Sta facendo parlare di sé il progetto di marketing etico “SfruttaZero”, avviato nell’estate 2016 dall’impegno di giovani italiani e stranieri con la collaborazione di tre associazioni che operano nel Meridione: Diritti a Sud, Solidaria e Osservatorio Migranti Basilicata. L’obiettivo, lodevole, è produrre salse a base di pomodoro per contrastare il triste fenomeno dell’impiego di manodopera sottopagata in agricoltura, un tema su cui si sta concentrando l’interesse dell’opinione pubblica mondiale.
L’idea dei giovani è stata selezionata tra le “100 storie che cambiano il mondo” per l’Impact Journalism Day 2018, iniziativa globale organizzata da Sparknews – comunità di giornalisti e imprenditori sociali – per il prossimo 16 giugno, quando i progetti ritenuti più virtuosi saranno diffusi da 50 giornali in tutto il mondo.
Il Corriere della Sera, intanto, si è già portato avanti. L’ultimo numero dell’inserto “Buone Notizie-L’impresa del bene”, pubblicato martedì 12 giugno, ha infatti dedicato l’immagine di copertina e un articolo a SfruttaZero, raccontando per filo e per segno questa case history che ha cominciato a muovere i primi passi in Puglia, territorio molto sensibile al caporalato.
I terreni, coltivati in affitto, sono situati a Nardò (Lecce) e Bari. “L’idea – come spiega Rosa Vaglio, portavoce di Diritti a Sud – è nata nel ghetto di Nardò, dove vivevano centinaia di migranti ammassati in una baraccopoli degradata, ma l’iniziativa non è partita solo per combattere lo sfruttamento degli stranieri. Vogliamo dignità per tutti, anche per i giovani, oppressi dalla disoccupazione che attanaglia tutto il Meridione”.
Così, in questa terza stagione, Sfrutta Zero dovrebbe riuscire a produrre più di 20mila vasetti di salse di pomodoro, distribuiti soprattutto in Italia attraverso la rete di Fuorimercato, i Gruppi d’acquisto solidale e la partecipazione a fiere, ma anche in Paesi esteri come Germania, Francia e Austria.
I packaging presentano uno spiccato potere evocativo e comunicativo. Uno dei formati, ad esempio, prevede l’illustrazione in etichetta dei volti dei lavoratori – sia italiani che stranieri – che partecipano alla produzione. “La salsa -conclude Vaglio- per noi ha un elevato valore simbolico, di incontro fra i popoli e perciò cerchiamo di produrla in maniera genuina, abbiamo fatto dei corsi di agricoltura naturale e non usiamo prodotti chimici”.
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