di Antonia Chimenti
L’articolo di Anna Gloria Capodieci (1) riflette un drammatico e poco confortante aspetto della società italiana e ben rileva un pericoloso riflusso dalle posizioni effervescenti del femminismo emergente all’apatia di oggi.
E la soluzione che si prospetta, cioè quella di una proposta di riforma della legge elettorale più favorevole all’alternanza uomo-donna sulla scena politica, non può che suscitare consensi.
Ma non basta cambiare la legge. Si deve cambiare la mentalità. La famiglia e la scuola possono agire in tal senso nell’insegnare che l’essere umano (uomo o donna) non ha solo dei diritti e dei doveri nei confronti di se stesso. L’uomo e la donna hanno dei doveri anche nei confronti della comunità, cioè della famiglia e della società civile. E` completamente assente il senso civico, visto come rispetto di tutto ciò che esula dalla sfera personale. Questo rispetto un tempo si chiamava “buona educazione”. E la politica è giustamente tutto ciò che riguarda l’ambito pubblico, sociale dell’essere umano (maschio e femmina).
La disaffezione alla politica non è solamente giovanile e femminile. Essa esprime un malessere che molti elettori condividono nell’osservare che gli antagonismi e la competitività prendono il sopravvento su proposte chiare di programmi concreti e vivi che coinvolgano le coscienze e non solo gli interessi. L’elettore e l’elettrice maturi vorrebbero essere consultati per decidere sulla positività di progetti convincenti e non per votare “contro”.
Il leader di un partito non detiene il “potere”; il leader di un partito rappresenta le aspirazioni di tutti e contribuisce, insieme a tutti, all’evoluzione della specie.
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