di Francesca Santucci

Fu l’evangelista Luca a riferire estesamente le vicende della nascita di Gesù, con i dettagli che poi sempre hanno accompagnato la tradizione popolare, fissandosi nel “presepio”: la stalla, la mangiatoia, i pastori, gli angeli.
E fu Dionigi il Piccolo, nel VI secolo, a stabilire nel 754 dall’origine di Roma la data di nascita di Gesù; quest’anno divenne, così, il primo dell’era cristiana e base della numerazione in vigore ancora oggi in quasi tutto il mondo.
Successive indagini hanno poi rilevato che Dionigi commise un errore di calcolo; la data di nascita di Gesù va anticipata di 7 anni.
Nei primissimi tempi la grande festa cristiana che celebra la nascita del Redentore, il 25 dicembre, proprio per la discordanza di calcolo non veniva celebrata ovunque nello stesso giorno. Gli Orientali festeggiavano la “Teofania” il 6 gennaio, commemorando insieme la venuta di Cristo sulla terra e la rivelazione della sua divinità ai Magi.
Si suole pensare che sia stato Papa Telesforo, intorno all’anno 138, ad istituire la festa liturgica del Natale, ma è più probabile che sia entrata in uso quando sorse la Chiesa, perché i fedeli ricordassero il mistero dell’amore divino, ma fu Papa Giulio I, nel IV secolo, a fissare la data del 25 dicembre, data a cui si risalì con certezza dopo le approfondite ricerche che fece fare negli archivi dell’Impero, custoditi in Roma.
Dal VI secolo fu permesso ai sacerdoti di celebrare non più solo la messa nella ricorrenza del Natale (uso praticato già nel IV secolo), ma tre funzioni: la prima, della notte; la seconda dell’aurora; la terza del giorno.
Nel Medioevo per rendere più solenne la festa, si officiavano anche i “misteri”, rappresentazioni drammatiche di scene tratte dalla storia sacra, che duravano diversi giorni e venivano recitate nelle piazze, nei chiostri e nelle chiese. In quell’epoca il popolo cantava i “Natali”, brevi commossi cantici che ricordavano i canti dei pastori per la nascita di Gesù.
Ai giorni nostri, in quasi tutti i paesi cattolici, fra i costumi natalizi sopravvissuti restano la Messa di Mezzanotte ed il Presepio (dal termine latino “prae”, innanzi e “saepes”, recinto), che ricorda simbolicamente la nascita del Redentore; la tradizione attribuisce a San Francesco d’Assisi la prima ricostruzione scenica dell’evento, ma sembra che il primo presepio sia comparso a Napoli, nel 1025, nella cappella di Santa Maria al Presepe.
Non vi è stato pittore di quadri sacri, non vi è stato poeta, romanziere o drammaturgo che non abbia sentito il bisogno di esprimersi e comporre su questo tema della più elevata ispirazione: la nascita del Cristo Redentore!

IL PRESEPE NAPOLETANO DEL BANCO DI NAPOLI

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Antichissima è la rappresentazione scenica del misterioso evento della nascita del Bambin Gesù, addirittura risalente all’arte cristiana delle catacombe ed effigiata sui sarcofagi sin dal IV secolo, continuata poi nel tempo per tutto il Medioevo, fino al famoso presepe di Greccio voluto da San Francesco, e un po’ in tutta Italia; particolare, però, fino ad assumere carattere e dignità di vera e propria arte è la tradizione presepiale napoletana, di cui si ha notizia a partire dal 1205, che ebbe il suo trionfo nel ‘700,per merito di quel grande mecenate che fu Carlo III di Borbone, sovrano a cui si deve la splendida fioritura culturale ed artistica del tempo.
Fu a partire dal XV secolo che s’imposero i figurarum sculptores, specializzati nelle sacre rappresentazioni in chiese e cappelle napoletane, ai quali, poi, si affiancarono artisti famosi che crearono i pastori artistici, stupende statuine in legno o in ceramica,in stucco o in creta, vestite di poveri panni o di preziosi broccati, considerate veri e propri capolavori.
Questi artisti, attivi soprattutto a Napoli (dove ha sempre trionfato l’arte presepiale in rappresentazione festosa come il suo popolo), devoti ed interpreti dello spirito religioso e del misticismo della Natività, affiancarono sempre alle sacre figure una galleria di personaggi umili e popolari come l’arrotino, la castagnara, il pezzente, lo storpio, la zingara, il bettoliere, la lavandaia..

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.. in fondo i veri destinatari del messaggio cristiano.
Esempio superbo dell’arte presepiale napoletana è il presepe del Banco di Napoli, esposto presso la Cappella Reale dell’Appartamento storico di Palazzo Reale.
Realizzato secondo i moduli tipici della tradizione settecentesca napoletana, in commistione tra sacro e profano, pur rappresentando personaggi e scene tipiche popolari, è ispirato alle pagine del Vangelo, e, dunque, è essenzialmente rappresentazione religiosa, però, mentre le statuine di ispirazione popolare ed orientale sono prettamente di stampo realistico, quelle dei personaggi religiosi, cioè la Natività e gli angeli, sono maggiormente idealizzate.
Collocata tra i ruderi di un tempio profano, secondo i dettami settecenteschi, la scena della Natività vuole allegoricamente rappresentare il trionfo della spiritualità sul materialismo, del cristianesimo sul paganesimo.
Ai piedi del Bambin Gesù, coronata da una schiera di angeli e puttini, nella cosiddetta scena della “Gloria”, nella posizione genuflessa dell’atto di adorazione, troviamo il re giovane (probabile opera di Salvatore Franco, a cui è attribuita anche la statuina del “Circasso”, uno degli orientali presenti nella scena della fontana ), il re vecchio (dello scultore e architetto Francesco Viva, che la creò nel 1797) e l’umile zampognaro; nella scena dell’Annuncio abbiamo una folla di personaggi e animali pure attribuiti ad illustri artisti che operarono a Napoli tra il ‘700 e l ‘800, quali il Sammartino, il Celebrano, il Viva e il Franco.
Anche nella scena della Taverna è visibile il genio di due grandi artisti: dei due pastori seduti a tavola, e volgarmente denominati “sciacquanti”, la donna è opera del Sammartino e l’uomo è stato attribuito al suo allievo Gori.
Presenza frequente nei presepi è quella del Vesuvio, che anche qui compare e s’intravede in uno scorcio tra un passaggio nelle montagne, sul lato sinistro della taverna. Lungo il passaggio una coppia di ricchi contadini, la donna con un realistico cesto di frutta sul mulo e l’uomo a piedi, si avviano con i loro doni verso la Natività.
Tra gli altri personaggi presenti in questo splendido presepe ritroviamo figure tipiche della vita popolare napoletana, come l’arrotino, il pescivendolo e la castagnara, attribuiti rispettivamente al Franco, al Cappiello e al Mosca.
Insomma, questo presepe è davvero un piccolo capolavoro, scultoreo e pittorico nel contempo, e chiunque lo ammiri non può che restare affascinato dal suo valore artistico e dalle suggestioni poetiche che emana, che restituiscono intatte, a credenti e non, l’incanto del Natale e il mistero del sacro evento della nascità di Gesù.

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