Così il Tribunale di Treviso, sentenza 8 gennaio 2019
Il caso. Nel 2017 un uomo proponeva, dinanzi al Tribunale di Treviso, un ricorso volto ad ottenere lo scioglimento del matrimonio celebrato in Venezuela, in regime patrimoniale di separazione dei beni. Dall’unione non erano nati figli. Il ricorrente riferiva che la moglie viveva in Italia, era laureata e si era dimessa volontariamente dall’azienda per la quale lavorava e, successivamente, anche da un’altra attività lavorativa che il marito le aveva procurato come segretaria presso la stessa azienda che dava lavoro all’uomo. Pertanto, chiedeva che venisse pronunciato lo scioglimento del vincolo matrimoniale e che non fosse disposto a suo carico la corresponsione di un assegno divorzile in favore della donna. La signora, dal suo canto, affermava di aver seguito il marito in Italia e di aver lasciato il proprio lavoro successivamente al matrimonio, in accordo col ricorrente, e che si era licenziata dall’impiego come segretaria -scelta condivisa col marito- in quanto le mansioni assegnatele non erano soddisfacenti. Deduceva, poi, la difficoltà di reperire un lavoro nonostante il suo impegno, in quanto non conosceva bene la lingua italiana. La donna, in definitiva, sosteneva che era stato sempre il marito a chiederle di seguirlo nei suoi spostamenti lavorativi e che avrebbe provveduto lui al suo mantenimento. Pertanto, aderiva alla richiesta di pronuncia dello scioglimento del matrimonio ma si opponeva a quella di escludere l’obbligo per l’uomo di versarle l’assegno mensile, sostenendo che il coniuge avesse una maggiore capacità economica.
All’udienza presidenziale, il Presidente confermava le condizioni previste in sede di separazione, prevedendo la corresponsione di un assegno mensile a favore della donna. Il giudice istruttore si riservava di riferire al Collegio. La domanda di accertamento negativo della sussistenza dell’obbligo di versamento dell’assegno divorzile formulata dall’uomo è stata ritenuta fondata e accolta.
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