Ariodante Marianni

A Mario Luzi

Mentre aspetto che gli Dei cortesemente
mi suggeriscano il verso d’apertura
comincio a scriverti, augurandoti
che i 37° all’ombra non ti fiacchino,
come a me, le ginocchia, e tolgano l’appetito.
Il solleone, comunque, consiglia picoli sforzi,
e cibo scarso e leggero.
Da due giorni è in corso
il grande “Esodo” estivo; decine di milioni
di transumananti affollano treni e aeroporti,
o s’incolonnano pazienti lungo le piste d’asfalto:
fuggono le armate del Faraone e i miasmi
di Memphis, puntano verso i pascoli della terra
promessa dalle agenzie di turismo.
L’estate è ancora il bel miraggio dell’anno;
ma queste masse in fuga che si spostano
al caldo estivo su spiagge e montagne,
secondo i futurologi prefigurano il tempo
quando popoli interi, a turno, in massa,
lasceranno il pianeta, e la Terra promessa
avrà l’aspetto di gigantesche piattaforme orbitanti,
dove maghi moderno costruiranno
splendidi simulacri della vita terrena,
e industrie più sapienti smerceranno
migliori manne e regolati climi. I loro figli
vedranno dall’alto, senza rimpianti,
l’antica patria umana, non più centro dei mondi,
ma centro ed incombente panorama
del loro monotono girare, e pratica,
economica, inesausta discarica.
L’antico elogio del vivere in campagna
non verte più sui parametri di pace,
serenità, contemplazione: oggi è in termini d’aria
più respirabile, cibo meno inquinato.
Anche il silenzio non è più interrotto
da sole voci naturali; motoseghe e pompe,
cmion, trattori, motorette e radio
urgono spesso fino a tarda notte…
Pure qualcosa resta di quei mitici sensi
(come un sentore in una stanza chiusa
od un assillo che si protrae nel sonno)
se vivi in un luogo come questo,
una fragile arca che galleggia
su ondicelle di tufo, boschi e vigne,
dove la strada arriva e non si cura
di proseguire, e un goffo riccio,
od una svelta donnola, può attraversarla
mentre passi. Qui puoi sentire “diverso”
il fluire del tempo; ma non nel senso
che sembri scorrere più lento,
anzi più rapida è la corsa, non ti distrai
come tra i mille specchi cittadini:
lo senti come rappreso in ciò che osservi,
nuvole e rocce uguali da millenni,
fossi con acqua che scorre da millenni,
segni umani e animali plagiati da millenni;
e il pudore mi vieta di parlare degli astri
che fanno belle e angosciano le notti serene.
Qui la mente non può, non s’abbandona mai,
e in una sorta di dormiveglia lucido,
avverte un che d’immobile,
un che di duro e di compatto, in quel fluire,
e torna ai banchi di scuola e ambiguamente,
dà ragione a Parmenide e sta con Eraclito.

Sorridi pure, grande guru, di questo amico
accaldato, che anziché starsene a mollo
in una fresca piscina, ti scrive, molle di sudore,
in versi alquanto arcaizzanti su un moderno
computer, le sue cogitazioni sul tempo e sulle sorti
dell’human genere et altre poco estive quisquilie.
Su quale Piattaforma Promessa orbiterà,
fra qualche orbita terrestre, il suo minuscolo io,
chè debba tanto preoccuparsi
di cose che mai gli apparterranno,
atomi squadernati di un volume
che non ha pagine scritte? Il nudo esistere
ha ben poco da dire. L’insulsa querelle
che ci vessava, qualche lustro fa,
se vivere in campagna fosse “fuggire la realtà”
(come allora dicevano)
sarebbe parsa il puro vaniloquio che è,
se non avessimo tanto bisogno di stampelle
da non renderci conto nemmeno dei nostri atti
se non giustificandoli con qualche teoria.

Deve fare un gran caldo anche lassù;
gli Dei vacanti non pensano a mandarmi
nemmeno poche righe di commiato.
Così ti lascio, con lo stesso augurio
che il solleone ti conservi integro
e non ti insidi, come a me, il cervello.

21 luglio 1988
(da Una strana gioia, Manni 2003)

Ariodante Marianni

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