Il primo ministro somalo ha deciso di aderire a una campagna che punta a mettere fuori legge le mutilazioni genitali femminili, il tutto in un Paese in cui il 95% delle donne è vittima di questa pratica.
La Somalia si schiera contro le mutilazioni genitali femminili. Per l’esattezza è il primo ministro somalo Omar Abdirashid Ali Sharmarke che ha deciso di prendere una posizione ferma contro un fenomeno che nell’ex colonia italiana è una piaga sociale di proporzioni enormi.
Nel Paese del Corno d’Africa le stime dicono che tra il 90 e il 95% delle donne sono vittime di mgf, anzi per l’esattezza occorre parlare di bambine, dal momento che la pratica viene eseguita principalmente su fanciulle che hanno un’età compresa tra i 4 e gli 11anni. Ovviamente, questo fattore, oltre all’operazione in quanto tale, provoca ulteriori problemi di carattere fisico e psicologico.
La campagna che il primo ministro ha abbracciato, firmando una petizione che vuole mettere al bando l’infibulazione, è nata dall’impegno dell’attivista Ifrah Ahmed. La donna, vittima lei stessa di mutilazioni, ha deciso di schierarsi al fianco di tutte le donne che hanno avuto un vissuto analogo al suo e alla Bbc ha dichiarato: ”La firma del premier è significativa, un passo importante per combattere un problema di cui in Somalia poco se ne parla”.
Poi proseguendo, Ifrah, che ha lavorato fianco a fianco con il Ministro delle politiche femminile somalo Sahra Samatar per redigere una proposta di legge, ha aggiunto: ”Sarà necessaria una campagna di informazione, così come la volontà di applicare la legislazione. In Somalia le mutilazioni sono molto diffuse perché la gente crede che siano un obbligo religioso. Ciò quindi fa si che le poche ragazze che non sono state vittime della pratica vengano insultate ed emarginate dalla società”. (Daniele Bellocchio, Il Giornale.it)
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