Carlo Porcedda e Maddalena Brunetti
Verdenero
Milano 2011 – Pagg. 218 – Euro 14
Molte parti del bel libro di Carlo Porcedda e Maddalena Brunetti “Lo sa il vento” (Verdenero) ricordano nel loro drammatico racconto, quanto sta accadendo in queste ore a Taranto con l’Ilva: il dilemma tra la salvaguardia del posto di lavoro e la salute.
Con molte similitudini anche nella reazione: “Qui in Sardegna, per quanto incredibile a dirsi, trovi sempre qualcuno convinto che è meglio un morto in casa che la disoccupazione alla porta”.
Il ricatto occupazionale è la leva con cui ci spingono ad accettare ogni cosa.
Sull’isola a mettere a repentaglio la vita delle persone non sono però fabbriche inquinanti, ma “fabbriche di morte”, ossia i poligoni militari che assediano da più parti i meravigliosi promontori di questa perla del Mediterraneo: qui si trovano il 60% del demanio e delle servitù militari dell’intero territorio nazionale.
Che rendono spesso inutilizzabili a noi comuni cittadini “non in armi” spiagge e boschi.
Scrivono, ad esempio, i due colleghi su Capo Teulada: “7.200 ettari di estensione, 62 chilometri quadrati di mare permanentemente proibiti e una zona di sicurezza che durante le esercitazioni si estende per 1.300 chilometri, costituisce insieme al poligono di Salto di Quirra e la base aerea Nato di Decimomannu il fronte interno più vasto d’Europa. (…) Tutto è proibito ai comuni mortali, proibito il mare, proibita la terra, proibito passarci sopra in aereo. In quel tratto di mare tutto è considerato pericolo, tranne che simulare la guerra”.
Ma le conseguenze non sono soltanto il mancato “utilizzo” di quelle armi da parte di chi non spara. Finiscono infatti soprattutto per attentare alla vita di chi abita vicino o dentro i poligoni. Uno di questi ha addirittura dato il nome a una (misteriosa) malattia: “Qui, in Sardegna, da almeno dieci anni si parla di Sindrome di Quirra per indicare un male invisibile, fatto di decine e decine di morti che da troppo tempo qualcuno vuole inspiegabili. Il moltiplicarsi delle denunce di leucemie, linfomi, tumori tra chi, militare o civile, ha in qualche modo a che fare con i poligoni sardi ha fatto scattare un allarme sanitario per una sospetta contaminazione che accomuna queste zone dell’isola a teatri di guerra come quelli del Golfo, dei Balcani e dell’Iraq”.
Il poligono di Perdasdefogu-Salto di Quirra è il più grande d’Europa. “Ma è soprattutto l’unico poligono al mondo dove pastori, allevatori e contadini convivono da oltre cinquant’anni con gli effetti di esercitazioni militari e test bellici e civili”.
Temi questi rimasti tabù, per decenni, in Sardegna. Ora, grazie anche al lavoro di tanti ambientalisti e giornalisti, il velo sembra essersi squarciato. La soluzione è comunque ancora lontana, complice una politica prona davanti ai poteri forti.
Porcedda e Brunetti raccontano di alcune voci dal coro. Come quella di Antonio Pili, oncologo ed ex sindaco di Villaputzu unico tra i primi cittadini a chiedere indagini su aborti, malformazioni e misteriose morti nelle greggi. Quando si è ripresentato al voto non è stato rieletto.
Le speranze ora sembrano essere rappresentate da Domenico Fiordalisi, procuratore a Lanusei, che continua le sue indagini, a dispetto di tutti:
http://lanuovasardegna.gelocal.it/
Grazie alla Nato, “la Sardegna rappresenta forse la più consistente delle deroghe alla sovranità nazionale”.
E le alte sfere delle forze armate – come racconta “Lo sa il vento” – si peoccupano più di non fare uscire notizie che della riduzione del danno.
A sapere queste cose non sono ora solo i venti che sferzano la Sardegna.
Ma anche chi leggerà questo interessante volume.
Ad maiora
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