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un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità
di Tommaso Maria Patti
La speranza di Catania, città dell’anima
di Fausta Genziana Le Piane
Nel romanzo scritto da Tommaso Maria Patti e i ragazzi di “Addiopizzo Catania” (recentemente pubblicato per le Edizioni Eventualmente di Comiso (RG), non a caso in Sicilia), è la città di Catania a fare da splendida metafora della condizione esistenziale e sociale dei suoi abitanti.
Come scrisse Maupassant nel suo “Cronaca d’un viaggio in Sicilia”, “Quel che suscita, tuttavia, l’impressione profonda dell’Oriente, quando si mette piede in Sicilia, è il timbro della voce… (Maupassant, p.30) E allora tendiamo l’orecchio a questa voce così ricca e così dolce… perché la Sicilia “onora l’antichità tutta che si eleva in questo cielo antico, queste nobili memorie lasciate dai maestri e dei maestri” (Maupassant, p.51): oggi i Siciliani – i giovani Siciliani – , “nel cui sangue scorre qualcosa che non esiste più, l’amore e la devozione per il bello” (Maupassant, p.63), costruiscono un’isola nuova, fatta di consapevolezza, riscatto, ribellione e libertà.
Seguiamola in questo romanzo corale la voce di Catania, di questa sirena maliarda, di questa Arianna che ci porge un filo che passa per la fatica del cammino intrapreso dai giovani di Addiopizzo per percorrere la strada della legalità, proprio come faticosa è la salita di via di Sangiuliano, là in alto, dove però la salita sta per finire… (p. 30). Catania ha un aspetto grigio scuro, il grigio incrosta talvolta anche lo stato d’animo dei ragazzi; Catania cresce e diventa più matura, i ragazzi crescono e diventano adulti; Catania si
anima, i ragazzi si danno da fare; Catania pensa, i ragazzi riflettono; Catania è esausta, i ragazzi sono stanchi; Catania profuma tanto da addormentare, i ragazzi hanno mille dolcezze: l’onestà, la serietà, la lealtà…
Fin dalle parole di apertura: “Certe estati, a Catania, neanche la mattina presto si può respirare” (p. 21) la città diventa simbolo di una condizione che soffoca i suoi abitanti, quella del pizzo e della mafia. “Quelle giornate estive di caldo afoso e terribile che non davano tregua neanche all’alba (p. 27): loro sono come pitoni che stringono lentamente fino a soffocare” (p. 46).
Catania, ovunque Catania, ad ogni rigo del libro, e se da subito è identificata col caldo asfissiante, probabile metafora del malaffare, è anche collegata alla legalità: infatti è Villa Cerami, prestigioso edificio settecentesco e splendida sede della facoltà di giurisprudenza, uno dei primi siti a presentarsi sulla scena. Lì, appunto, si nutrono di dottrina della legalità alcuni di quei ragazzi che poi si impegnano sul campo.
In questo libro di costume Catania, oltre ad essere protagonista insieme ai suoi ragazzi, è evocata per il suo valore simbolico e concentra due aspetti: le attività e le passioni degli uomini, i vizi, la mancanza di lavoro per troppi giovani, i simboli della vita moderna, ma anche il patrimonio artistico inesauribile che possiede: i termini bellezza, magia e strega ricorrono moltissimo proprio perché fascinosa è la città, come ricco di fascino è il viaggio dei giovani protagonisti.
Catania è una fonte di poesia: “L’azzurro dello Jonio col contrasto del nero degli scogli lavici e il prevalente bianco delle cabine del lido creano una vista che definire suggestiva è poco. Credo che non se ne trovino molti nel resto d’Italia di lidi balneari caratterizzati da questa bellezza sfacciata: un lido di palafitte su acqua, scogli e qualche piccola gettata di cemento, che diventa un eccitante villaggio sul mare” (pp. 43-44).
La storia della letteratura offre molti esempi e modelli di città descritte con struggimento, evocate con amore e disperazione: dalla Londra dello sfruttamento minorile di Charles Dickens alla Roma di Alberto Moravia, dalla “cara, sporca Dublino” di Joyce e dei suoi personaggi, i “Dubliners” (Gente di Dublino) alla Parigi di Emile Zola e dei suoi abitanti degradati dall’alcool o di Balzac e dei suoi protagonisti avidi e ambiziosi, la Catania di Tommaso Patti e dei ragazzi di Addiopizzo non è né immaginaria, né trasfigurata, né sentita come un mondo a sé stante, ma è investita di una dimensione epica. Catania segna la scelta deliberata del presente, è il luogo d’elezione dell’intelligenza, propizio a tutti gli intrighi e a tutti i fantasmi. E’ il luogo dove si realizzano tutti i desideri. Se si rispetta Catania si rispetta se stessi, se si ha paura per Catania si ha paura per se stessi, se ci si lamenta di Catania ci si lamenta di se stessi, se si sveglia Catania si riacquista la propria dignità.
Per tutto il libro, la melodia musicale accompagna le riflessioni dei ragazzi di Addiopizzo, proprio perché la musica è il mezzo di comunicazione dei giovani: da “Per Elisa” a “Dammi tre parole”, da “Canzone del maggio” a “Nun te reggae più”, da “Beat it” di Michael Jackson a “Somewere over the rainbow”, la musica è il linguaggio universale che lega tutti i cuori.
Cos’è veramente la speranza?
“Per speranza intendo semplicemente il… sapere che c’è… il valutare un’alternativa, che esiste un altro modo. Questa alternativa è, se ci riferiamo esclusivamente e brutalmente all’aspetto del pizzo, la denuncia. Ma è anche il sapere come funzionano le cose in generale. Quindi per me l’informazione è speranza. E…non può esserci libertà senza informazione… libertà intesa come consapevolezza” (p. 176).
Fausta Genziana Le Piane
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