di Nadia Angelini
La morte per gli Etruschi era ritenuta non già l’abbandono alla vita terrena, bensì una prolungazione in qualche modo, sebbene parallela ad essa.Questo infatti il motivo per cui al defunto si provvedeva con grande onore a costruire una abitazione che rispecchiasse in toto lo stato sociale che aveva ricoperto in vita.Tutto ciò chiaramente avvenne in periodo successivo pochè fino al VIII sec, aC i defunti venivano anche inceneriti o inumati per poi , a seconda dei casi, essere posti o nei famosi Canopi ( vasi di terracotta ) o calati in profondissimi pozzi. Dopo quel periodo le tombe vennero realizzate in modo molto similare alla casa del defunto, perchè ( proprio questo il concetto espresso ) questi avesse potuto continuare la sua vita, dopo la dipartita. Era uso e costume degli Etruschi, inumare col defunto anche molti beni che avevano fatto parte del suo viaggio terreno per cui anche gioielli, vestiti , armi e vasellame per l’uso quotidiano ne erano corredo immancabile. La tomba per l’Etrusco rappresentava senza dubbio l’affermazione del prestigio della famiglia, ragione per cui più sfarzosamente questa appariva, più concettualmente grandioso ne risultava lo status symbol. Sulle pareti delle tombe è facile costatare la riproduzione di scene che, molto spesso, sono da riportare a momenti piacevoli della vita del defunto; con esse, dipinti dal forte significato assolutamente terreno, come banchetti, gare sportive, danzatrici ecc. E’ deducibile perciò la diversità architettonica che, specialmente in quelle più antiche, è naturale osservare. Le prime case non furono che capanne circolari, presso gli Etruschi: le loro tombe ne rispettarono le peculiarità. Se erano costruite in piano erano considerati “Tumuli” se scavati lungo un pendio “Ipogei”. Esempi tangibili di questo periodo è possibile ritrovarli a Cerveteri, ove in alcune tombe si nota il primo piano. Rappresentano indubbiamente il periodo di transizione abitativo-architettonico inerente al VII secolo. C’è da ricordare tuttavia che, insieme al’archetipo strutturale in evoluzione, l’etrusco iniziò ad avere anche una diversa visione, simile a quella greca, per ciò che concerneva il mondo dei morti. Si configurò allora un al di là percependolo come mondo sotterraneo; nel quale le anime dei dipartiti erano costrette a trasmigrare. Questo era popolato da divinità infernali che scortavano le anime durante il loro ultimo viaggio e, capeggiati dalla dea Vanth, dalle grande ali, illuminava il loro passaggio reggendo una torcia. Orbene considerato che a questo punto era visione comune che per il defunto non ci fosse altra strada che errare in un mondo senza luce né speranza, dove il lentissimo fluire del tempo potesse solamente scandire il ricordo che costui conservava del mondo dei vivi, era giocoforza immaginarne il continuo patimento. Queste sofferenze delle anime però, si credeva potessero essere alleviate dai parenti con offerte e sacrifici. Continuò comunque attraverso i secoli l’affidarsi degli Etruschi sebbene mentalmente, ad una sperequazione sociale che fu in ogni epoca marcatamente evidenziata tra i ceti. Essi giunsero ad ipotizzare che se il morto, fosse stato in vita personaggio illustre e ricco, in quel caso sarebbe stato possibile provvedere alla beatificazione dello stesso se non addirittura, quando l’eccezionalità lo avesse permesso, alla sua deificazione. Certamente questa diversa condizione avrebbe almeno mitigato le sue pene. La morte di un personaggio appartenente ad una famiglia illustre era celebrata con la partecipazione al lutto di tutta la cittadinanza. Il giorno della sepoltura un lungo corteo si snodava dall’abitazione del defunto alla tomba della famiglia. Sacerdoti con i simboli del loro ufficio religioso, presenziavano il lento cammino dei parenti e della gran folla al seguito per la tumulazione e l’addio. I sarcofagi, allora quasi sempre in terracotta, sono stati considerati la creazione più originale dell’arte etrusca per ogni popolo. La cassa anch’essa decorata con scene di combattimento o figure mitologiche; Il coperchio riporta la forma di un letto e su di esso appare adagiato il defunto, quasi sempre accompagnato dalla moglie. Le persone che vengono rappresentate nel momento del banchetto, sono estremamente accurate nella loro caratterizzazione: sono evidenziati i segni dell’età, e con forza le deformità del corpo e della vecchiaia. Tutto ciò risulta come chiara denuncia dello smarrimento che gli etruschi provavano dinnanzi al vuoto in cui la morte li proiettava e per colmarlo contrapponevano immagini forti di vita reale Ogni cosa si riempie di significato vitale ed è quindi spiegabilissimo il motivo della musica che accompagna il morto come del resto lo fece in vita e del banchetto sontuoso che ne consegue. Gli Etruschi, popolo raffinato ed elegante nella forma e nell’apparenza, curarono moltissimo i dettagli del banchetto funebre, addirittura con maggior solerzia di quello sponsale. Affreschi riproducenti lo schema tipico di questo rituale sono ravvisabili in molti reperti archeologici; certamente in quasi ogni tomba. I tavoli appaiono ornati di preziose tovaglie ricamate e apparecchiate con vasellame pregiato , il letto conviviale o Kline si nota drappeggiato da stoffe di grande valore così come le vesti dei conviviali. Una figura semisdraita con il gomito sinistro appoggiato a uno o più cuscini ,rappresenta la moda introdotta in Etruria già dal IV sec .a.C. poiché in epoca meno recente, era usanza mangiare seduti di fronte alla tavola. ll banchetto aristocratico, derivato probabilmente dalla Grecia orientale, diviene tema d’obbligo sia nelle lastre decorative delle residenze principesche, che successivamente nell’arte funeraria. La donna Etrusca (contrariamente alla greca ) vi appare sdraiata accanto al marito e tutti i conviviali hanno il capo cinto o di alloro o da una fascia. Tutt’intorno sono raffigurati suonatori di flauto, danzatrici ed una stragrande quantità di servitori. Questo tipo di cerimonia rappresentava soprattutto uno sfoggio di ricchezza ed era segno evidente d’appartenenza ad una casta sociale privilegiata. La celebrazione che avveniva in occasione di una cerimonia funebre, assumeva il significato affettuoso di far partecipare il defunto al convivio “del saluto definitivo”.
Nadia Angelini
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