di Lidia Are Caverni

Segnato dal silenzio
non avresti che poche cose
da dire
dissanguato ti lasciano
parole che dicevano ore
pallori di meriggi
consumati in una tazza
di thè
sole ti restano attese
di presenze che non verranno

Rustiche pareti indicano
ricoveri dove si passa
una notte
aspettando di proseguire
cammini
devastate da lune che dissipano raggi
incuranti della tua nudità

I nomi che tacciono
perdute stelle
mai possedute
se non per indicarle
con i pallidi telescopi
degli occhi
non le ritrovi
nella notte senza luna
se non per rimpiangerle

Curva sul tuo cappello
si è posata la luna
un po’ di mago
un po’ di bohemien
ne approfitti per tacere
chi sei
preferendo velarti
di mistero

Ora ti sorridono gli occhi
molto hai sognato
di luoghi lontani
assaporate acque di fontane
e di pianti
mescolati sudori e mattini
sosti e stai aspettando
di partire

Assetato di follia
non porteresti con te
che le consuete banalità
sono le da cui
si può uscire
zavorre che ti faranno
tornare

Assaporare le acque
del sogno
non potrai che dire vado
infinite ti giungono malie
di stelle lontane
che non ritrovi più qui
mascherate di indifferenza

Lo stretto corpetto
rivela l’ombelico del mondo
attorno a cui credi
di ruotare
senza voltarti indietro

Solo un luogo ti è noto
che riscopri nei luoghi
che trovi
e non sei mai partito
punto che lanciato ritorna
boomerang di te stesso.

Lidia Are Caverni
Scheda biobibliografica
*Cfr. L. Are Caverni, Odisseo Notturno. Prefazione di L. Benassi, Edizioni Orizzonti Meridionali, Cosenza 2016. (ndr)

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