di Maddalena Rispoli
Caro Platone
dalle donne, grazie.
In verità, si chiama Aristocle come il nonno ma il maestro di ginnastica vedendolo di corporatura solida lo ribattezza Platone da plàtos, ampio. Nasce ad Egina o Atene nel 427a.C. il sette di Targellione corrispondente a maggio-giugno cosicché può festeggiare il suo genetliaco insieme ad Apollo. I suoi natali vantano illustri progenitori da parte del padre Aristone che proclamava una discendenza dall’ultimo re di Atene: Codro mentre la madre Perictione era imparentata con Solone. Una famiglia davvero illustre, allietata oltre che da lui anche dai fratelli Glaucone e Adimanto e dalla sorella Potone che a sua volta aveva partorito Speusippo, nipote-discepolo e successore del filosofo all’Academia. L’incontro con il maestro Cratilo lo conduce alla filosofia eraclitea finché a venti anni ha il privilegio di conoscere un grande:Socrate. La famiglia navigava nella politica ed era rappresentata da Crizia e Carmenide, appartenenti al circolo socratico,rappresentanti del governo dei trenta Tiranni. E’ una parentela molto stretta poiché la mamma, rimasta vedova era passata in seconde nozze con lo zio Pirilampe per cui Crizia era cugino della madre e Carmide fratello della stessa. Pirilampe di forte fede democratica era unito a Pericle da una salda amicizia. In tutto ciò, Platone è però restio alla politica, pur respirandola a pieni polmoni, ed osserva senza prenderne parte attiva il nuovo governo democratico che è, peraltro, responsabile della morte del Maestro Socrate processato nel 399 a.C.
Platone parte per Megara dove deve incontrare Euclide e quindi si reca a Cirene, città in cui vive il matematico Teodoro. Forse veleggia anche verso l’Egitto e l’Italia, di sicuro nel 388 a. C. sbarca in Sicilia e viene ricevuto alla corte di Dionisio il Vecchio però istaura pessimi rapporti con il Signore di Siracusa. Nel 387 torna ad Atene, fonda l’Academia e si dedica alla scrittura. Intanto in Sicilia avvengono mutamenti: nel 367 a. c. muore Dionisio il Vecchio lasciando al potere Dionisio II il Giovane; l’amico Dione lo invita per prendersi cura del giovane ma i gravi contrasti sorti tra Dionisio e Dione, conducono quest’ultimo alla tristezza dell’esilio. Il filosofo torna ad Atene nel 365 a. C. e qui sarà raggiunto dall’amico Dione per amore del quale veleggia di nuovo verso Siracusa al fine di perorare la causa del caro amico. Grosso fiasco con litigata generale che si conclude con la prigionia di Platone, liberato grazie all’intervento di Archita di Taranto. Nel 360 a.C. transita per Olimpia e cerca di dissuadere l’amico Dione dal far guerra a Dionisio; invano poiché l’amico si impadronisce di Siracusa ma trova la morte in una congiura ordita da Callippo, discepolo di Platone. A questo punto il Maestro pianterà radici ad Atene ed ivi morirà nel 347 a.C.
