Il bello del poter guardare nel tempo che passa, sta soprattutto nella possibilità di “riscoprire” oggetti, letture, personaggi ed altre piacevolezze che nel corso della loro epoca erano stati amati dalle masse popolari, ma considerati minori dagli intellettuali del periodo, come ad esempio lo scrittore Guido Da Verona che venne definito “il D’Annunzio delle dattilografe e delle manicure” pur se i titoli dei suoi romanzi entrarono presto nel lessico familiare della media borghesia, milieu sociale del quale, del resto, sapeva descrivere vita, morte e miracoli con notevole arguzia.
Di Guido Da Verona la casa editrice Graphofeel ha ristampato uno dei romanzi più divertenti ed ironici: Cléo, robes et manteaux una storia di furbizia femminile, ma anche di emancipazione e intelligenza, dove fra sale da te, pellicce e cappellini i ruoli di genere vanno a gambe all’aria e non si saprà mai chi è davvero caduto in una trappola.
Pervaso, come del resto la maggior parte dei romanzi di Da Verona, di erotismo e sottile sfrontatezza, Cléo, scritto nel 1926 è oggi una riscoperta quasi necessaria per tentare di aprire una breccia in questo moralismo di ritorno che pervade anche la cultura spacciandosi, invece, per tollerante e liberale (o libertino?). (Isabella Moroni)
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