La storia: «Io perseguitata dai miei genitori»
Questa ragazza libica innamorata dello sport e della libertà è stata malmenata e perseguitata dai suoi genitori e dal suo clan solo perché si era permessa di indossare dei normali pantaloncini durante una gara.
di Pierluigi Battista
Dicono che sia un gran talento dell’atletica leggera, ma se si parla di lei, di Najla Akdeir la cui storia è stata raccontata sulle pagine del nostro giornale, è perché questa ragazza libica innamorata dello sport e della libertà è stata malmenata e perseguitata dai suoi genitori e dal suo clan solo perché si era permessa di indossare dei normali pantaloncini durante una gara. Ora lei insiste: con l’atletica e con i pantaloncini. Resiste, sfida le botte e i fanatici, una famiglia di energumeni che sfoga attraverso i precetti religiosi i propri istinti violenti e di sopraffazione. Bisognerebbe segnarsi il nome di questa donna coraggiosa e fiera: Najla Akdeir, una bandiera di tutte le donne che vivono nell’oppressione e sono dimenticate da tutti noi, ipersensibili sui diritti umani da salvaguardare qui, ipersilenziosi sui diritti delle donne e degli uomini colpevoli solo di essere nati nel posto sbagliato, dove regna la sopraffazione nel silenzio complice del mondo…
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