un saggio che parla della storia e del carattere sociale di una scelta alimentare consapevole sempre più diffusa

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 DEL BIOLOGO
Un fenomeno storico e sociale spiegato in modo chiaro

È un fenomeno sempre più sociale, quello della ricerca del cibo “bio”, ed è un mercato che muove soldi e tratteggia regole differenti per l’agricoltura. Dalla nicchia si è passati a vero e proprio boom di massa, nonostante i prezzi siano più alti. Cosa ci spinge verso il biologico, il “naturale” e la tradizione? Il libro “L’Italia del biologico” spiega l’evoluzione storica di uno stile di vita ben preciso, che va oltre la semplice scelta di una verdura a scapito di un’altra.

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 DEL BIOLOGO

Nel saggio, scritto da Roberta Paltrinieri e Stefano Spillare, si parla del cibo biologico a partire dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri, dei motivi e delle richieste da soddisfare: cibi più sani e saporiti, riduzione dell’impatto ambientale, nutrirsi in modo più armonico e corretto. Il libro parte dal presupposto che il cibo “è uno dei settori in cui si manifestano con più evidenza i rischi e le criticità generati dal sistema agroindustriale – si legge nella sinossi – proprio l’agricoltura biologica è una delle alternative più credibili a questo modello, come dimostra con particolare chiarezza il riscaldamento globale. L’agricoltura industriale è infatti causa e vittima degli impatti dei cambiamenti climatici, e la sua conversione alla sostenibilità può contribuire in modo sostanziale a mitigarne gli effetti”.

Sempre dal punto di vista sociale, gli autori parlano anche dell’aspetto etico e relazionale del biologico, spiegando alcuni fenomeni come i Farmer’s Markets e il Km Zero, gli orti urbani, i Gruppi di acquisto solidale, la valorizzazione dei prodotti tipici e il turismo rurale. E infine si parla anche della fiducia tra consumatore e produttore, che si ricostruisce e plasma nuovamente all’interno di un contesto non industriale, ma diretto.

Come spiega l’autore in una nota: “con questo libro abbiamo soprattutto voluto inserirci in un dibattito aperto e importante, perché potenzialmente gravido di conseguenze anche molto positive per l’agricoltura, l’ambiente, la salute e il benessere di tutti noi. Se saremo riusciti a fornire anche solo un piccolo contributo in tal senso, allora potremmo ritenerci già molto soddisfatti”. (7 agosto 2015)

http://www.ilfattoalimentare.it

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