No.
Non l’amerò.
Non l’amerò mai.
Non avrà da me un sorriso
che sia bonario,
un bacio che scivoli dalle labbra
e s’insinui dalla gola nel petto.
Ho imparato le donne in questi anni
e ne ho timore,
ho timore della differenza
senza mai avvertire desiderio di riparo
o dovere d’astinenza.
Tra i capelli loro a volte
ho insinuato le dita
per cercar tesori
impigliandomi in carezze involontarie
vago, inaspettato corteggio d’amore.
E lì appariva ogni volta
il bianco carroccio sovrappeso
che calmi buoi trainano per la festa
in palio un drappo dagli innocui colori
che può rappresentar chiunque.
E’ una strana guerra
che gli eserciti giocano di lontano
schernendosi appena
con nessun’arma tra le mani.
Di cosa mai si muore in amore?
E nelle pause del frastuono
il respiro d’un uomo stanco,
minuscolo e impotente siluro
d’esser pure capaci in qualche cosa.
L’invidia mi dà altra luce
e di nuovo stupisco d’esser presente,
è così ben chiara in me, l’invidia.
Carezzo il ventre della giovenca,
sfioro le zampe irrequiete
della sua copia e trasalgo.
Mi pare già tanto,
già così tanto
che non sarò mai madre.
Nota della redazione:
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