Consulta delle Donne di Wanda Montanelli

La premiazione il 10 agosto

Il riconoscimento di eccellenza della Consulta Provinciale Femminile, dedicato ad una carriera femminile che abbia anche apportato il proprio contributo nel sociale

ens - PREMIO 
 PORTO VENERE DONNA
 A BARBARA ENSOLI

Porto Venere (La Spezia), 8 agosto 2011 – IL PREMIO Porto Venere Donna, riconoscimento di eccellenza della Consulta Provinciale Femminile, dedicato ad una carriera femminile che abbia anche apportato il proprio contributo nel sociale, esce quest’anno dalla rosa di premiate appartenenti al mondo dello show business.
“Sentiamo la mancanza di Marisa Sergi e Anna Bruzzone — ha detto la presidente della Consulta Barbara Canese —, che sono mancate a pochi mesi di distanza l’una dall’altra. Quest’anno, dopo Carmen Lasorella, Lella Costa, Milena Gabanelli, premiamo una grande ricercatrice, laureata in medicina, chirurgia e specializzata in immunologia: Barbara Ensoli. Per noi, uscire dal mondo dello spettacolo è un po’ come rendere omaggio a queste persone”.
Si apre nel ricordo questa edizione 2011, con il ringraziamento al Comune di Porto Venere, che ospita il Premio da 16 anni, alla Provincia della Spezia, che da 16 anni lo sostiene, a Oreste Valente, che da 16 anni ne cura la direzione. “Il Premio, che ha ottenuto il patrocinio dal Ministro Carfagna per le pari opportunità, dalla Regione Liguria e dalla Consigliera Regionale di Parità — spiega Valente — da quest’anno è inserito in un Festival di più ampio respiro: Cartolina dal Golfo – idee di cultura in movimento. Il nuovo progetto nasce dalla sinergia stretta con l’assessore provinciale Paola Sisti ed ha travalicato la regione: abbiamo una serie di appuntamenti, presentati con scadenza a maggio, in sette diversi comuni. Il Premio Porto Venere Donna verrà conferito a Barbara Ensoli il 10 agosto in piazza San Pietro e per questaoccasione opereremo una spettacolarizzazione dei temi medici, leggendo parti del giuramento di Ippocrate e brani degli studi su un bacillo della Ensoli. Ci saranno sul palco Loredana D’Anghera e i ragazzi del mio seminario di formazione; intervisterà la dottoressa Ensoli Alessandro Galavotti, redattore capo della Liguria di Ansa Mare”.
Come da tradizione, il premio è una creazione dell’artista spezzino Francesco Vaccarone. Quest’anno si tratta di una scultura in marmo, ispirata alla Nike di Samotracia, quasi una polena, simboleggiante, nelle parole di Vaccarone, la «donna apripista. Una donna che deve indossare una maschera, come dobbiamo fare tutti noi, per apparire. Una maschera che dura da secoli». Una machera, che, anticamente aveva il significato di ‘voce’. “E in sedici anni — conclude la Canese — speriamo di averla fatta sentire, questa voce”.
Per la logistica: ci sarà da Passeggiata Morin un battello che alle 20 porterà a Porto Venere. (Melania Sebastiani)
http://www.lanazione.it

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Aids, funziona il vaccino della Ensoli
“Pazienti tornati alla normalità”

I risultati dei test effettuati su 87 malati che comunque assumono farmaci. E’ lo studio avviato, fra molte polemiche, nel 2009. La ricercatrice: “L’uso della proteina Tat in combinazione con i farmaci migliora significativamente le alterazioni del sistema immunitario”
di MAURIZIO PAGANELLI

