di Marcello Benfante
Mary Poppins è una creatura aerea. Il che, tuttavia, non la fa appartenere al cielo più di quanto non appartenga al sottosuolo.
È il Vento dell’Est a portarla nel romanzo d’esordio. Forse lo stesso vento foriero di trasformazioni che avverte Sherlock Holmes in chiusura del racconto “Il suo ultimo saluto”.
Anche in “Mary Poppins ritorna” (Mary Poppins Comes Back, 1936) l’indecifrabile governante entra in scena dall’alto, come un deus ex machina.
A trascinarla giù sembrerebbe l’aquilone dei piccoli Banks, Michele e Giovanna, rimasto impigliato tra le nuvole sopra gli ordinatissimi giardini pubblici.
Ma le cose non stanno proprio così. Mary Poppins ha preso il posto dell’aquilone, si è sostituita ad esso per mezzo di una magica metamorfosi.
Non c’era più traccia dell’aquilone verde e giallo, ma al suo posto si agitava una figura che sembrava a un tempo strana e nota, una figura che portava un abito blu con bottoni d’argento e un cappello di paglia guarnito di margherite.
La discensione di Mary Poppins comporta una vera e propria sovversione delle convenzioni categoriche e delle verità inoppugnabili, che è poi il tema centrale e il fil-rouge del romanzo. Paracadutandosi, Mary ha infranto un ordine sublunare. E infatti il Guardiano del Parco, dopo un attimo di stupore, le intima severamente di fermarsi.
Io devo far rapporto su tutto questo. È contrario ai Regolamenti. Cadere dal cielo in questo modo! E da dove, vorrei sapere, da dove?
Già: da dove proviene Mary Poppins? Qual è la scaturigine di questa figlia – o madre – del vento e delle stelle? Qualcosa in proposito la Travers ha la bontà di suggerirci, senza però mai concedere una vera anagrafe.
Soffermiamoci intanto sul fatto che il fiscale Guardiano è il primo a introdurre il leitmotiv delle domande, vero e proprio tormentone del secondo episodio delle avventure di Mary Poppins. Vuole sapere da dove arrivi quello strano personaggio che somiglia a una “bambola olandese”. Stupisce che non si chieda come abbia fatto. Evidentemente, il Guardiano è un personaggio che può permettersi un interrogativo alla volta.
L’enigma però resta. E si può anche esprimere in questi termini più generali: Mary Poppins è forse un’apparizione angelica, ossia, con le immortali parole di Dante, “cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare”?
O invece è un essere di più inquietante origine che possiede le proprietà aviatorie delle streghe?
Ma la domanda in fondo è oziosa. Mary Poppins è un’eroina sui generis, temibile e al tempo stesso adorabile.
D’altronde lei stessa si ostina a negare, con sospetta perentorietà, i suoi prodigi.
Del suo meraviglioso atterraggio smentisce ogni cosa (“All’estremità di un filo? Come una scimmia o una trottola?”) confutando perfino l’evidenza dei fatti.
Ma i fatti non esistono, o almeno non sono unilateralmente interpretabili (ed è questo, come si accennava prima, il cuore argomentativo e se vogliamo il messaggio educativo del romanzo).
Poiché Michele Banks osa insistere sulla sua versione, Mary Poppins si palesa in modi inequivocabilmente stregoneschi.
Mary Poppins, nella collera, sembrava avere raddoppiato le sue dimensioni abituali.
Volteggiava nella sua camicia da notte sopra di lui, immensa e furiosa, in attesa di una risposta.
Dunque Mary Poppins, per respingere la testimonianza del suo arrivo aereo, si mette a volare in modo minaccioso, gonfiandosi come una mongolfiera!
E non è la sola incongruenza del suo sconcertante modus operandi. Qui si presenta la natura ossimorica di Mary Poppins, il suo essere materna e terribile, iraconda ma anche dolce, rancorosa e sollecita, narcisista e altruista, intimidatoria quanto rassicurante.
