nina - PUGNO 
 MORTO: DIFETTO D'INFINITO 

rec. Fausta Genziana Le Piane

Pugno morto, titolo di un breve romanzo della scrittrice franco-algerina Nina Bouraoui, è un libro inquietante ed insolito. Romanzo della consapevolezza della limitatezza del corpo e del suo inarrestabile declino, è imprevedibile ed inatteso per il contenuto e la forma.
Intanto. Nina nasce il 1967 a Rennes. Da bambina si trasferisce con il padre, alto responsabile della Banca d’Algeria, e la madre, di origine francese, ad Algeri, dove rimerrà fino all’età di 13 anni. Ritorna in seguito a Parigi, trasferendosi poi a Zurigo e Abu Dhabi.

Studia Giurisprudenza e Filosofia e – con il suo primo romanzo La voyeuse interdite, pubblicato all’età di 23 anni – vince nel 1991 il Premio Livre Inter.
E’ apertamente omosessuale. Scrive da tredici anni ed ha già pubblicato otto romanzi: Poing mort, Gallimard, 1992, La voyeuse interdite, Gallimard, 19911, Le bal des murées, Fayard, 1996, L’age blessé, Fayard, 1998, Garçon manqué, Stock, 2000 e Mes mauvaises pensées, Stock, 2005 con il quale vince il premio Renaudot nel 2005.
Per quanto riguarda il contenuto, Pugno Morto, è singolare perché, se è vero che è difficile districarne la trama molto fluttuante, è altrettanto vero che la protagonista è la scrittrice ed è una figura che non ha nulla a che fare con gli altri avendo una particolare familiarità con la morte fin da piccola tanto da avere perso anche tutti i sintomi dell’essere in vita (…). Preferisce giocare con un uccello morto che con quelli che corrono durante la ricreazione, preferisce l’ombra alla luce: aspettavo la notte per confondermi con le ombre. In effetti, la sua teoria è che fin dalla nascita si comincia a morire e così la sua sola compagnia è “la donna dall’abito di ossa”: il contatto con i piccoli mortali mi ripugnava, sapevano di fallimento e malattia (…) (…) Non amo il riso, non amo il mio prossimo, non amo i giovani, non amo i vecchi, non amo i discorsi, non amo la situazione d’estrema urgenza, la gravità, questo dolce momento colorato di morte in cui la fine tira fuori i suoi artigli (…).
Quindi un personaggio che potrebbe anche disgustare se non incantasse per l’originalità e se in qualche modo non ci fosse famigliare. In alcuni momenti è difficile seguire lo stile di Nina, in altri perfino ripugna finché non si entra lentamente nelle pieghe del modo di narrare di questa giovane scrittrice.
Nell’ossimoro del titolo c’è tutta la fragilità dell’autrice, la sua rabbia, la non accettazione di chi è costretta ad arrendersi nonostante tutto. Lo stile poi è fatto di metafore ardite e inusuali: Ho scelto l’altro campo, quello degli allungati. Nessuno sguardo che mi giudichi, nessuna voce che mi dia ordini (…). La morte le fa visita ed entrambe preferiscono l’ombra al sole. Gli scenari sono quelli delle tombe abbandonate e non, dei fiori che le ornano, degli animali che vi passeggiano perché la protagonista fa la guardiana di cimiteri: i visitatori delle tombe aspettano la frase, il conforto, l’interesse, la compassione, la pena. Apro e chiudo il cancello del giardino silenzioso come la detentrice di una chiave meravigliosa che avrebbe abbellito i mali e le sconfitte.
Poing mort è un piccolo romanzo allucinato, estremamente denso e sconvolgente, un’opera che lascia il segno per la sua provocazione e per la sua tristezza dichiarata: la mia infanzia fu solitaria e malinconica.
Uno spiraglio felice è il rapporto con la Natura, con il lago: è al lago che, nei giorni di rabbia, venivo a raccontare il mio dolore. Il lago prendeva il mio fiato, io prendevo il suo respiro. Avevo inaugurato una pista nelle piante troppo alte per me, là, facevo scivolare su binari immaginari un carrello pieno di speranze e di corresponsioni.
E’ che in realtà Pugno morto è un canto alla vita, la confessione d’un amore disperato e senza via d’uscita: Ada non rideva più, guardava l’acqua ed io indovinavo il suo fondo dove forse riposavano i tetti di un paese inghiottito. L’acqua ne tratteneva la memoria, gelosa del suo passato, non mostrava che il merletto della sua tunica: un orlo offuscato dalle alghe e dalla ghiaia (traduzione di Fausta Genziana Le Piane).

Fausta Genziana Le PIane

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