Usa, Obama rieletto presidente: ”Il meglio deve ancora venire”
L’altro ieri ho passato la notte in piedi davanti alla CNN e ad Enrico Mentana per seguire le elezioni statunitensi (è un evento troppo importante da cui possono dipendere le sorti anche degli altri paesi del mondo per cui mi interessa sempre parecchio) e posso dire che ad elezione di Obama avvenuta, è successa una cosa che non si era mai vista – a detta dei cronisti – in tanti anni di elezioni americane: Romney non voleva uscire sul palco per fare il Discorso della Concessione con cui si riconosce la vittoria dell’avversario! Tutti lo aspettavano ma lui non si vedeva. La CNN ha dato la notizia della rielezione di Barack poco dopo le 5 del mattino (ora italiana) mentre Romney si è deciso a venir fuori solo alle 7, con quasi due ore di ritardo. “Non è pronto ad intervenire” facevano sapere un po’ imbarazzati quelli del suo staff.
Bene, questo a casa mia può significare solo una cosa: Romney era sicuro di vincere! Il giorno prima delle elezioni Obama e Romney erano dati in parità ma lui era sicurissimo di vincere e ci è rimasto troppo male, quasi non comprendendo come sia potuto accadere. Questo perché molte delle lobbies più potenti si erano schierate con lui. A partire dalla grandi Banche (che, guarda caso, ieri hanno accolto con grande gelo in borsa la rielezione di Obama) per arrivare ai mega gruppi assicurativi ai quali Romney aveva pubblicamente promesso che se fosse stato eletto avrebbe, come PRIMO ATTO DEL SUO MANDATO “smantellato la riforma sanitaria”. Per arrivare alle lobbies ebraiche che, pur non disdegnando Obama, avrebbero preferito Romney per avere mano totalmente libera quando (si dice tra poche settimane) attaccheranno l’Iran per ridurne il potenziale nucleare. Ecco da cosa derivava tutta questa sicumera di Romney. Dalla convinzione di farcela perché tutti i poteri forti erano con lui. Senza contare che è un mormone. Ed i mormoni controllano oggi alcune delle più potenti multinazionali del pianeta, come American Express, Lufthansa e la più grande banca svizzera Credit Suisse. E senza dimenticare, infine, i simpatici Lord Rothschild ai quali, da 150 anni a questa parte, piace tanto poter dire l’ultima parola su ogni futuro inquilino della Casa Bianca e questa volta si erano espressi per Romney garantendogli il sostegno della più importante merchant bank del mondo, da loro controllata, la “famigerata” Goldman Sachs (che nel 2008 aveva invece sostenuto Obama, sperando forse di poterlo controllare). Quindi, insomma, secondo molti, questa seconda vittoria di Barack è un mezzo miracolo.
Ora non è che i Democratici siano candidi fiori di campo e non siano sostenuti da centri di potere, ma è chiaro che le più potenti lobbies tifavano Romney e stavolta “jà detto male”.
Tra l’altro, si prevede che sarà sempre più difficile anche in futuro per i Repubblicani. Sono destinati ad essere sempre più la faccia della vecchia America. Quella di ieri, infatti, potrebbe essere stata l’ultima elezione prima della Riforma dell’Immigrazione che Obama ha in cantiere ( tempo fa ho cliccato un link inviatomi da un collega che apriva un video di un discorso di Obama nel quale – interrotto da un giornalista razzista – Obama annunciava che “chi lavora onestamente in America deve poter essere considerato cittadino americano a tutti gli effetti”) e che consentirà già nel 2016 a milioni di immigrati di votare alle elezioni presidenziali (con un debito di riconoscenza verso i Democratici). Questo significa – come sottolineato ieri da alcuni autorevoli analisti – che il Partito Repubblicano è destinato a diventare sempre più il partito di nicchia dei Bianchi. E sarà difficile che in tempi brevi possa riportare un presidente alla Casa Bianca.
Per quel che riguarda me sono sempre stata, per quel che riguarda l’America, pro Obama fin dal primissimo giorno della sua candidatura, e anche prima, perché avevo sentito parlare di lui quando ancora in Italia non lo conosceva nessuno. Eppoi, a dirla tutta, oltre che pro Obama sono anche “contro” Romney. Non avrei trovato giusto, infatti, che un gruppo di affaristi spregiudicati bianchi facesse pagare agli ispanici (che al 75% per cento, non a caso, hanno votato Obama) e alle classi meno abbienti americane, per buona parte immigrati e neri, i loro errori di gestione della finanza e il costo del loro “giocattolo” (la Borsa).
Come disse qualche anno fa il presidente-operaio brasiliano Lula ad un giornalista che gli chiedeva come mai il Brasile si chiamasse fuori e non intendesse partecipare ad operazioni di risollevazione delle borse internazionali: “Se ci troviamo in questo stato non è certo per colpa del Brasile. La crisi economica internazionale è intera responsabilità di gente dagli occhi azzurri”.
Roma 8 novembre 2012 Wanda Montanelli
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