Limonata rosée, brodo caldo e la voce di Eduardo. De Filippo, naturalmente. Tre ingredienti per una quieta terapia domestica nelle mattinate d’inverno, quando la febbre psicosomatica del lunedì mattina mi tratteneva a casa da scuola, durante l’infanzia.
Mio padre amava Eduardo, che incarnava ovviamente la sua cultura d’origine e certe propensioni alla riflessione libera, non imposta da alcun dogma politico, accademico, ecclesiastico.
Eduardo continua ad esere il compagno delle serate d’inverno in famiglia anche qui in Canada.
Il monologo sul caffè, seduto sul terrazzino della casa infestata nella pièce “Questi fantasmi”. La passività fatalista, mista a orgoglio “maschile” dei dialoghi con Filomena in “Filomena Marturano” e poi la saga famigliare del “Natale in casa Cupiello”. Questo volto pelle ed ossa che è solo un “pretesto” per dar fisicità a un pensiero sempre vivo e attuale.
Questa è arte; anche perché prima di essere arte è vita.

Antonia Chimenti

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