udt - L’UOMO 
 DI TUTTI
dipinto di Luisa Caeroni

La piazza era gremita. Alcune bandiere distinguevano per la tinta il sindacato di appartenenza, ma orami ricomposte, non animavano più la manifestazione. L’oratore quasi invisibile perché troppo basso per il leggio che gli avevano preparato, si sgolava con i suoi dobbiamo, bisogna, imporremo al governo, i giovani non hanno lavoro, non possiamo accettare, gli operai chiedono, le famiglie non arrivano alla fine del mese, con tutta l’enfasi e la demagogia di cui era capace.
La gente si era assiepata per vari motivi: alcuni ci credevano e ascoltavano, altri cercavano tra la folla un viso amico; chi si trovava lì perché aveva programmato una passeggiata in centro città, vagava qua e là o chiacchierava. Myriam era tra questi ultimi e gironzolava rinvenendo visi conosciuti.
Il sole era benevolo in quella tarda giornata di ottobre e la luce tracciava le ombre del colonnato come in un quadro di De Chirico.
Nella parte scura del portico una persona seguiva i movimenti di Myriam. La donna accorgendosi di essere osservata, dapprima finse noncuranza, poi rivolse lo sguardo verso l’uomo semi nascosto che la stava guardando attentamente. Si sentì diventare di fuoco. Per poco un sasso che pavimentava la piazza non la fece ruzzolare. Si avvicinò, gli rivolse un semplice buongiorno. è tornato? L’uomo la beneficiò di un accattivante sorriso, sì per poco tempo. L’animazione del luogo e le parole tuonanti dell’oratore coprirono l’imbarazzo dei due. Poi lei disse, vado e lui, anch’io. Allora l’accompagno dove va? Da mia sorella. Facciamo la stessa strada, bene, e si incamminarono insieme. L’uomo la guardava di sottecchi soddisfatto; nel discorrere ritrovava l’adolescente di una volta. Lei non vedeva non sentiva era felice e basta. Sono tornato in Italia come ogni anno, sono qui già da dieci giorni ripartirò lunedì. Peccato disse lei, avrei potuto informarla su tanti fatti successi in questo lungo lasso di tempo e lei raccontarmi un po’ della sua vita. Oh se è per questo possiamo rivederci, replicò lui con entusiasmo, magari nel pomeriggio,. Poi guardando la sua interlocutrice disse, non la ricordavo così, alla luce del giorno i suoi occhi hanno un’espressione speciale. Myriam prese il complimento come un invito a nozze. Anche i suoi capelli non sono come una volta, continuò lui. No, non erano così, rispose la donna senza aggiungere altro. Peccato che mia sorella mi aspetti a pranzo, avremmo potuto restare in giro ancora un poco e magari mangiare qualcosa insieme. Si, peccato, ripeté Myriam come il gatto alla volpe e lo guardò stupefatta. I suoi occhi tradivano la gioia e la sorpresa. Lui continuò su questa piega: potremmo magari cenare fuori se non ha altri impegni. Il suo modo discreto era tipico di un uomo della sua condizione, atipica invece era la proposta. L’aspetto sulla Via Manzoni, davanti al negozio del fotografo, alle quindici.
Erano trascorsi più di vent’anni dal periodo delle loro frequentazioni e nessuno dei due poteva negare l’azione del tempo sul volto dell’altro, ma più incisiva era l’esperienza che i rispettivi soggetti potevano vantare o rinnegare o meglio ancora presentare su un piatto perché potessero offrire all’altro qualcosa di se.
Le loro affinità sperimentate in pochissime occasioni, negli anni in cui lei ancora adolescente e lui nell’esplosione della sua gioventù, erano state soffocate dalle disuguali condizioni di vita. Due strade che non si sarebbero mai potute incontrare. Il calore della loro consonanza emotiva si era disperso nel nulla.
Dove mi porta? Facciamo un giro panoramico, rispose Myriam, visto che vive a lungo lontano dalla nostra bella città, spero sia piacevole per lei se risaliamo la collina. Lui tacque per pochi secondi, poi sussurrò: in questo pomeriggio così luminoso, in giro per i colli della mia città. Non potrei desiderare di meglio. Il suo assenso rese felice Myriam che iniziò a parlare facendo domande a raffica. Lui rispondeva gioviale e mansueto. Raccontò del suo soggiorno in Sud America, poi della malattia che lo costrinse a trasferirsi. Lo mandarono a Montreal in una comunità di ragazzi tossicodipendenti: con loro e per loro ho sofferto molto, disse, poi spiegò con orgoglio che quelli che erano riusciti a cambiar vita lo invitavano al loro matrimonio. E ci devo andare anche se sono in capo al mondo. Ora faccio il consulente familiare quasi a tempo pieno.
Mentre lui parlava Myriam ripensava alla sua adolescenza, quando si recava in chiesa con svolazzanti gonne sopra il ginocchio, con lunghi capelli appena lisciati e con incedere ondeggiante per essere ammirata. Ben si ricordava quando passeggiando con le amiche decantava la bellezza di Don Saverio, la sua bravura nel predicare e altre esaltanti caratteristiche. Don Saverio era il nuovo curato, arrivato in Parrocchia in sostituzione di un sacerdote vecchio e ammalato. Il cambio era stato appagante per numerose parrocchiane, che non mancavano di occupare l’ala della chiesa davanti al suo confessionale. Le ragazzine accorrevano numerose all’oratorio per il giovane e affascinante curato e Myriam era del gruppo forse la più invaghita.
