di Emanuela Ientile
Locri- Un umano sfogo contro la burocrazia che spesso offende anche la memoria e la dignità di quanti sono morti per la patria. A raccontare la storia è Giovanni Manglaviti, 65 anni, originario di Bovalino, orfano di guerra. Suo padre, Francesco, nato nel 1917, dopo il servizio di leva, tornò al suo paese per riprendere il lavoro di sempre: il mulattiere. Alcuni anni dopo il matrimonio con la signora Giulia, era l’estate del 1942, venne richiamato alle armi e “spedito” nei Balcani, nel corpo della Regia Aeronautica. Francesco Manglaviti dopo l’8 settembre fu fatto prigioniero dai tedeschi in Croazia e deportato in Germania, “ospite” di uno dei campi di concentramento. Alimentato, come tanti, con pane ad acqua, fu mandato ai lavori forzati. Giovanni, suo figlio, racconta oggi che, dopo una breve “corrispondenza epistolare con mia madre, di lui non si ebbero più sue notizie” e, finita la guerra, dai registri ufficiali dello Stato civile risultava “disperso”. Fu la testimonianza di un reduce di guerra, compagno di “sventura” di Francesco Manglaviti, a far sapere a Giovanni “del crollo della miniera di carbone in cui lavoravano i prigionieri”. Da quel giorno, Giovanni Manglaviti, intraprese una battaglia disperata per riportare in Italia i resti mortali di suo padre. Presso gli uffici del Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra ha avuto conferma che la salma del padre riposava nel Cimitero Italiano di Francoforte”. Immediata la richiesta dei familiari di farla esumare ma la risposta fu “che la legge 9 gennaio 1951 (G.U.n°80 del 7 aprile 1951) stabiliva che le salme definitivamente collocate nei Sacrari militari non potevano essere più rimosse e che i congiunti dei caduti potevano usufruire, una volta l’anno, delle agevolazioni ferroviarie (riduzione del 40 % ) dal paese di residenza al confine italiano”. Nel 1997 Giovanni Manglaviti, in compagnia dei figli Francesco e Giulia, ha potuto realizzare un suo primo, grande sogno: rendere omaggio alla tomba del padre, “a Francoforte dove riposano altre 5.000 salme di Italiani tra ordine, pulizia, prati inglesi ben curati”. Due anni dopo, nel 1999, la Legge n.365, dice oggi Giovanni, “ha modificato la precedente normativa del 1951 dandomi così la possibilità di riportare la salma di mio padre, ma a condizioni ben precise: che avvenisse solo ed esclusivamente su mia richiesta e a mie spese e senza alcun aggravio per lo Stato Italiano”. Grande l’amarezza di Giovanni il quale ora si chiede se “non sarebbe stato meglio che la legge del 1951 rimanesse ancora vigente perché -spiega- con questa nuova disposizione ora sono io ad avere sulla coscienza di figlio il rimorso di non poter riportare in Patria mio padre. E precisa, a tal proposito, l’esosità delle spese e la burocrazia italiana e quella tedesca con cui dovrebbe fare i conti. Giovanni intende creare un movimento d’opinione tra quanti vivono la sua stessa situazione di disagio. Fornisce pertanto il suo indirizzo e–mail [email protected] perché lo contattino e -insieme- pensino a cosa fare.
Emanuela Ientile
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