprensione. E’ soprattutto un momento mentale. Non credo nel cuore e basta, ci vuole anche molta intelligenza. Ho compassione per i miei personaggi. Li assolvo. La compassione del lettore è la trappola più forte per catturarlo. Se ha compassione vuol dire che partecipa alla sofferenza del romanzo. Al pathos-

-Anna, realtà-sogno non sono i soli due opposti che si rincorrono nel romanzo. Mi pare presente il binomio, forza creatrice-morte, rappresentato dalla metafora della polvere (polvere, cenere come semenza e polline dei fiori; polvere della morte, polvere sul capo come lutto ecc)-
-Gli opposti coincidono. “Fratelli a un tempo stesso , amore e morte, ingenerò la sorte”, per dirla con Leopardi. Sì, mi affascinano i contrasti. Scriveva il pittore Degas “Come sarebbero tristi gli alberi se non si agitassero le foglie”. Un sonno senza sogni è quasi inutile. E’ il sogno che fa parlare l’inconscio e lo svela. Nel mio romanzo la vicenda si svela alla fine soltanto un incubo. La proiezione delle paure della protagonista-

-C’è chi afferma che il passato è passato, che pensarvi troppo impedisce al futuro di arrivare e chi definisce la Memoria la cassaforte della vita, un bene prezioso al quale attingere nei momenti più bui della nostra esistenza. Che ne pensi?-
-Il passato ha un senso se costruisce il futuro, come diceva Italo Calvino. Anche per me scrittrice l’uso della memoria significa tante cose. Ma bisogna fare dei distinguo. Se uso troppo l’imperfetto o il futuro vuol dire che mi sto affidando alla nostalgia ed al sogno. Il futuro è speranza ma se diventa soltanto sogno allontana dal reale, il ricordo è ricchezza ma una nostalgia esasperata può diventare una terribile gabbia. Nella navigazione dell’esistenza il remo della realtà è quello che ti fa andare avanti. Il remo del sogno affonda verso il canto delle sirene, e il remo della nostalgia ti fa incastrare tra gli scogli. Ma in letteratura il sogno e la nostalgia sono un potentissimo mezzo di comunicazione. Sono l’escamotage per dire quello che la realtà copre, dunque svelano verità più profonde. Sono un mezzo abilissimo per coinvolgere, catturare l’attenzione del lettore, colpirlo con un dialogo carico di simboli-

-Ci sono temi ricorrenti e di conseguenza aree lessicali ripetute; in tutto il libro si parla d’incantamento, sdilinquimento, languore, stordimento, sbandamento, stordimento, incantamento, ecc: questo vacillare indica il limite, il confine tra sogno e realtà?-
-E’ il momento del crollo delle barriere della ragione. Inizia un percorso “altro” dove i personaggi ingigantiscono , diventano la maschera dei loro difetti e delle loro virtù. E’ la percezione del personaggio elevata all’ennesima potenza. E’ la dilatazione inconscia del difetto o della virtù del personaggio. Inizia la dimensione onirica dove la realtà temporale, gli spazi, i suoni assumono significati simbolici. Un po’ come nel teatro kabuki giapponese dove i personaggi sono maschere fisse, non mutano le loro espressioni, perché non mutano i sentimenti che esprimono. Sono simbologie eterne. Per fortuna la realtà non è così-

-Un altro tema è quello dei capelli, spesso lunghi, selvaggi, raccolti pronti a sciogliersi, che indicano l’abbandono… Simbolo del femminile, è lì la forza come per Sansone?-
-I miei capelli vivono con me e di me. Cambiano, mutano, parlano come me. I capelli sono come una proiezione dei pensieri, una confessione del colore che si sente dentro l’anima in quel momento-

