Applausi per Francesca Comencini e Margherita Buy
Dal libro di Valeria Parrella un film sulla difficoltà delle attese
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da AMI agenzia multimediale italiana
Lo spazio bianco è quello che rimane dopo una frase, la sospensione in cui svaniscono le coordinate del discorso e la storia perde l’inerzia per proseguire. Lo spazio bianco è l’attesa, quella di Maria (Margherita Buy), single quarantenne in sosta nel mezzo di una vita senza centri di gravità. Lo spazio bianco sarà un’attesa più densa, quella ai piedi dell’incubatrice dentro la quale sua figlia, insperata, sta nascendo o morendo.
Le immagini traducono la metafora alla lettera, la fotografia precisa di Luca Bigazzi isola Maria nel bianco delle cortine e delle pareti nel reparto ospedaliero.
Lo sguardo intimista di Francesca Comencini stabilisce con la sua protagonista un rapporto partecipe; Margherita Buy è filmata attraverso diaframmi, sfocature in primo piano che rendono le immagini liriche avvolgendo e quasi proteggendo Maria dallo sguardo dello spettatore.
L’aspetto migliore de Lo spazio bianco è forse proprio nel rapporto di vicinanza che il film stabilisce con la protagonista; un personaggio incompiuto, irrealizzato, eppure affascinante, capace di spandere sugli altri personaggi sensualità e una bellezza luminosa pure se provata.
È ancora efficace la resa totalizzante della maternità che funziona nel film come una sorta di biologico minimo comune multiplo. Un terreno comune sul quale le donne costruiscono relazioni affettive trasversali alle differenze sociali e culturali (La giudice, la professoressa e la parrucchiera).
Meno riusciti invece, i tentativi di aumentare la portata della storia oltre la dimensione individuale. Come nella sequenza in cui alla giudice è sottratta l’inchiesta; il parallelo fra la bolla in cui vive la protagonista ed il muro di gomma contro il quale rimbalza anche la più tenace delle volontà è probabilmente un po’ troppo “scritto”.
Ivan Giordano
Da Venezia 2009-09-09
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