Poi don Saverio sparì dalla circolazione. Si seppe che era in missione nell’America Latina e che viveva povero tra i poveri. Le notizie che arrivavano in parrocchia erano che regalava il suo cibo a chi aveva più fame di lui e che era felice di quella vita, anche se l’aspetto era di un uomo sofferente.
Nel frattempo Myriam aveva condotto la macchina in un suggestivo posto di montagna. Scesero e si incamminarono per un comodo sentiero bitumato, completamente scoperto, che permetteva di girare lo sguardo a 360 gradi. L’autunno dava ai dossi ancora verdeggiante tocchi colorati laddove i larici cercavano con il loro ingiallire di suonare il ritmo dell’alternanza delle stagioni, contrastando il verde permanente degli abeti.
Si sedettero su una rozza panca di una baita disabitata. Erano imbarazzati.. Il verde che doveva riempire le loro anime di pace li immerse nella gioventù passata e nei ricordi.
Lui vedeva Myriam quando arrivava in chiesa e sapeva che sarebbe salita sul confessionale. Solo ora a distanza di tempo comprendeva con maggior chiarezza i sentimenti di allora: le sue smanie represse, la sua voglia di un amore che gli sarebbe stato sempre negato. Attendeva il momento della confessione della ragazza con desiderio e paura. Desiderava sentir il suo fiato attraverso quella grata che gli permetteva di intravvederne il viso, ma temeva le sue parole, le sue confidenze, di quando confessava di essere andata a ballare o che un ragazzo l’aveva baciata. Era geloso, le diceva, tu devi essere un fiorellino. Ricordava di averle anche chiesto di allacciarsi in vita, sotto gli indumenti, una cordicella con molti nodi per fare penitenza.
Poi, rimasto solo nel confessionale pregava; pregava Dio che lo allontanasse dalle tentazioni e lo rendesse degno di quel servizio sul quale aveva tanto investito.
Le piace questo posto? interloquì la donna distogliendolo dai suoi pensieri. Non potevi scegliere di meglio, rispose Saverio scegliendo il più confidenziale “tu”. Tornarono muti, le loro spalle si toccavano, come per stringersi da un freddo che in effetti non c’era.
Il loro silenzio permise di percepire il rumore del rivolo poco distante, quindi lei sussurrò: Senti come è dolce il gorgoglio del ruscello. A me piace stare vicino all’acqua che scorre, mi provoca una piacevole sensazione. Poi continuarono a parlarsi attraverso quel millenario linguaggio di due mani che si uniscono e si stringono convulsamente e non si resero conto che anche i loro corpi si erano appiccicati.
Mi piace stare vicino a te, mi provochi una dolce sensazione. Grazie, oggi mi sento per la prima volta un uomo come gli altri. Ben presto però i suoi occhi cambiarono luce. Guardò la donna con struggente tenerezza, poi rivolse lo sguardo di fronte a se e tacque. In quel momento Myriam si rese conto di quanto Saverio fosse affascinante. Il suo profilo non peccava in alcun tratto, ma la sua vera bellezza stava in quel cuore innocente che andava via via scoprendo. Dopo pochi minuti lui riprese a parlare bisbigliando, tanto che il mormorio dell’acqua non permetteva di udire bene tutte le parole. Parla più forte, disse Miryam, non sei in confessionale.
La dichiarazione “oggi mi sono sentito un uomo come gli altri” e i le sue parole sussurrate come in confessionale, la fecero riflettere.
Lungo la strada del ritorno non riuscirono a dire molto, solo alcune laconiche frasi e diversi sospiri. Non abbandonarono mai il contatto fisico: le loro mani erano sempre strette o delicatamente appoggiate sul ginocchio dell’altro L’avventura sollecitava l’istinto verso la trasgressione, ma entrambi non riuscivano ad immaginare dove sarebbero andati a parare.
E’ già tutto finito?, chiese la donna. No, tu sarai dentro di me per sempre.
Myriam entrò in chiesa, la messa era già incominciata. Il celebrante, con le braccia aperte, pronunciava con voce sicura le frasi di rito “Il Signore sia con voi” e l’assemblea dei fedeli rispondeva. Pregava la gente accorsa numerosa alla messa di don Saverio, ma una donna infondo alla chiesa, non una donna qualsiasi, guardava il celebrante estasiata. Con quei paramenti e con il sole che da un lucernario si ficcava devotamente sui bei capelli biondi, pareva una divinità.
Durante la funzione Myriam ebbe modo di vedere Saverio nella sua vera veste e si rese conto che in quell’uomo di “suo” ci poteva essere ben poco. Aveva nella borsa il biglietto con la sua fotografia sulla quale lui aveva scritto la sera prima “tuo forever” ma ora, mentre tutti i fedeli puntavano gli occhi sul celebrante che pregando alzava il calice verso il cielo, lei abbassò lo sguardo per nascondere le lacrime.
Da anni Myriam non entrava in una chiesa, ma ora tuffando lo sguardo nel niente rivolse a Dio il suo pensiero. “Quest’uomo può essere solo tuo, non posso competere con te. A me resterà il piacere di aver conosciuto il suo animo fanciullo; grazie per avermi dato questa opportunità”. Si erano incontrati per chissà quale disegno, ma le apparve chiaro che il suo sentimento era ben misera cosa e non poteva essere di ostacolo a quell’amore con la A maiuscola che lui sapeva distribuire intorno a se.
Quando le campane ripresero i loro rintocchi, come per lo sciamanesimo degli aborigeni australiani, seppero per telepatia che non ci sarebbe stato solo l’oceano a separarli.

Luisa Caeroni

 

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