di Elena Intra
[Traduzione a cura di Elena Intra dall’articolo originale di Emma Heywood pubblicato su The Conversation]
Mariama ha 23 anni. All’età di 15 anni, l’hanno fatta sposare con un leader religioso locale che aveva il doppio della sua età. Ora ha due bambini, è diventata una seconda moglie e sta a casa a fare “niente”. Il suo sogno d’infanzia di diventare dottoressa è svanito molti anni fa.
Non è la sola. Le donne in Niger subiscono diffuse disuguaglianze di genere e le spose bambine sono una consuetudine. Il matrimonio di minori è regolato dal codice civile, con un’età minima prevista di 18 anni per i ragazzi e 15 anni per le ragazze, ma nella pratica le tradizioni culturali e sociali sono ancora predominanti.
Molte donne hanno solo una conoscenza frammentaria dei propri diritti legali, molte non sanno con certezza quale sia l’età legale prevista per il consenso o non conoscono le differenze tra matrimoni ufficiali, tradizionali o consuetudinari. Non hanno potere nè voce nella società e sono escluse dal processo decisionale. Anche la poligamia è comune e legale, e il Niger presenta il più alto tasso di fertilità del mondo, con 7,2 parti per donna.
Molte delle persone intervistate nel corso della mia ricerca sul campo sembrano accettare la situazione. Come Mariama, e la sua co-intervistata Amina, hanno concordato: “È meglio essere una seconda o terza moglie piuttosto che non sposarsi affatto. Finché il marito riesce a gestirla, la poligamia può funzionare bene – permette a tutte le donne di sposarsi “. Il matrimonio forzato è ancora diffuso, e mentre molte spose possono scegliere i propri futuri mariti, sono comunque i loro padri ad avere l’ultima parola. Per quanto avanzata possa essere la loro vita professionale, le mogli sono quindi soggette alla volontà dei mariti.
Tuttavia, per quanto dominato dagli uomini, in Niger le donne svolgono ancora un ruolo importante nella società. Gestiscono le proprie famiglie, organizzano la vita quotidiana in casa e molte dirigono piccole imprese. Se possiedono una fonte di energia elettrica e un frigorifero, possono vendere succhi congelati, sufficienti a fornire un reddito necessario, anche se scarso.
Quello che molte di loro non hanno è una fonte affidabile di informazioni. L’elettricità è accessibile solo per il 15% della popolazione, escludendo così l’uso di TV e computer. Internet non copre gran parte del Paese, quindi sono disponibili poche informazioni anche da questo punto di vista. E anche se i computer e Internet fossero ampiamente disponibili, il tasso di alfabetizzazione del 15% del Paese rappresenterebbe ancora un ostacolo. Più della metà delle ragazze non completa la scuola elementare. Ciò rende difficile anche scrivere un semplice messaggio con il cellulare. Le donne e tutta la popolazione dipendono quindi dalla radio per ottenere informazioni.
Come parte di un team dell’Università di Sheffield, ho svolto ricerche riguardo l’impatto della radio sull’empowerment femminile in Niger. La ricerca si basa su una serie di workshop sullo scambio di conoscenze tenutesi nella capitale, Niamey, e focus group e interviste effettuati nel corso di un anno che hanno coinvolto ascoltatori, organizzazioni della società civile, leader della comunità e stazioni radio. Il nostro lavoro è ancora agli inizi, ma i risultati sono già significativi. Le persone coinvolte stanno contribuendo a modellare e migliorare la produzione radio – la principale fonte di informazioni a disposizione della popolazione – e a dare voce a gruppi emarginati e isolati nella società, promuovendo allo stesso tempo la democrazia.
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