Ma la contraddizione, torniamo a dire, è la qualità fondamentale della vita. Eppure, ci vediamo costretti, noi fedeli lettori, a confermare quanto i piccoli Banks hanno visto e detto, a ciò autorizzati dal testo.
Dietro la porta, a un gancio, era appeso il cappotto di Mary Poppins, con i bottoni d’argento che brillavano nella fioca luce del lumino da notte. E, pendente dalla tasca, c’era una fila di frange di carta, le frange di un aquilone verde e giallo.
È l’indizio irrefutabile che nella transustanziazione è rimasto un residuo, una specie di scoria alchemica. E d’altra parte, che Mary Poppins sia un personaggio dotato di poteri sovrannaturali è fuori discussione. Basterà vedere in che modo si sbarazza dell’ex governante di Mr. Giorgio Banks, l’arrogante e dispotica signorina Eufemia Andrew, altrimenti detta “Sacrosanto Spauracchio”.
E con ciò entriamo nel vivo della questione che vogliamo trattare.
Eufemia Andrew annuncia con un telegramma la propria venuta in casa Banks, dove intende trasferirsi per un mese intero. Nessuno l’ha invitata, e Mr. Banks addirittura si dilegua per non accoglierla. Non possiamo dargli torto. L’ex governante è una vera “arpia” di aspetto e modi sgradevolissimi. Arriva (via terra) su un taxi stracarico di bagagli e subito comincia a tiranneggiare, a imporre la sua prepotente e capricciosa volontà su tutti e tutto. Il suo metodo è racchiuso in un motto sinistro e ostile: “Zolfo e melassa”. E quest’accenno a virtù sulferee la dice lunga sulla statuto diabolico di questa odiosa figura.
A conferma di ciò la vediamo posare sul pavimento un “misteroso oggetto rotondo”, accingendosi a fare un’ispezione dello stato, a suo dire, cadente e indecente della casa dei signori Banks.
L’enigmatico oggetto si rivela “una gabbietta di ottone” dentro cui è imprigionato (da due anni) “un uccellino color nocciola” che Mary Poppins si affretta a liberare. Si tratta di un’Allodola. Proprio così, con la A maiuscola. Che sia un’allodola, anzi un’Allodola, non è particolare di poco conto, a intendersi di simboli.
Ritenuta fin dall’antichità un intermediario tra l’umano e il divino, l’allodola era l’emblema di Artemide. Creatura sacra e messaggero augurale presso i Galli, l’allodola fu poi considerata annunciatrice della primavera, ossia della rinascita o resurrezione del creato (a cui nel libro della Travers è dedicato un episodio decisivo e rivelatore). Per cui l’allodola è divenuta anche un simbolo della cristianità, un’immagine della levitazione dei santi e della stessa ascensione di Cristo.
È questo significato alto e religioso che la Travers ha inteso conferire alla sua Allodola? Forse. Proprio come Mary Poppins, la sua creatrice non dà mai spiegazioni e tiene “per sé i suoi pensieri”.
Sappiamo però che la perfida Eufemia ha dato al povero uccellino il nome altisonante di Caruso e la tiene in gabbia con la maligna intenzione di godere del suo canto.
L’Allodola è quindi la Bellezza imprigionata, l’Arte asservita. Resta da capire chi sia il suo aguzzino, il “Sacrosanto Spauracchio”.
Un altro indizio potrebbe indicarci una soluzione. Quando la signorina Andrew si avvede che Caruso è stato liberato e ha preso il volo prorompe in una raffica stizzita di domande: “Perché? Dov’è? Quando? Che cosa? Chi? balbettò”.
Si tratta delle convenzionali cinque domande su cui si basa, secondo una ben nota regola del giornalismo anglosassone, la stesura di un esauriente articolo di cronaca.
