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 LO STALKING BASTA LA PAURA, NON E' NECESSARIA LA PATOLOGIA
Per configurare lo stalking basta turbare la serenità della vittima anche senza un danno psicologico conclamato.

Per far scattare lo stalking è sufficiente che il comportamento maniacale del persecutore sia in grado di turbare la serenità e l’equilibrio psicologico della persona offesa, costretta a cambiare abitudini di vita. È quanto chiarito dalla Cassazione con una sentenza di questa mattina [1].
Non sono quindi necessari certificati medici per provare il patema d’animo sofferto dalla vittima o una vera e propria malattia conclamata: per ottenere la condanna dello stalker è sufficiente la sussistenza del grave e perdurante stato di turbamento emotivo. A tal fine basta quindi “che gli atti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità dell’equilibrio psicologico; per cui assumono rilevanza tanto le dichiarazioni della persona offesa, quanto le sue condotte, conseguenti e successive all’operato dell’agente”.

La vicenda
La Corte ha ritenuto responsabile di stalking un uomo per aver reiteratamente molestato una donna, provocando in lei un perdurante stato d’ansia e di paura e uno stress prolungato, tanto da costringerla ad assumere antidepressivi oltre che a cambiare le proprie abitudini di vita trasferendosi addirittura in un’altra casa, modificando il proprio percorso per raggiungere il posto di lavoro e facendosi accompagnare da terze persone.

Le prove
Quanto al turbamento dello stato emotivo della vittima in questione, oltre alle sue testimonianze, sono state ritenute valide quelle del marito e del medico di base che ha certificato e testimoniato come la donna manifestava sintomi di una sindrome ansiosa e depressiva che le impediva di dormire e riposare.

I fatti
Inoltre, ha ulteriormente precisato la Cassazione, non si richiede che il capo di imputazione rechi la precisa indicazione del luogo e della data di ogni singolo episodio nel quale si sia concretizzato il compimento di atti persecutori; è sufficiente a consentire un’adeguata difesa la descrizione in sequenza dei comportamenti tenuti, la loro collocazione temporale di massima e gli effetti derivatine alla persona offesa. In pratica, la vittima di stalking non deve ricordare i comportamenti vessatori perpetrati nei suoi confronti nei minimi particolari. Non deve cioè fornire spiegazioni dettagliate sull’ora e il luogo in cui questi episodi si sono verificati.
Nel caso concreto i giudici di merito avevano ritenuto sufficiente la denuncia della vittima delle ripetute minacce e molestie subite in conseguenza delle quali era stata costretta a rivolgersi a uno psicologo e ad assumere psicofarmaci per contrastare lo stato di ansia e depressione che l’affliggeva. La difesa dello stalker, peraltro, aveva eccepito come il soggetto avesse dei disturbi della personalità che non erano stati correttamente valutati dai giudici. Sul punto la Cassazione ha precisato che l’imputato, in funzione anche, di una ctu espletata alcuni anni prima era affetto da un disturbo di personalità paranoidea e dal morbo di Crohn. I giudici di merito – nonostante la commissione tecnica di Padova avesse riconosciuto un’invalidità civile pari all’80% – non hanno ravvisato nell’imputato la mancanza della capacità di intendere e di volere. Ipotesi questa che si sarebbe verificata se la personalità dell’indagato fosse sfociata in un atteggiamento di tipo psicotico e solo in questo caso si sarebbe potuto mettere in discussione la capacità di intendere e volere dello stalker.

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