Polemiche sul vaccino Ensoli ma il problema ora sono i fondi

ROMA – Il vaccino italiano anti-Aids di Barbara Ensoli (Istituto Superiore di Sanità) funziona e induce risposte immunitarie che riportano alla normalità i pazienti con infezione da Hiv trattati con terapia antiretrovirale. Sono questi i risultati, appena pubblicati sulla rivista scientifica PlosOne, dei test effettuati su 87 malati che stanno comunque prendendo i farmaci. Si tratta dello studio di fase II avviato tra molte polemiche nel 2009, quando furono fatti i primi arruolamenti di volontari per la sperimentazione in undici centri clinici italiani.
“I risultati pubblicati su PlosOne dimostrano chiaramente che valeva la pena di esplorare le potenzialità del vaccino Tat e ci danno ragione degli sforzi compiuti – ha dichiarato il presidente dell’Iss, Enrico Garaci – la dimostrazione del miglioramento dei parametri immunologici nei pazienti vaccinati trattati con terapia antiretrovirale rappresenta una tappa importante”.
I risultati, a 48 settimane dalla prima vaccinazione (in due diversi dosaggi, 7,5 mgr o 30 mgr con 3 o 5 somministrazioni intradermiche) segnalano che oltre che sicura, la proteina Tat svolge un ruolo chiave nel generare risposte immunitarie spercifiche anticorpali e cellulari e riduce significativamente le alterazioni del sistema immunitario indotte dall’infezione Hiv e che, in genere, persistono con i farmaci antiretrovirali. Dai risultati sembra che proprio i pazienti più immunocompomessi abbiano maggiore giovamento. I pazienti vaccinati presentano un aumento significativo non solo delle cellule T CD4 ma anche dei linfociti B – entrambe cellule più colpite dal virus.
“Questi risultati ottenuti con la collaborazione degli undici centri clinici coinvolti – ha detto soddisfatta Barbara Ensoli – indicano che la vaccinazione terapeutica con la proteina Tat, in combinazione con i farmaci, migliora significativamente il recupero del sistema immunitario dei pazienti”. Ora si allargherà il numero dei pazienti coinvolti (da 128 a 160) e, in futuro, si dovrà verificare se la vaccinazione funziona da sola ed è sostitutiva della terapia farmacologica. Per ora non si può dire.
Tutti i volontari, in questa sperimentazione, sono stati seguiti anche da un punto di vista psicologico da apposite equipe. “E’ forse uno dei rarissimi casi di rispetto dei pazienti: sia quelli esclusi che quelli arruolati sono stati supportati”, sottolineano sia la Ensoli che Alessandro Poto di Arcigay che ha seguito tutta la fase di arruolamento per la sperimentazione in fase II.
I centri clinici coinvolti sono: Policlinico di Modena, Ospedale Amedeo di savoia di Torino, San Raffaele e Sacco di Milano, Spedali Civili di Brescia, San Gerardo di Monza, Sant’Anna di Ferrara, S. M. Annunziata di Firenze, San Gallicano di Roma, Santa Maria Goretti di Latina, Policlinico di Bari.
Le info ufficiali sul vaccino tat sono reperibili sul sito dell’Istituto superiore di sanità oppure al numero verde 800861061 che dal 12 novembre è disponibile dalle ore 10 alle 18 e non solo dalle 13.
(12 novembre 2010)
http://www.repubblica.it

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La denuncia di Barbara Ensoli
Aids choc. La denuncia di Barbara Ensoli ad Affari: “Siamo noi che infettiamo le prostitute”

Sabato 05.03.2011
di Raffaele Gambari

La sua sembra una favola ma è realtà. Ricercatrice affermata in America è riuscita a tornare, dopo 10 anni, in Italia con un concorso e a guidare la guerra all’Hiv-Aids. È la storia dell’immunologa Barbara Ensoli, 51 anni, di Latina, laurea in medicina e chirurgia all’università La Sapienza di Roma, divorziata, un figlio di quasi 18 anni che ha voluto far crescere in Italia; direttore del Centro nazionale Aids dell’Istituto superiore della Sanità. Da Roma, per conto di questo ente pubblico, conduce la sperimentazione del vaccino Tat, scoperto nei laboratori di viale Regina Elena, che blocca il virus Hiv-Aids. Ora questo vaccino testato in 11 centri clinici italiani su 128 malati che diventeranno 160, sarà sperimentato anche in Sudafrica, come Ensoli anticipa ad Affaritaliani, nella rubrica “Roma che verrà” di Raffaele Gambari.
È vero che a volte questa scienziata, che fa parte di società e commissioni nazionali e internazionali, è spinta a tornare a fare ricerca all’estero, soprattutto quando ha difficoltà a trovare i fondi per proseguire il suo lavoro, ma ogni volta ci ripensa e decide di restare a fare ricerca pubblica in Italia. “La decisione di tornare – confida Ensoli ad Affaritaliani – non è stata facile ma ha prevalso il mio senso etico e l’amore verso il mio Paese. Quando ho difficoltà a trovare i fondi necessari per la ricerca sono tentata di mollare tutto e tornare in America, ma ci ripenso sempre”. Questa ricercatrice pubblica, che guadagna 3.400 euro al mese, mentre in Europa ne guadagnerebbe il doppio, figuriamoci in America, ad Affaritaliani racconta che purtroppo si è ridotta notevolmente l’attenzione sull’Aids, come se questa pandemia globale non fosse più un problema, mentre invece “ha cambiato anche fisionomia, nel senso che l’età media si è alzata e colpisce tutti, giovani e anziani” e che “tutti coloro che non hanno rapporti sessuali protetti sono ad alto rischio”. E sfata alcune false credenze: se la prostituzione incide sicuramente nella trasmissione dell’Aids, “molto spesso noi abbiamo immigrate che arrivano non infettate e si infettano qui”. Come per dire: le prostitute straniere le infettiamo anche noi.