Versione moderna delle “loci argumentorum” del mondo classico, le cinque domande delimiterebbero quindi l’ambito di una corretta esposizione oggettiva, sottraendola pertanto alla soggettività dell’opinione e della rappresentazione letteraria. Insomma, l’atto spregevole di ridurre in cattività l’uccello canterino può dirsi un’allegoria del mettere in gabbia le idee e le espressioni artistiche. Mary Poppins ribalta questa situazione, vendicando la crudele clausura dell’Allodola e anche la propria suscettibilità ferita (la Andrew ha osato mettere in discussione la sua competenza professionale l’ha perfino definita una “ragazza”).
Mary Poppins fissò i suoi occhi sulla signorina Andrew e questa, improvvisamente, sotto il fascino di quello sguardo strano e profondo, cominciò a tremare sulle gambe. Emise un piccolo sospiro, vacillò in avanti e con terribile violenza urtò contro la gabbia. Era la signorina Andrew che diventava più piccola o la gabbia che si ingrandiva? Giovanna e Michele non potevano dirlo con sicurezza. Certo è che lo sportello della gabbia, con un piccolo clic, si richiuse sulla signorina Andrew.
Anche la gabbia, nonostante la pesante zavorra del mascolino donnone dagli enormi piedi, si alza da terra. Lo spirito positivo, che avrebbe preteso d’essere saldamente ancorato alla realtà dei fatti, si dimostra volatile e incapace di evadere dalla trappola in cui è caduto.
Non si tratta solo di una critica della superficialità del giornalismo, che la Travers d’altronde praticò esordendo giovanissima su “un noto quotidiano australiano”, come ha narrato in un suo racconto intitolato “Ah Wong”, nome del cuoco cinese della sua infanzia. Ma è anche un rifiuto di ogni pensiero dogmatico e a senso unico.
Per capire questo punto cruciale della filosofia della Travers occorre esaminare l’episodio in cui Mary Poppins si reca, insieme ai piccoli Banks, a trovare il cugino Sotto, specialista in accomodamenti e riparazioni d’ogni genere.
Arturo Sotto è un tipo piuttosto bizzarro, non tanto perché “per mestiere aggiustava le cose”, quanto perché il secondo lunedì di ogni mese è puntualmente soggetto a una serie di incontrollabili stramberie. Benché aggiusti tutto (eccetto le promesse rotte) il signor Sotto abita in una “piccola costruzione cadente”. Alla domestica che ha aperto la porta, una certa Tartina, Mary Poppins chiede se il cugino è in casa. La risposta è spiazzante: “Può essere e può non essere. Tutto dipende dal modo in cui voi lo guardate”.
Il principio di non contraddizione sembrerebbe venire meno. lo stesso Arturo risponde dall’interno della sua stanza di essere “fuori”. Accade infatti che quel giorno è il Secondo Lunedì del mese e che quindi tutto vada all’incontrario. Per cui avendo egli desiderio di rimanere in casa, una forza misteriosa e invincibile lo ha sollevato da terra e sospeso in aria oltre la finestra. Gli incovenienti di tale situazione sono molteplici, come spiega lo sconsolato signor Sotto:
Se cerco di salire, mi accade invece di scendere. Voglio voltare a destra ed ecco che volto a sinistra. E non mi dirigo mai a ponente senza trovarmi immediatamente a levante.
Tutto ciò deriva da un disguido originario, dal fatto che la madre di Arturo desiderava una bambina e invece in un dispettoso secondo lunedì del mese partorì un maschietto: “Così andò tutto di traverso fin dal principio, dal giorno in cui nacqui”. Si spiega così lo scombussolamento mestruale (“tutto il mio essere subisce un’alterazione”) che mensilmente affligge e sconvolge il povero Sotto.