Per uno che di politica non ne voleva sapere è una vita davvero avventurosa e densa di eventi legati in larga parte all’arte diplomatica. Le opere del Maestro sono tante ed ancora oggi fanno discutere aprendo interpretazioni legate ai vari filoni di pensiero soprattutto mi sembra che ciò avvenga con un suo capolavoro: la “Repubblica” non solo perché è un punto fermo del pensiero classico ma anche in quanto ispirazione delle utopie politiche che nel corso dei secoli hanno visto avvicendarsi personaggi i quali ispirati dalle parole del filosofo hanno segnato la storia, in molti casi dolorosamente, poiché la coercizione ha tentato di far divenire reale ciò che era solo ideale. Lo sguardo di Platone si volge ai cittadini i quali devono essere modellati e ripuliti dall’io personale in quanto renderebbero la società imperfetta e conflittuale. Particolare attenzione deve essere rivolta ai bimbi i quali, strappati dalla tutela dei genitori che sono semplici produttori di figli, devono essere affidati allo Stato affinché l’allevamento sia in comune secondo obiettivi e ruoli prefissati. La memoria ci riporta il nome di un certo Hitler che aveva statalizzato i bambini considerandoli piccoli robot allevati nella più bieca obbedienza oppure quello dei “I figli dei fiori” o hippy che nella loro comune confondevano le figure genitoriali talché i bambini alla fine, forse, pensavano che ognuno di loro avesse una molteplicità di padri e madri. Naturalmente ciò non era bene. Ma chi può stabilire quale sia il Bene, quali siano i canoni pedagogici cui obbedire e questi dettati da chi? Presto detto: filosofi e sapienti, i quali sono in grado di distinguere quale sia il Bene o il Male per lo Stato che diviene imperfetto quando subisce la disgregazione, una sorta di cancro che assale il corpo vivo della città ideale trascinandola in un baratro le cui conseguenze sono fatali. E proibire è lecito? Certamente ed in varia misura, per regolare bene l’esistenza dei cittadini i quali devono avere nell’anima soltanto l’ideologia di Stato ed a tal proposito poeti e musicisti sarà bene che prendano la via dell’esilio poiché apportatori di distrazione mentale e intellettuale nociva alla comunione sociale quasi una sorta di virus che ammalerebbe il singolo di individualismo rinnegando così la comunione. Punire chi sbaglia? Sicuramente si e con molta severità perché lo Stato sia perfetto ed ogni atto del cittadino dovrà uniformarsi alla piena visibilità del suo agire rifuggendo l’appartarsi, persino in casa. Rapida la memoria ci fa rivivere i giorni nostri sferzati da “il grande fratello” che spia ogni attimo della giornata di individui rinchiusi in un contenitore, le telecamere che lungo le vie cittadine analizzano ogni nostro movimento , l’autovelox pronto a immortalarci nell’errore. Certamente la finalità è il Bene ma il mezzo strappa alla persona il suo essere individuo che non può opporsi a questa sorta di coercizione divenendo soggetto passivo. E’ la stessa passività che induce la persona a dichiarare molto di se stesso per essere schedato ed ottenere una tessera(valida per alcuni sconti)che spierà la spesa di ogni singolo avventore, l’occhio indagatore non risparmia quando per indagini di mercato vengono effettuate da uno sconosciuto che indaga al telefono sui dati personali cui nessuno dovrebbe rispondere. La nostra vita, oggi, è regolata da schede da riempire, tessere da esibire, ordini cui obbedire, documenti in quantitativo abnorme ma vi siamo talmente abituati che non vi facciamo più caso anzi abbiamo ceduto una fetta della nostra libertà di essere umano pensando che nello scambio il Bene trionferà. Però continuamente un occhio ci sorveglia dall’alto.
Ancora oggi Platone si legge con grande interesse e l’analisi della sua opera propone differenti critiche. Io, da parte mia, gli riconosco il grande merito di essere stato il primo a sostenere l’uguaglianza tra uomo e donna, e ciò quando quest’ultima era considerata meno che zero. E’ interessante quanto osserva il filosofo: le capacità delle donne sono diverse da quelle degli uomini non per natura ma per quantità. Traduciamo un passo tratto dalla Repubblica:” Allora, amico mio, non esiste alcuna funzione cittadina riservata alla donna in quanto donna o all’uomo in quanto uomo, ma la natura correttamente tra i due sessi ha ripartito le attitudini affinché la donna, secondo la sua natura, possa affrontare tutte le stesse incombenze svolte dall’uomo, soltanto in queste la donna si mostra meno forte dell’uomo.” Essendo quindi alla pari l’educazione deve essere paritaria per entrambi. “E dunque, a proposito della preparazione femminile rivolta alla conservazione dello Stato, non si può impostare una educazione al maschile e una al femminile soprattutto perché dobbiamo considerare che la natura è la medesima per entrambi.” E bravo Platone
Maddalena Rispoli
Commenti