(di Chiara Appendino) 23.07.11 16:50

Come molti di voi già sanno, dall’ultima analisi effettuata dal world economic forum emerge che in termini di pari opportunità siamo al 74esimo posto su 134 paesi (http://www.weforum.org/issues/global-gender-gap) , in un anno siamo scesi di 2 posizioni, siamo stati superati dal Ghana e dal Malawi ed è inutile dire che e siamo tra ipeggiori se paragonati agli altri paesi occidentali.
Le donne hanno uno stipendio che mediamente è pari alla metà degli uomini e sono praticamente assenti nel mondo politico.
In seguito all’ultima tornata amministrativa la situazione non è migliorata molto. All’incontro di giovedì, della consulta delle elette (un’assemblea a cui sono state invitate tutte le donne elette nei comune e nelle circoscrizioni di tutta la provincia di Torino) è stato diffuso qualche dato in merito e ne sono rimasta personalmente piuttosto colpita:

– 10,9% dei sindaci sono donne;
– il 70% delle giunte non ha nemmeno un rappresentante donna;

Affronto questo tema con voi perchè proprio in questi ultimi giorni di attività comunale, e probabilmente anche per tutto settembre, sono in corso le nomine, l’assegnazione di incarichi di rilievo nella gestione delle partecipate.
Visto il quadro appena descritto concernente la situazione femminile, in commissione pari opportunità è emerso immediatamente il tema della disparità di rappresentanza di genere e si è iniziato a discutere ella questione “quote rosa”, cioè di introdurre un qualche parametro di parità di genere nell’assegnazione degli incarichi.
Premesso che in termini concettuali non sono a favore dell’imposizione di una percentuale minima di sesso femminile tra i nominati, poiché la ritengo anch’essa una forma di discriminazione e diseguaglianza, ritengo però, vista la situazione oggettiva che caratterizza l’Italia, che in questo momento storico forse l’attuazione di uno strumento temporaneo che garantisca la pari rappresentanza di sessi in realtà sia molto importante.
Penso che, per come sia strutturata oggi la società italiana, forse non ci sia altro rimedio veloce per aumentare la partecipazione femminile (società/politica/lavoro) se non quello più drastico in assoluto, che individuo appunto nell’imposizione della parità di genere.
Viviamo una situazione in cui la percentuale di partecipazione delle donne al lavoro a livelli decisionali elevati e alla politica è minima a causa di svariati motivi (culturali e non).
L’inserimento di più donne forse potrebbe favorire l’intervento dell’azione politica e dell’attenzione nei confronti di quei temi (tipo asili nidi, incentivi alle imprese per sostenere dipendenti con maternità, ruolo della donna determinato come definito dalla cultura odierna etc) che sono anche in parte causa della mancata partecipazione femminile (ricordo anche che ci sono studi che dimostrano che la parità di genere si traduce anche in maggiore richezza)*.
Inoltre penso che l’imposizione genererebbe certamente nel breve scompiglio, ma sarebbe anche un elemento trainante per creare “l’offerta”. Nel momento in cui si impone la presenza femminile in ruoli di rilievo, esempio nei CdA delle aziende o in politica, si sta di fatto creando una nuova “domanda”, cioè di donne adatte a ricoprire tale ruolo. La nuova domanda potrebbe stimolare la professionalizzazione e la creazione “naturale” di profili adatti a ricoprire tali ruoli.
In alternativa, un’altra strada, ma più lunga, potrebbe essere l’impegno da parte però di tutta la nostra classe politica di portare avanti una serie di leggi, interventi e strumenti che possano favorire pian piano le condizioni necessarie per permettere alle donne di emergere “naturalmente” (senza imposizione) in campo lavorativo e politico. Ma la mia domanda è, chi si prende questo impegno? E quanto tempo ci vorrà?
Si tratta certamente di un tema molto dibattuto, del quale nei prossimi anni ci troveremo spesso a discutere, in particolare nella commissione pari opportunità.

*Dal global gender gap report:
“The most important determinant of a country’s competitiveness is its human talent–the skills, education and productivity of its workforce. And women account for one-half of the potential talent base throughout the world. While closing gender gaps is a matter of human rights and equity, it is also one of efficiency. Figure 7 shows a plot of the Global Gender Gap Index 2010 scores against the
Global Competitiveness Index 2010-2011 scores and Figure 8 plots the Global Gender Gap Index 2010 scores against GDP per capita. We have produced these two graphs in all previous editions of the Report; both graphs once again confirm a correlation between gender equality and the level of competitiveness and GDP per capita”.

qrg - QUOTE ROSA: STRUMENTO TEMPORANEO UTILE O FORMA DI DISCRIMINAZIONE?

http://www.beppegrillo.it

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