Francesca Santucci
terza edizione
Manifestazione artistica e solidale
Dal 31 gennaio al 7 febbraio 2010 al ristorante “da Giorgio” ad Ardesio (BG), il paese delle capre per eccellenza (gli abitanti di Ardesio sono soprannominati “ i cavre dè Ardés”), ospita la terza edizione della manifestazione artistica e solidale “Le Capre di Tecla”, iniziativa (nata nel 2007 da un’idea dello scultore Pierantonio Volpini e organizzata di anno in anno dal gruppo “I Fratelli di Capra” e dal Museo Cividini) che attua una perfetta fusione tra arte, cultura e territorio, trovando nella capra il suo denominatore comune.
Sono esposte opere d’arte, che hanno come tema la capra, variamente declinata, messe all’asta per sostenere la missione di suor Tecla Forchini in Bangladesh. L’intero ricavato delle aste sarà devoluto al Saint Mary Hospital di Khulna in Bangladesh dove opera Suor Tecla Forchini insieme ai medici volontari che offrono assistenza sanitaria gratuita a gran parte della popolazione. Per ogni 15 euro raccolti Suor Tecla potrà acquistare e donare ad una famiglia di Khulna una capra da latte che diventerà un importante mezzo di sostentamento.
LA CAPRA
Ho parlato a una capra.
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d’erba, bagnata
dalla pioggia, belava.
Quell’uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi, prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.
In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.
(Umberto Saba, da Casa e campagna, 1909-1910)
Francesca Santucci, “La Madonna della capra”
In differente valenza al maschile o al femminile, nelle religioni primitive simbolo di elevazione verso il divino, nella cultura cinese di onestà, bellezza e tranquillità, presso gli antichi Greci del lampo, per la sua agilità, ma anche di abbondanza (fu la capra Amaltea ad allattare Zeus), sacra a Dioniso (i più noti poeti tragici ricevevano in dono un capro ) e legata al dio Pan (divinità di forma caprina, immagine del basso istintuale), per gli antichi Romani di fertilità, presso gli Ebrei di espiazione (il popolo scaricava le proprie iniquità sul capro espiatorio e poi lo mandava a morire nel deserto), nella cultura cristiana, e nella letteratura medievale, spesso rappresentazione del diavolo in sembianze di caprone, nella famosa poesia di Umberto Saba, in anomala comunicazione uomo-animale, la capra (simbolo della solitudine e della persecuzione che finisce per assumere sembianze umano-ebraiche) viene elevata a simbolo universale del dolore: tutti gli esseri viventi sono accomunati da una sola voce di lamento, eterna ed invariabile.
Nella mia composizione, che pure partecipa alla mostra “Le capre di Tecla”, mi è piaciuto rappresentare la Vergine che stringe protettiva il suo Bambino mentre all’orizzonte già si prefigura il cupo destino di Morte: l’Agnello immolato!
FOTO DELLA MOSTRA
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