ma parlare di femminicidio è tabù

L’Italia è ancora un paese di uomini che odiano le donne. Un posto in cui esistono ancora uomini che non concepiscono altro mezzo per rapportarsi e socializzare con le donne, che non sia la violenza, in tutte le sue declinazioni.
In Italia muore “d’amore” una donna ogni due giorni. Dall’inizio del 2012 Telefono Rosa ne ha contate più di cento, morte in contesti di violenza domestica, o comunque uccise dal proprio partner, marito, amante o ex. Secondo il rapporto 2011, addirittura l’87% delle donne che hanno chiesto aiuto all’associazione hanno subito violenza non da parte di estranei ma da coloro che ritenevano “i loro cari”.
Anche secondo i dati dell’Istat, il tasso degli omicidi che avvengono in ambito familiare o sentimentale è in sensibile aumento: arriva ormai a superare il 70% rispetto al numero totale delle donne vittime di omicidio all’anno.
Considerata l’entità di questo doloroso fenomeno, l’Italia è un paese che a stento può ancora pretendere di dirsi “civile”.
Ma il problema della violenza di genere trascende i confini nazionali, perché a ben guardare l’omicidio è la prima causa di morte delle donne nel resto d’Europa e nel mondo. Non sono quindi gli incidenti stradali, non sono le malattie come i tumori, o l’AIDS, a sterminare le donne. Non è la fame, ma l’omicidio.
Nonostante lo sgomento determinato da questi dati, parlare di autentico femminicidio in Italia è ancora un tabù. Ma in presenza di numeri così importanti non si può, e non si deve più prescindere dal dire ad alta voce che si tratta di violenze perpetrate dagli uomini sulle donne in una prospettiva di genere. Riconoscere il femminicidio come odioso fenomeno antisociale significa avere il coraggio di chiamare finalmente le cose con il proprio nome e prendere atto della realtà, per quanto triste e drammatica: nel 2012 la donna viene ancora uccisa “in quanto donna”.
La mancanza di questo riconoscimento non farà che aggravare la condizione delle potenziali vittime di queste violenze, perché sottovalutare la connotazione di genere di questi atti, contribuirà a confinare coloro che li subiscono nella solitudine del silenzio. E il silenzio omertoso nel quale si consumano è la linfa da cui queste atrocità traggono incessante nutrimento.
In moltissimi casi le donne vittime di femminicidio hanno in precedenza subìto ripetute violenze fisiche e psicologiche, economiche, sessuali, o sono state vittime di mobbing e stalking. E questi atti, nella maggioranza dei casi, non vengono neanche denunciati.
Le donne non sono il “sesso debole”. Sono il “sesso” ignorato, abbandonato, umiliato, mortificato e vilipeso in primis dallo Stato e dalle istituzioni. Fino a quando saranno discriminate dalle leggi, dai giudici, dalla società, dal mercato, le donne vivranno in una condizione di estrema precarietà, in uno stato di minus habentes che le renderà vulnerabili, come bersagli troppo facili.
La condizione di inferiorità nelle relazioni sociali, familiari o lavorative che siano, è il terreno fertile che dà vita alla violenza di genere. Ed è questo infelice status sociale delle donne a fare sentire gli uomini, soprattutto quelli coinvolti in una relazione più stretta nei loro confronti, nel pieno diritto di discriminarle, maltrattarle, violarle e addirittura ucciderle.
Il femminicidio è quindi in primis un problema sociale che lo Stato non deve esclusivamente investigare e reprimere penalmente. Compito delle istituzioni deve essere quello di porre le condizioni necessarie affinché le pari opportunità siano garantite in maniera effettiva ed efficace, in modo tale da consentire il raggiungimento di un equilibrio stabile nelle relazioni sociali tra uomo e donna.
In Italia l’ultima vittima di questa catena atroce di violenze è la giovane Carmela Petrucci, di soli diciassette anni. E’ stata brutalmente uccisa nell’androne del palazzo in cui abitava a Palermo, mentre tentava disperatamente di difendere sua sorella, anche lei vittima di violenza da parte dell’ex fidanzato, un giovane di ventidue anni.
Per ricordare Carmela e chiedere un intervento concreto sul femminicidio è stato organizzato dal Coordinamento antiviolenza 21 luglio un sit-in di protesta (in programma per oggi alle 17.00) a Piazza Politeama, nel cuore del capoluogo siciliano. (Astrid N. Maragò – 20 ottobre 2012)

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