complice - MANCIATE 
 DI SALE

IL SILENZIO COME PRINCIPIO DI TRASFORMAZIONE
di Niccolò Carosi

“Poesie come continui abbracci, che ora rintracciano e si fondono con il corpo amato, ora, nostalgiche, tornano su se stesse e si stringono nella continua mancanza dell’altro esprimendone il suo silenzio”

La via del silenzio è sempre stata prescelta da religiosi e mistici, ma anche da pensatori, filosofi, scienziati e umanisti.
Il silenzio è una possibilità del nostro comportamento; Maria Pia Sozzi sceglie di esserne complice per imparare ad ascoltarsi, per lasciar essere la sua poesia così come si è generata.
In una dimensione silenziosa, i benefici che si ottengono derivano soprattutto dalla contemplazione e accettazione di vissuti negativi che riescono ad emergere alla coscienza.
Entrare nel silenzio è molto più che contemplare, in quanto richiede uno sforzo attivo del corpo che si impegna in uno spazio simbolico creativo, non inquinato dalla logica che condiziona l’ordinario “pensare” in cui si sviluppa un principio di trasformazione.
In quest’ottica potremmo considerare la potenza del silenzio come ciò che consente di accedere a nuove dimore.
Quando diciamo che qualcosa è in potenza, vogliamo intendere che la sua forza è silenziosa, che qualcosa esercita la propria forza, la propria realtà, nel silenzio. Se leggiamo le poesie di Maria Pia Sozzi, troviamo una parola attraverso cui la potenza del silenzio si trasforma e diviene immagine.
I colori caldi che Maria Pia offre sono tenui, mai estremi: esprimono i tratti della sua persona, sempre pronta ad abbracciare l’altro, a condividere.
Sì, un elemento che emerge da questo scrivere, è il senso di condivisione, spiccato e connaturato nell’autrice.
Poesie come continui abbracci, che ora rintracciano e si fondono con il corpo amato, ora, nostalgiche, tornano su se stesse e si stringono nella continua mancanza dell’altro esprimendo il suo silenzio.
Un universo poetico pieno di stupore per ciò che a volte le nostre esistenze ci riservano, per tutti gli scalini che dobbiamo salire prima di poterci voltare e guardare con pacata serenità il panorama della nostra vita.
Le parole pizzicano corde semplici fino a sfiorare con disinvoltura l’ingenuità, ma non sono mai superficiali ed è proprio per questo, per una limpida e onesta profondità, che le pagine si lasciano leggere facilmente e altrettanto facilmente lasciano il segno.
Un segno che è espressività caratteriale con cui Maria Pia procede da tempo nella poesia; un segno mirabilmente sospeso tra la freschezza dell’immagine e la sobrietà della tradizione poetica. L’autrice crea dimensioni definite, composte, soventemente collocate tra una calibrata drammaticità e una discreta, quasi impercettibile sensualità; le sue figure sono profonde, frutto di acuta, matura introspezione, di una meditata ed incisiva analisi del rapporto, sicuramente non semplice, che lega Maria Pia al suo sentire.
Una poesia, questa, di “relazione”, compresenza di libertà e necessità, identità e differenza, dono e risposta e che irrompe tra le macerie delle nostre relazioni ferite come simultaneo, antinomico giudizio e liberazione della e dalla autoaffermazione dell’Io e delle sue proiezioni anche salvìfiche e redentive. Una parola che si posa nella pagina per confidarsi e alimentarsi della lettura emotiva che gli altri sapranno fare, senza inganni o macchinazioni, come del resto il silenzio ci invita a fare: in ascolto.

PRESENTAZIONE

30 novembre 2006 – ore 19.00
presso il complesso della Bocca della Verità
via della Greca, 4 – Roma

intervengono:
Italo Evangelisti
Fausta Genziana Le Piane
Raimondo Venturiello

coordina:
Niccolò Carosi

le letture sono affidate alle voci di:
Gabriella Quattrini
Mimma Marchisella

spazio musicale:
Gruppo Perseo

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4 dicembre 2006 – ore 17.00
in concomitanza con la
Mostra di acquerelli di Stefania Camilleri
“Poesie d’acqua”
Torretta di Ponte Milvio – Roma

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9 dicembre 2006 – ore 18.00
Palazzo dei Congressi – Roma – EUR
Mostra “Più Libri più Liberi”
sala Dino Campana

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Quando le parole
si perderanno
nel fiume della vita.
tu
pescatore di versi
getta la rete…
lancerò manciate di sale
farò del fiume oceano…
la tua rete
sarà leggio.

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L’ESCA

Hanno usato il tuo corpo
come superficie da calpestare
non prato verde
ma suolo grigio e polveroso.

La tua pelle color pesca
odorosa di cipria
ora è solo esca
per bocche affamate.

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SILENZIO SVESTITO

E lentamente scende la sera:
rivelatrice d’immagini,
umido passaggio del giorno.

Mentre m’avvio
al centro del silenzio
scopro le ansie
che sempre mi vestono.

Come nebbia m’accecano
ma subito mi svesto
dell’urlo solitario
intrappolato
nella gabbia di donna.

Con fatica cerco
luminosi spazi
nel buio della notte
per confortare
questo corpo
e la mente sua.

… per informazioni: Maria Pia Sozzi
http://www.mariapiasozzi.it
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