“La donna troverà una parte di ignoto!… Essa troverà cose strane,
insondabili, repellenti, deliziose; noi le prenderemo, le comprenderemo”.
(A.Rimbaud, dalla “Lettera a Paul Démeny)
di Francesca Santucci
L’attività di Pinina Podestà, artista siciliana schiva e riservata, che si muove, con grande inventiva ed abilità tecnica, tra atmosfere surrealiste, ma sempre in personale ed originale chiave interpretativa, abbraccia in sperimentazione totale l’Arte pittorica in generale, anche i murales e l’arte presepiale, ma soprattutto la pittura ad olio.
Nei suoi quadri ritroviamo figure in sospensione, paesaggi onirici, scorci reali o immaginari, contenuti dell’inconscio che, in fedeltà alla chiave interpretativa surrealista, che riteneva anche la pittura strumento d’indagine interiore, sono esplorati e poi portati a galla, reinterpretati in sembianze di oggetti figurativi deformati, capovolti, decontestualizzati, filtrati attraverso giochi di fantasia e suggestioni personali, giacché, come ricordava George Sand: “L’arte non è lo studio della realtà positiva, ma la ricerca della verità ideale”.
Nei quadri qui proposti
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Intima mea
. La mano che scrive vale
la mano per arare (A.Rimbaud)
. Il silenzio di Sophia L’enigma
(scelti invece di altri, fra i suoi tanti lavori, esclusivamente in predilezione di un discorso squisitamente al femminile), attingendo ai meandri più nascosti dell’inconscio, agli anfratti più reconditi del suo io, Pinina Podestà elabora, rielabora, crea secondo la propria sensibilità di Artista, ma anche secondo la peculiare sensibilità di donna, e restituisce immagini dalle valenze, appunto, specificatamente femminili.
Basti pensare al corpo di donna dal ventre ripieno del frutto, con le estremità troncate, in perfetto equilibrio, però rovesciato, nel quadro L’enigma, che l’interpretazione psicoanalitica potrebbe a briglia sciolta decifrare; oppure al gesto che invita al silenzio, silenzio che un tempo fu costrizione, obbligo per la donna, e che ora si pone come rivendicazione, di cui Pinina si rende in/consapevolmente interprete, giacché in un mondo ove troppo si parla (ed è messaggio antico, “Si tacuisses, philosophus mansisses”) sovente il silenzio diviene scelta di saggezza e di virtù.
O ancora in Intima mea, con la fronte solcata da rughe, l’espressione corrucciata, dallo sfondo buio emerge un volto di donna luminoso, d’un pallore quasi spettrale, che mostra una bocca che più bocca non è, ma, in mille petali dischiusa, ha assunto una carnosa forma di rosa (pure “oggetto” specifico femminile suscettibile di diversa interpretazione).
Come sempre accade ad ogni Vera opera dell’umano ingegno, nel momento in cui gli occhi del fruitore contempla la creazione essa si carica di significati soggettivi ed oggettivi, particolari e universali, in cui ciascuno ritrova proprie verità e verità assolute.
Nei quadri di Pinina possiamo leggere, pertanto, un immaginario certamente personale, ma anche il generale sotterraneo universo femminile, con i timori, le angosce, le perplessità, le necessità delle donne, che esprimono il loro disagio attraverso l’assenza e le mutilazioni (la parola taciuta nel quadro Il silenzio di Sophia, i piedi troncati in L’enigma, la bocca mancante in Intima mea, il resto del corpo invisibile in La mano che scrive vale la mano per arare, Artur Rimbaud), arrivando a percepire capovolta la loro parte più importante ed ambita, il corpo, fino a divenire solo volto corrucciato e, dopo aver invitato al silenzio, a ritrarsi sempre più in se stesse, quasi a scomparire, offrendo infine di sè solo una parte (ma quanto importante!), la mano.
La mano femminile (palesemente è di donna nel quadro La mano che scrive che vale la mano per arare, Artur Rimbaud), secolarmente abituata a blandire, accarezzare, consolare, ad essere dispensatrice d’amore e conforto, ad essere parte per gli altri e non parte per sé, nella rappresentazione di Pinina Podestà riconquista se stessa in un unico importante gesto.
L’atto dello scrivere diviene, allora, la rappresentazione simbolica della sua personale autorealizzazione come pittrice attraverso il segno lasciato sulla tela, ma, per estensione, rappresenta anche la traccia lasciata sulla realtà da tutte le donne che s’impongono, così, protagoniste.
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