di Cristiana Bullita

In Lezioni sulla filosofia della storia, G. W. F. Hegel parla degli “individui della storia cosmica”, ossia di uomini che, come Alessandro Magno, Giulio Cesare e Napoleone, ‘fanno la storia’ e danno forma, con la loro azione, a un significato, a un volere preesistente e sovrastante, quello della ragione. Loro credono d’inseguire ambizioni e finalità proprie, invece sono strumenti dello spirito assoluto che agisce nella storia attraverso di loro.

“Essa [la ragione] utilizza ogni cosa e realizza i propri scopi segreti mediante avvenimenti che sembrano agli uomini arbitrari e insignificanti. Essa lusinga gli uomini con l’esca dell’interesse personale e con ciò realizza la propria opera”.

Lo spirito del mondo (Weltgeist), per giungere “al sapere che esso è veramente”, per manifestare oggettivamente se stesso e per realizzarsi in un mondo esistente, s’incarna nello spirito dei popoli che si succedono sul palcoscenico della storia. Il popolo che in una certa epoca domina sugli altri è, in quel momento, lo spirito del mondo.

“Ogni individuo è figlio del suo popolo, in un momento determinato dello sviluppo di questo popolo. Nessuno può saltare oltre lo spirito del suo popolo più di quanto possa saltar via dalla terra”.

Agli individui conservatori, che fanno il proprio dovere all’interno dei ceti di appartenenza, compete di conservare i costumi del popolo conformandosi al suo spirito. Invece gli individui cosmico-storici, quelli che realizzano il destino di una nazione e del mondo, agiscono sempre mossi dalle proprie passioni ma in inconsapevole conformità con il Weltgeist, che è già proiettato a uno stadio superiore di sviluppo rispetto allo spirito dei popoli a cui quegli uomini appartengono. Gli individui storici, anticipando ciò che deve venire, consentono il movimento dello spirito del mondo.

“Sono i veggenti: sanno quale sia la verità del loro mondo e del loro tempo, quale sia il concetto, l’universale prossimo a sorgere; e gli altri si riuniscono intorno alla loro bandiera, perché essi esprimono ciò di cui è giunta l’ora […]. Gli altri debbono loro obbedire, perché lo sentono”

Ai carismatici veggenti, alla loro ispirata lungimiranza, è affidato il progresso del mondo, come agli individui conservatori è affidata la conservazione della vita dello Stato.
Auguste Comte fornisce degli uomini di genio una interpretazione simile a quella che ne dà Hegel: essi realizzano quell’avanzamento e quello sviluppo incessante che dicesi progresso e che rappresenta l’interesse principale del Positivismo, matrice culturale del filosofo francese.
Comte crede nella “preponderanza crescente delle tendenze più nobili della nostra natura” (Corso di filosofia positiva), le quali ci spingono verso un continuo perfezionamento individuale e sociale; l’azione motrice di questo progresso appartiene appunto agli uomini di genio, che sono strumenti di una sorta di élan progressif che agisce proprio attraverso di loro (ma “nel caso di una loro mancanza, si sarebbe aperto altre vie”, precisa Abbagnano).
C’è da chiedersi se concetto analogo abbia avuto in mente papa Pio XI quando definì Benito Mussolini “uomo della provvidenza” (o, come puntualizza Messori, “un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare”). Se egli fosse stato davvero strumento della ragione storica, che è astuta e provvida per definizione, essa o non sarebbe provvida o non sarebbe astuta.
Sulla dissoluzione dello spirito assoluto o sulla sua natura decisamente perversa dovremmo finalmente deciderci. Sappiamo di Hitler, Stalin, Pol Pot, Idi Amin, Khomeini e tanti altri. Guardiamo sgomenti il sangue versato a Parigi e pensiamo ad Abu Bakr al-Baghdadi, il presunto capo dello stato islamico. Ci chiediamo quale maligna intenzionalità possa servirsi di individui di tal fatta per relizzare il proprio infame proposito egemonico. No, non c’è nessun disegno superiore e nessun finalismo scellerato. Il male nasce dagli uomini e con gli uomini. E solo da noi può venire la cura.

Cristiana Bullita

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