Artemisia ed altre pittrici

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 ANCHE LE DONNE SI MISERO A DIPINGERE

A Milano sta per concludersi un’importante mostra dedicata ad Artemisia Gentileschi (1593-1653), protagonista della pittura, non solo italiana (trascorse un periodo a Londra), del Seicento. Artista di grande successo ai tempi suoi, Artemisia conobbe nei secoli successivi un periodo di oblio, finché, finalmente, a partire da Roberto Longhi – che all’inizio del Novecento si espresse in modo lusinghiero su di lei -, fino alla grande mostra di Roma del 2011 – che la vide protagonista insieme al padre Orazio – se ne riscoprirono il vigore e l’originalità artistiche. Roma, Firenze, Napoli furono le città di Artemisia nei diversi momenti della sua vita, segnata nella prima giovinezza dalla violenza dello stupro, ma proseguita poi attraverso esperienze positive, prime fra tutte l’amore e l’arte. La mostra milanese propone l’opera di Artemisia al visitatore attraverso un allestimento che intende mettere in luce la drammaticità, le ombre, i contrasti della sua pittura. All’ingresso lo accoglie un grande letto sfatto sul quale, a ricordare la vicenda dello stupro subito dalla giovane, gronda luce color sangue: teatralità e racconto, dunque, come prodromo all’incontro con l’arte nell’intenzione dei curatori dell’esposizione. La vita di Artemisia si presta infatti ad essere soggetto anche letterario, tanto che, fin dagli anni Quaranta del secolo scorso, la moglie di Longhi, la scrittrice Anna Banti, per prima le dedicò un romanzo, inserendone la vocazione artistica all’interno di una vicenda di riscatto femminile: dramma nella vita e dramma nell’arte congiunti e vivi.

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 ANCHE LE DONNE SI MISERO A DIPINGERE

La Banti non si occupò solo di Artemisia, dedicò anche un’operetta agile, ma utilissima per recuperare un mondo di pittura al femminile non sempre ricordato come si dovrebbe, Quando anche le donne si misero a dipingere, a dodici artiste vissute tra il XVI e il XX secolo. Sofonisba Anguissola (la “damigella che dipinge”), Lavinia Fontana (che dipingeva “fra un parto e l’altro”), Fede Galizia (“argutamente graziosa”) , Elisabetta Sirani (che seguiva la maniera di Guido Reni), Rosalba Carriera (che partì per la Francia, tornò a Venezia, perse la vista), Giulia Lama (“brutta e brava”), Berthe Morisot (scontenta di sé), Maria Bashkirtseva (educata dal nonno all’amore per tutte le arti), Suzanne Valadon (madre di Maurice Utrillo), Marie Laurencin (che ebbe il coraggio di “essere se stessa”), Vanessa Bell (egocentrica, rustica, spavalda), Edita Walterowna (la baronessa baltica che amava Roma) sono le protagoniste del libro (Abscondita Ed. 2011). I dodici brevi articoli dedicati alle pittrici sono seguiti da una nota biobibliografica per ciascuna di esse. La lettura del libro è come la discesa dentro una miniera di intelligenza, di “mestiere”, di sensibilità, di affetti, perché, afferma senz’ombra di dubbio la Banti: “in genere le pittrici che la storia è costretta a nominare son state figlie di pittori e hanno imparato l’arte in casa. Diversa era la condizione di un ragazzino, anche lui figlio di pittore: al primo scarabocchio sui muri imbiancati, il padre lo spedisce da un collega di grido..” Meno privilegiate, le bambine, lo sappiamo bene, ma non meno dotate: la storia è lì a testimoniarlo.

Eleonora Bellini

 

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