Recensione critica di Una ragazza inglese di Beatrice Mariani
E’ lettura piacevole e accattivante il primo romanzo di Beatrice Mariani, dal titolo Una ragazza inglese (Sperling & Kupfer, 2018). Chiaramente ispirato al capolavoro di Charlotte Brontë, lo si può definire una riscrittura moderna di Jane Eyre, laddove i nomi dei personaggi, gli eventi e la svolta presa dalle vicende che si susseguono con ritmo incalzante sono inconfondibilmente quelli del bestseller brontëano anche se collocati temporalmente un secolo e mezzo dopo. Tutto segue lo stesso iter e l’immersione nel nostro mondo moderno, comprendente tecnologia e saltuario turpiloquio, rende questo romanzo appetibile e addirittura originale per chi non si sia mai imbattuto in Jane Eyre.
Con un’ambientazione tutta italiana, anzi romana, l’omonima protagonista diviene una pseudo-eroina contemporanea anche lei orfana, che della sua matrice conserva il carattere integerrimo, la forza d’animo e la passione per l’arte. Per chi conosce bene e ha amato il capolavoro brontëano molti e prevedibili sono gli avvenimenti che scandiscono la trama di Una ragazza inglese: sulla falsariga di Jane Eyre vediamo infatti la nuova Jane che alle prese con un bambino di oggi, tutto capricci e videogames, si ritrova ben presto innamorata del proprio datore di lavoro, autentico latin lover, uomo ricco, di facili costumi e molto avvenente (diversamente da Rochester).
Alla narrazione fluida e ricca di dialoghi della Mariani si contrappone però, purtroppo, un finale troppo scontato: condurre la protagonista su una strada diversa, imponendole delle scelte più moderne e alternative in grado di sottolineare davvero quel carattere indipendente e ribelle che in verità poco emerge durante lo svolgimento della trama, avrebbe sortito un effetto diverso.
E comunque sia, machiavellicamente il fine giustifica i mezzi. Se Una ragazza inglese, concepito come celebrazione e rivisitazione moderna di un capolavoro evergreen può servire a veicolare nelle generazioni del ventunesimo secolo sentimenti onesti e il recupero di un romanticismo puro, benvenuta sia la sua pubblicazione e un giusto plauso vada all’autrice che, incastrando come in un puzzle le varie sfaccettature del capolavoro immortale di Charlotte Brontë, è riuscita a regalarci un ‘altro’ godibile romanzo facendo assumere al libro identità propria e spessore narrativo.
Maddalena De Leo
Referente Brontë Society per l’Italia
Consulente Brontë Studies per l’Italia
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