di Fausta Genziana Le Piane

Quali e quanti miracoli può fare l’amore? Difficile dirlo. Ma è senza ombra di dubbio a questo forte sentimento che dobbiamo la conoscenza di un artista così complesso come Vincent van Gogh.
Sua cognata, Johanna van Gogh-Bonger, – la moglie dell’amato fratello Theo – rimasta, dopo po-chissimi anni di matrimonio, vedova con un figlio piccolissimo con lo stesso nome dello zio, Vincent Willem, si cimenta nell’ardua impresa di raccogliere e archiviare tutta la corrispondenza, spesso non datata, e tutta l’opera del cognato.
La donna, intenta a non lasciarsi andare e a continuare a coltivare anche senza il marito il suo spirito, è dilaniata fra il tempo che sente di dover dedicare al servizio del genio scomparso e il tempo che la sua vocazione materna le impone di consacrare al figlio: Oltre alla cura del bambino, Theo mi ha lasciato un altro compito, l’opera di Vincent: devo farla apprezzare il più possibile, devo preservare inviolati per il bambino i tesori che Theo e Vincent hanno raccolto (Da una lettera, p. 81).
Con forza propugna e sostiene l’esposizione di quadri di van Gogh in gallerie e città come testimo-nia la biografia da lei scritta dal titolo Vincent van Gogh apparsa nel 1914 come prefazione alla prima edizione delle lettere del cognato.
Tutti coloro che vengono a contatto con Van Gogh, parenti, amici, colleghi, ne riconoscano imme-diatamente il genio indiscusso.
La vita del pittore è narrata nei minimi particolari, nel bene e nel male, a cominciare dalle origini della famiglia per proseguire e seguire Vincent in tutti i suoi spostamenti, in tutti i suoi infelici amo-ri, in tutti i suoi continui tentennamenti nel tentativo di cercare lo scopo della sua vita.
Riservato, eccentrico, Vincent stacca completamente da ogni formalità, da ogni convenzione, da ogni pratica religiosa e si rifiuta di conformarsi al modo di vita altrui, ma progredisce nel lavoro, è infaticabile, disegna con zelo, lavora con entusiasmo. Ma si avvicinano tempi difficili e alla speran-za di vedere riconosciuto tanto lavoro seguono solitudine, malinconia, incapacità a stringere rela-zioni amorose durevoli.
Dopo i soggiorni a Nuenen, ad Anversa, Vincent approda a Parigi dal fratello Theo in via Lepic, 54. Qui incontra Delacroix, suo maestro e dipinge ciò che vede dalla finestra del suo studio. Con la primavera, la situazione migliora, Vincent lavora all’aperto e si reca spesso ad Asnières, dove crea lo splendido trittico L’Isle de la grande Jatte.
Passato l’entusiasmo, la vita a casa è pressoché insopportabile e Vincent si trasferisce ad Arles: la vita della grande città lo esaspera e non gradisce il suo clima troppo freddo.
Ad Arles Vincent raggiunge il culmine della sua arte: l’amore per la natura, la terra ospitale di Pro-venza, i colori accesi lo nutrono ed ecco i capolavori: Girasoli, Notte stellata, Il Seminatore, Il mare a Saintes-Maries. Nasce la prospettiva del progetto di un soggiorno di Paul Gauguin ad Arles ma l’esperienza si rivela catastrofica. I diversi caratteri, la sorda lotta tra i due e le lunghe discussioni sfociano nell’atto violento di Vincent di tagliarsi un pezzettino d’orecchio. D’ora in poi la vita di Van Gogh precipita. Viene ricoverato in ospedale e il pittore Paul Signac è l’unico artista che va a visitare Vincent mentre è ancora degente in ospedale. Dimesso, gli attacchi nervosi non cessano. Torna in ospedale: Soffrire senza lamentarsi è la sola lezione che dobbiamo imparare dalla vita, afferma. Il dottore consiglia una casa di cura di Saint-Rémy nei pressi di Arles dove rimane un anno: dipinge ancora ma non è più la pittura trionfante, assoluta di Arles. Si avverte un tono più profondo e triste: la Pietà, la Resurrezione di Lazzaro e Il Buon Samaritano, le Quatre heures du jour. L’ultimo soggiorno è a Auvers-sur-Oise, a un’ora di treno da Parigi. Vi abita il dottor Gachet che in gioventù è stato amico di Pisarro, di Cézanne e di altri impressionisti colà vissuti: dipinge il ritratto del dottor Gachet che subito prova per Vincent una profonda simpatia: Più ci penso, più mi convinco che Vincent era un gigante. Non passa giorno che non guardi i suoi quadri. E ogni volta vi trovo una nuova idea, qualcosa di diverso… Ripenso al pittore e mi appare un colosso. Inoltre, era un filosofo (p. 67).
A Auvers-sur-Oise, il pittore dispone di nuovo di modelli e il paesaggio collinoso con campi in de-clivio e i tetti di paglia del villaggio gli piacciono.
La sera del 27 luglio del 1874, Vincent si tira un colpo di rivoltella: Giungono molti fiori e corone. Il dottor Gachet è il primo a portare un grosso fascio di girasoli perché Vincent li amava tanto. Ri-posa in un punto assolato in mezzo ai campi di grano (…) (p. 71).
E’ consigliabile integrare la lettura di questa appassionata e commovente biografia con la visione del film di Vincente Mannelli del 1956 intitolato Brama di vivere.

genio - PER 
 AMORE DI UN GENIO

Kirk Douglas interpreta magistralmente la parte di Van Gogh e Antony Quinn altrettanto magistralmente quella di Gauguin rendendo drammaticamente evidenti e vivaci i caratteri: impetuoso e passionale quello del primo e razionale e freddo quello dell’altro.

Fausta Genziana Le Piane

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