Machiavelli nel Principe scrive: ”li uomini sdimenticano più presto la morte del padre che la perdita del patrimonio”. C’entra qualcosa con la disdetta della cittadinanza milanese al Dalai Lama in cambio della partecipazione della Cina all’Expò? C’entra e come. Quando ci sono di mezzo i danè, non solo si dimentica la morte del padre, ma gli ideali, e soprattutto i proclami giovanili e dell’età matura sulla solidarietà ai popoli che soffrono per l’oppressione dei prepotenti, la perdita della libertà e della loro stessa identità. I cinesi, scuotono il salvadanaio, pieno di dollari, sterline ed euro, come ammonimento a chi osa occuparsi di loro e delle loro porcherie politiche. Qualcuno mantiene la barra della dignità diritta. Altri, rinunciano alle loro posizioni, anche se annunciate solennemente, come ha fatto Pisapia, in nome del realismo politico, che in questo caso si chiama affari e danè dell’Expò. Il problema ci convolge tutti, a cominciare dal governo, che tace e non chiama l’ambasciatore cinese per consegnare una civile protesta.
Non è una bella pagina quella scritta nell’occasione dal sindaco del comune di Milano, che pure ha una grande tradizione di accoglienza e solidarietà, segnate dai comportamenti e dalle opere dei grandi sindaci socialisti, da Caldara a Greppi. Facile, caro Giuliano, la retorica internazionalista esibita nei comizi e nelle sedi di partito. Più difficile mantenere le posizioni tante volte esibite, in nome degli interessi dell’Expò, di fronte all’arroganza del denaro dei Cinesi.
Elio Veltri
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