A che punto è la fase II della sperimentazione del vaccino contro l’Hiv-Aids che lei sta testando, lavorando per l’Istituto Superiore di Sanità? I finanziamenti, vi servivano 21 milioni di euro e ne avevate ottenuti 13 dal ministero della Salute, a che punto sono?
“La fase II della sperimentazione clinica della vaccinazione con TAT sta per concludersi.I risultati sono molto incoraggianti nel senso che il sistema immunitario dei pazienti in terapia antiretrovirale, gravemente compromesso dall’HIV, tende a ristabilirsi e, di conseguenza, tende a ridursi lo sviluppo di quelle nuove, gravi patologie che son ritenute causa primaria di molte complicazioni legate all’infezione. Noi siamo molto felici e a breve, inizieremo una sperimentazione analoga in Sudafrica. In considerazione di questi risultati positivi, gli organi regolatori preposti alla supervisione della sperimentazione hanno approvato un emendamento al protocollo clinico che ora permette l’arruolamento di persone con maggiore immunocompromissione e l’estensione del numero dei partecipanti allo studio da 128 a 160 persone. Per alcuni pazienti la sperimentazione è già terminata, ma continuiamo a tenerli in osservazione in quella che si chiama la fase di “follow-up.” In Italia, sono 11 i centri clinici coinvolti nella sperimentazione che è stata sponsorizzata dall’ Istituto Superiore di Sanità, e finanziata con fondi speciali del Ministero della Salute.”

Come si fa in una città come Roma, che se è vero che ha punte di eccellenza nella sanità e nella ricerca come dimostra il suo lavoro, a raggiungere i massimi traguardi a livello nazionale e internazionale operando però in una sanità disastrata, dove i tagli sulla salute dei cittadini, che devono stare anche giorni sulle barelle nelle accettazioni o nei corridoi di un ospedale prima di essere ricoverati in reparti, sono pesanti? Le faccio questa domanda perché uno degli undici Centri Clinici in Italia dove si sperimenta il vaccino a Roma è al San Gallicano. Anche voi dell’Istituto superiore di sanità avete risentito dei tagli del piano di rientro imposto dallo Stato alle Regioni e alla ricerca?
“E’ una cosa diversa da quella che lei illustra e che, purtroppo, ben conosciamo. Quando si conduce una sperimentazione clinica nell’uomo, si devono seguire delle procedure estremamente rigorose e controllate dalle agenzie regolatorie; in questo caso dall’AIFA che è l’Agenzia Italiana del Farmaco. È possibile effettuare la sperimentazione solamente in centri clinici accreditati, che sono in grado, sia dal punto di vista delle strutture, che della formazione specialistica del personale, di condurre una sperimentazione clinica ai massimi livelli di “buona pratica clinica.” Tutto deve essere condotto secondo i più elevati standard di qualità. Quello che mi dispiace è che tra gli 11 centri clinici attivi in tutto il territorio nazionale, non abbiamo centri nella maggior parte del Sud e delle Isole. L’unico che abbiamo è solo a Bari.”

Ho l’impressione che l’attenzione sull’Aids sia calata a livello di opinione pubblica, come se avessimo rimosso questa malattia, a cominciare dai mass media, che tanti anni fa ne avevano fatto un argomento importante a livello quotidiano, che dava degli spaccati della vita di una città, dai comportamenti sessuali alle vite dei tossicodipendenti. Quale è il quadro dell’Aids che viene fuori da questa città e dal resto dell’Italia?
“È vero, l’attenzione sull’Aids si è ridotta notevolmente, come se l’Aids non fosse più un problema; invece, è bene ricordare che è sempre una pandemia, è sempre un grave problema di salute delle popolazioni. I casi di nuove infezioni non tendono a ridursi e non c’è abbastanza informazione e formazione. Si pensa che l’Aids sia una malattia dell’Africa o di altri Paesi mentre invece, in un mondo globalizzato, è presente ovunque. Ha cambiato anche fisionomia, nel senso che l’età media si è alzata, è diventata soprattutto una malattia a trasmissione eterosessuale e colpisce tutti, giovani e anziani. Tutti coloro che non hanno rapporti sessuali protetti sono ad alto rischio. Prima era una malattia che colpiva soprattutto omosessuali e tossicodipendenti, in genere gente giovane, adesso è fondamentalmente una malattia eterosessuale dove tutti sono a rischio se praticano rapporti sessuali non protetti. Un uomo di 60-65 anni è altrettanto a rischio di contrarre l’HIV/AIDS di un ragazzo o di una ragazza di 17 anni. E’ comune a tutte le città, ma le regioni più colpite sono sicuramente, nell’ordine, Lombardia e Lazio.”

