“Stai cercando te stessa tra la polvere e le stelle è questo lo spazio che hai a disposizione”, mi ripeteva il brusio dell’anima quando tentavo di abbracciare con sguardo affamato l’orizzonte e il dettaglio.
Pensavo alle cose marginali e a quelle importanti come la vita, prepotente che ci passa sopra senza chiederci il permesso senza una direzione precisa e ci cammina dentro senza appartenerci, passi che non imparano da altri passi e non ricalcano vecchie impronte.
Abbiamo l’agilità di acrobati in bilico su fili tesi tra l’io e l’universale, di giocolieri che lanciano birilli nel cielo.
Esiste una rete tra il cielo e la terra che ci raccoglie?
Spesso è identità confusa il nostro essere, difficile scegliere tra forma e contenuto tra passato e presente. Non ci delimita una linea continua ma tanti minuscoli punti che formano la curva della vita.
Dov’è che ricerchiamo l’origine tra l’interruzione o la continuità?
Qualsiasi momento risulta incompleto tutto ciò che scorre è inaccessibile, fermiamo frammenti di immagini senza poterli duplicare vivendo schegge di tempo con pupille che catturano lampi attraverso squarci tra rughe sempre più strette.
È folle desiderio rubare un momento alla morte? E immobilizzarla.
Risplendere un istante e poi morire? Essere nel rumore del vento che sferza il larice o nella stella che risplende per un istante.
Dov’è la terra e dove sono le radici? E quando le perdiamo che ci resta?
La terra è sempre gravida: ha urgenza di procreare altri germogli nati già saturi di nostalgia dono per noi mendicanti dell’ultimo respiro di cielo.
Con occhi colmi di passaggi e assetati di brina, irroriamo la terra con gemme di sale liquide e amare come un male atavico reflusso d’amore, talvolta inespresso, che ci induce a sentirci ancora vivi.
Nella polvere e tra le stelle.30/4/2007 – Maria Vittoria Catapano (poetessa)
Commenti