Nell’articolo di Jean Benoit Nadeau, dal titolo “4500 lingue in pericolo”, pubblicato sulla rivista L’Actualite’ di questo mese, il giornalista riporta l’intervista fatta a Mark Abley, riguardo al suo libro Spoken here: Travels Among Threated Languages, ora tradotto in francese. L’interrogativo che Mark Abley, ex giornalista a The Gazette, si pone riguarda il rischio della scomparsa di una dozzina di lingue, ivi compreso l’ebraico e il celtico. L’autore è difensore di un’ecologia linguistica, che, a suo avviso, dovrebbe affiancare quella dell’ambiente. Se ci si prodiga tanto per gli animali si dovrebbe in egual misura salvare quelli che lui definisce “tesori dello spirito umano”.
E la lingua italiana che fine farà? Gli Italiani che non hanno lasciato il territorio nazionale dovrebbero perdere una decina di minuti del loro tempo prezioso per collegarsi, magari via internet, con le radio che ancora mandano in onda programmi destinati alla comunità degli emigrati per sentire i garbati eloqui di professionisti, che vorrebbero parlare la lingua di Dante e di Manzoni ma che, purtroppo, si limitano a balbettare in italese (italiano-inglese).
In Canada ho appreso che l’essere umano ha dei “rognoni” (leggi “reni”). Sette anni fa, quando sono arrivata, piangevo (non è retorica!) di compassione. Adesso mi ribello e mi domando: “Che cosa si aspetta per istituire una scuola seria, con tutti i programmi in lingua italiana?”.
I nostri esperimenti, il nostro impegno personale non basta.
Antonia Chimenti,Toronto, 29 gennaio 2006
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