E la prostituzione quanto incide?
“Sicuramente incide, non ci sono dubbi, tant’è che molto spesso noi abbiamo immigrate che arrivano non infettate e si infettano qui, con problemi associati alla povertà, alla prostituzione e alla mancanza di informazione. Si pensava che fossero loro a portare l’infezione, non è affatto detto, a volte, alcune persone possono anche infettarsi da noi. Dobbiamo stare sempre molto attenti a non generalizzare sulla base di pregiudizi e convinzioni stereotipate.”

Cosa pensa della posizione della chiesa cattolica contraria all’uso del preservativo? Un caso attuale è quello di un insegnante di religione al quale l’autorità ecclesiastica non ha rinnovato la cattedra perché aveva sostenuto l’introduzione di un distributore di condom in un liceo romano?
“Io sono un tecnico e parlo da tecnico e pertanto ritengo, che sia necessario l’uso del preservativo. Tra l’altro, il preservativo difende da altre malattie a diffusione sessuale oltre all’HIV/AIDS, ad esempio: l’epatite, la gonorrea e la sifilide, che è di nuovo in aumento.”

Lei si è laureata alla Sapienza di Roma, ha lavorato come immunologa nella stessa università per trasferirsi poi per 10 anni a fare ricerca negli Stati Uniti. La sua sembra una favola in un Paese dove la ricerca pubblica, come hanno testimoniato i giovani ricercatori universitari saliti sui tetti per denunciare la loro precarietà e contestare la riforma universitaria, è un’impresa quasi impossibile, dove i giovani laureati non trovano spazio e devono emigrare all’estero per avere uno stipendio e una vita quanto meno decorosi. Come è riuscita a tornare in Italia? C’è stato un momento che ha avuto voglia di tornare negli Stati Uniti?
“Sono tornata in questo Paese per poter trasferire alla ricerca italiana il mio “bagaglio di conoscenze” e il metodo di fare ricerca acquisito negli Stati Uniti. Ha fatto tutto mio fratello: c’era un concorso da dirigente all’Istituto Superiore di Sanità e lui ha fatto tutti i documenti necessari. Io ho detto: ‘proviamoci, non costa nulla,’ e invece l’ho superato con successo. Anche mio fratello era in America, ha lavorato tanti anni con me, anche lui è tornato in Italia, anche lui è un medico: un medico-ricercatore. La decisione di tornare non è stata comunque facile, ma ha prevalso il mio senso etico e l’amore verso il mio Paese. Ho deciso anche che mio figlio dovesse crescere in Italia. Come può immaginare, dal punto di vista economico personale è stato un tracollo rispetto al trattamento che ricevevo in America. Non solo, come sappiamo, in Italia, è veramente difficile reperire i fondi necessari per la ricerca e allora, quando incontro queste difficoltà, sono tentata di mollare tutto e tornare in America; ma ci ripenso sempre. Il lavoro che ho impostato è molto e coinvolge tanti eccellenti ricercatori italiani ai quali ho trasferito il metodo da me acquisito per fare ricerca in un modo nuovo: noi facciamo ricerca transazionale, cioè intendiamo portare i risultati dal bancone del laboratorio al letto del paziente.”

Quanto guadagna al mese?
“Tremilaquattrocento euro, comprese le indennità di Direttore di Centro, con tutte le responsabilità che questo comporta. Preferirei avere un contratto a tempo determinato, dove una persona viene valutata per i suoi risultati, e a fronte dei quali si basa il rinnovo, e avere uno stipendio equiparato, non dico a quelli americani, ma almeno a quelli europei, che sono almeno due volte superiori a quello che persone della mia qualifica ricevono in Italia.”

Che consigli darebbe a un giovane appena laureato in medicina che vuole fare il ricercatore?
“La ricerca è una cosa splendida ma poco remunerata. In Italia purtroppo è difficile fare ricerca pubblica, quella privata è un mondo differente perché i fondi sono maggiori e gli stipendi sono più elevati. Ma, ripeto, in Italia gli stipendi sono veramente bassi, ci sono strutture poco adeguate e pochi fondi per lavorare. E’ una decisione squisitamente individuale perché è una vita di sacrifici nella quale l’amore per la ricerca deve prevalere sulle difficoltà.”

Chiudo sempre le interviste per la rubrica “Roma che verrà” domandando come sarà o come potrebbe essere il futuro di questa città. A lei chiedo: quale sarà il domani della Sanità a Roma?
“A Roma, come in tutta Italia, una buona Sanità costa molto. Ovviamente i tagli, che siano governativi o delle Regioni, riducono senza dubbio la qualità delle prestazioni, ma io sono ottimista per natura e credo che tutti si debbano impegnare per garantire il bene primario per tutti i cittadini: la salute e il diritto ad essere curati”.
http://hivplus.forumattivo.it

Consulta delle Donne di Wanda Montanelli

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