Occorre però vedere il lato buono delle cose. Per esempio, prendere il tè a testa in giù si rivela un’esperienza inebriante che coinvolge e diverte tutti. La signorina Tartina, sconvolta e conquistata da tale “deliziosa sensazione”, arriva perfino all’entusiastica considerazione “che la sola maniera giusta di vivere è sottosopra”. In una quasi totale assenza di gravità tutti piroettano liberamente e felicemente nell’aria come palloni che rimbalzano (ritroveremo i palloni in un altro episodio). Solo il Postino, cioè ancora una volta l’ordine statuale, sopraggiunto a recapitare una lettera, trova che la situazione sia pazzesca e inaccettabile. Vorrebbe addirittura avvertire la Polizia o il Direttore Generale per far ristabilire l’ordine. Coinvolto da Tartina nella giocosa sarabanda, si sottrae e rimpiange la sua vita tranquilla e domestica; confuso e disorientato, ha una sfilza di domande angosciose da fare:
Aiuto, aiuto! Dove sono? Chi sono? Cosa sono? Non mi ci raccapezzo più. Sono perduto.
Tutti gli altri (eccetto ovviamente Mary Poppins) sembrano invece aver trovato delle risposte e avere finalmente compreso la propria identità. E tutta la città, così capovolta, assume ai loro occhi rovesciati per la prima volta un senso di intelligibile partecipazione.
Il capitolo ha un happy end: scopriamo che la signorina Tartina ha un cognome fatidico: Sopra. Cosicché sarà naturale e necessario che il Sotto e il Sopra si uniscano in un perfetto matrimonio. Il sotto e il sopra sono opposti complementari che si integrano e completano a vicenda, come gli Yin e Yang dell’antica filosofia cinese. E sono il modo in cui la Travers afferma un principio di relatività e ambivalenza del reale. È la lezione che Michele apprende nientemeno che dal Sole, dopo lo spettacolo del circo celeste, dove Mary Poppins ha condotto, in forma di stella, i suoi protetti nella sua sera libera.
Cosa è vero e cosa non lo è? Puoi dirmelo tu, oppure io a te? Forse non non sapremo mai più di questo: che credere una data cosa è renderla vera.
Che sia il Sole (auro simbolo di verità) a esprimere questa visione del mondo e della vita non è casuale, perché essa rappresenta una vera e propria rivoluzione copernicana. La verità appare indecidibile senza il concorso della volontà. Cioè in qualche modo della forza inverante delle illusioni. Il teorema, per così definirlo, non vale soltanto per i massimi sistemi, ma anche per le piccole faccende quotidiane. I ragazzi scopriranno così, seguendo Mary Poppins che fa compere per conto della signora Banks, che il resto della spesa può o esserci o no (“Ce n’è e non ce n’è”), non tanto per una questione economica di parsimonia e oculatezza nell’uso del denaro, quanto invece per opzioni d’investimento, ancorché minimali. Scopriranno in particolare che i tragitti non sono obbligati (“Non c’è un modo soltanto di traversare il Parco, ce ne sono diversi”) e che grazie alla Donna dei Palloni si può spiccare un fantastico volo nel segno del proprio nome, come una agnizione.
Questo volo battesimale prepara il pirotecnico finale del romanzo. Nel frattempo è tornata primavera. Tutto si rinnova nel ciclo eterno della natura. Mary Poppins ha portato a compimento le sue imprese ed ora si accinge a ripartire. Verso dove? Inutile chiederselo. Ciò che conta è vivere intensamente la propria vita, senza porsi superflui interrogativi, come spiega Mary Poppins a Michele: “Siamo alla vigilia di un’avventura. Non sciuparla con domande inutili!”.
Così com’è venuta planando dall’alto, ora Mary Poppins se ne andrà volando verso l’alto. E attraverso un’altra metamorfosi. La giostra in cui ha preso posto, in groppa al cavallino Caramella, si innalza nel cielo, rotando vorticosamente come una specie di disco volante. Ancora una volta il Guardiano del Parco obietterà che ciò non è conforme al Regolamento e minaccerà di fare intervenire la Legge.
La giostra è però destinata a divenire una nuova stella del firmamento.
Cercandola e scrutandola col cannocchiale del marito, la signora Banks esclama: “Dov’è questa stella? Ah, eccola! Splendida la più lucente del cielo! Vorrei sapere da dove è venuta!”.
Ennesima inutile questione di fronte all’imperscrutabile mistero che sovrasta la terra eternamente:
per sempre, per sempre, per sempre!
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