-Parli di polveriera, quindi la metafora si arricchisce di fiammifero acceso, incendio di pensieri, odore di bruciato, estate rovente, sole cocente, sono come una torcia di fuoco ecc, tanto che dici “Se fosse meglio incendiarsi per uno dei miei fiammiferi piuttosto che guardare la realtà (p. 94)”-
-E’ il paesaggio dell’anima della protagonista un momento prima di un incendio. Come ha detto un critico è il romanzo che non c’è, perché la realtà deve avvenire. Quello che avviene sulla pagina è un sogno, un incubo. Gli unici personaggi reali sono Francesca, l’uomo sconosciuto, il fiammifero che ha in mano l’uomo. Tutti gli altri, sono personaggi onirici e per questo il cattivo è proprio cattivo, e il buono è proprio buono. Sono tipologie dell’inconscio della donna, che dispiega una vicenda mentale durante uno svenimento. Uno svenimento inteso come allontanamento dalla realtà, elaborazione onirica. C’è sempre un momento intellettuale prima di un incendio. O in presenza o in assenza. O si è capito il pericolo e se ne è complici, oppure non è stato intuito il pericolo. Il fiammifero da solo non conta nulla. E’ la risposta che conta, la predisposizione. ”La poverina rispose ” di manzoniana memoria ci ricorda che la monaca di Monza si è creata da sola, perché ha risposto. Egidio è soltanto un fiammifero. Richard , il bel tenebroso del mio romanzo, somiglia alle paure della protagonista. Magari l’uomo sconosciuto che le parla a Largo della polveriera è soltanto uno studente fuoricorso, un po’ attempato, in cerca di avventure. Ma per lei rappresentala tentazione, la fuga, l’incontro determinante. Lei, a Largo della polveriera, c’è con l’anima. Il nome di quella piazza somiglia al paesaggio della sua anima. Probabilmente lo sconosciuto è all’Università e basta. Oppure no, anche per lo sconosciuto c’è odore di incendio. Un incendio inconscio, psichico. Ma questo non lo sappiamo, non lo sapremo. Perché il romanzo finisce quando inizia la realtà. E’ il romanzo che non c’è-

-Come conseguenza, il colore rosso (vita, forza, potente, cambiamento) ricorrente sembra essere il tuo preferito…-
-Il rosso è un colore importante, maturo. E’ un tramonto che contiene la memoria e la elabora. L’alba che verrà dopo poggia su una lotta, su una porta che si è chiusa sul passato e su una che si apre su un ipotetico futuro-

-“Soltanto le cose inanimate ti rassicurano (p.22)”?-
-Ho la casa piena di deliziose stupidaggini. Ninnoli, fotografie, cornici, alchimie di ricordi e dimostrazioni di affetto. Sono come una rete che mi solletica continuamente e mi fa sentire piacevolmente coccolata. Ho bisogno di giocare, sono i miei giocattoli. E’ la mia parte infantile,e per nessuna cosa al mondo intendo rinunciarci. Dammi un luogo ,anche il più spoglio ed ostile, e diventerà un tiepido nido accogliente-

-Che importanza ha per te il sorriso? E’ presente nel romanzo come un altro protagonista-
-Il sorriso,vero o finto,apre comunque un varco. E’ un personaggio poiché è capace di muovere la scena. Indica la volontà di dialogo , l’avvento di un percorso aperto. Il sorriso ha una dinamica sua di coinvolgimento immediato. E’ un segnale che vince sempre-

-Tutte le cose hanno un doppio senso (p.77)?-
-Hai presente quei disegni che sembrano una strega ed invece sono una donna bellissima e viceversa ? Secondo me ogni cosa è così. Soltanto la sofferenza ha una sua realtà insopprimibile che non può essere smentita. Anche se poi porta bene,comunque nel momento della sofferenza era sofferenza e basta. La felicità può essere smentita, la sofferenza mai-

-Che cosa sono per te le radici, tema che affronti alla fine del romanzo?-
-Le radici sono l’anima che ti porterai dietro per sempre. Devi confrontarti con loro. O assecondarle o smentirle. Ma esistono, ti fotografano ad ogni passo. E’ la valigia pronta per scappare o per tornare indietro. Il salvagente o il laccio terribile che ti soffoca. Una delle tante streghe che ti tengono compagnia per tutta la vita. Il critico Vittoriano Esposito ha scritto che il romanzo è il racconto di un ritorno alle origini, alla parte più vera del personaggio. Un viaggio a ritroso verso la propria anima. E’ il momento del confronto con l’incipit della vita-

Fausta Genziana Le Piane

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